martedì 7 agosto 2012

Tornare al reale. L'umanità scollegata ai tempi di Internet

Sonia Savioli

Quando si cominciò a parlare degli organismi geneticamente modificati e, di conseguenza, delle turpi vicende legate alla multinazionale Monsanto, mi domandai chi fossero le persone che potevano lavorare per una simile azienda e che cosa provassero sapendo ciò di cui anch’esse erano, se pure più o meno involontariamente, responsabili. Non pensavo ai dirigenti: su quelli non c’era bisogno di farsi troppe domande. Pensavo a uscieri, impiegati, operai.

Al tempo in cui lavoravo come fotografa della Camera del Lavoro di Milano, mi capitò di fare un servizio fotografico alla fabbrica Agusta. Quella degli elicotteri da guerra. Era una fabbrica metalmeccanica, ovviamente. Fui accompagnata da un sindacalista della FIOM e accolta cordialmente da operai e tecnici che mi fecero visitare i reparti, spiegandomi mansioni e lavorazioni, agevolando il mio lavoro. Erano compagni, lottavano per i diritti degli operai e per una maggiore giustizia sociale. Costruivano macchine da guerra per un paese “dominatore”. Un paese capitalista e imperialista, anche se di “seconda fila”, e che ha ben dimostrato in questi anni di volerle usare per assoggettare altri popoli, altri lavoratori. E "assoggettare” con le armi significa uccidere, mutilare, distruggere.


Eppure operai, sindacalisti, compagni continuano a lavorare per l’Agusta. Come per la Monsanto, per la Coca Cola, per la Mc Donald’s…

Generale, il tuo carro armato è una macchina potente
spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.

Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido di una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.

Generale, l’uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.

pc

Mi piaceva un tempo questa poesia di Bertotlt Brecht, mi dava speranza. Negli ultimi anni, però, quando c’inciampo mi viene da pensare con fastidio “caro poeta, questa volta non ci hai azzeccato”.

Ho visto in un servizio televisivo operaie gettare pulcini vivi nel tritacarne: donne e madri di famiglia, gente che per istinto e cultura i “pulcini” li alleva, accudisce, protegge; li tiene al sicuro. Ho visto, nel mio lavoro di fotografa, donne che legavano ratti supini e a zampe aperte su tavolette di legno, come crocifissi, per iniettargli sostanze chimiche; tecnici che iniettavano cellule tumorali ai topolini e che avevano a casa un cagnolino amato come un famigliare.

Del resto, non vediamo tutti i giorni genitori amorevoli che rimpinzano i propri figli di veleni, soci del WWF con la Land Rover a Milano, amanti degli animali col giaccone col collo di pelo di cane?

Perché? Perché è cresciuta così tanto l’ignoranza irresponsabile, lo 'scollegamento', la contraddizione nei comportamenti umani?

Forse perché gli esseri umani dell’attuale società industriale non hanno quasi più alcun contatto con la realtà della vita, se non a frammenti. Per questo non sono in grado di valutare le conseguenze e nemmeno le cause dei propri comportamenti.

La realtà della vita è l’ambiente naturale, terra e acque, alberi e animali, ed è l’ambiente sociale, gli altri esseri umani che fanno parte della famiglia, della comunità, dell’umanità.

Oggi viviamo quasi sempre in ambienti artificiali e non comunichiamo quasi nemmeno con i nostri famigliari: con loro ci raduniamo intorno al moderno focolare, la televisione. Sempre che ognuno non stia nella propria stanza con il proprio computer.

Viviamo nell’artificio e nella solitudine.
alienazione
Una società di dominio e competizione è una società di isolamento, alienazione, divisione. E specializzazione

Viviamo sempre di meno all’aria aperta. Persino il contadino “intensivo” lavora perlopiù con e nelle macchine e, finito il tempo di lavoro, si schiaffa davanti al televisore o accompagna la moglie all’ipermercato. Gli altri, i “cittadini”, vivono in auto, nel televisore, su internet, dentro le vetrine dei negozi, in palestra; e questo vale ancora di più, tragicamente, per i bambini.

Non abbiamo alcun rapporto reale nemmeno con gli ambienti in cui passiamo le vacanze o i fine settimana, non li conosciamo, non li comprendiamo, non subiamo le conseguenze dei guasti che vi provochiamo. E il motivo per cui li abbiamo scelti, che spesso è solo la pubblicità pagata su riviste specializzate o in specializzate trasmissioni televisive, altrettanto spesso è anche la competizione per la vacanza più alla moda, il motivo nemmeno lo capiamo: ci sembra una scelta libera e "naturale".

Così è per tutto. Il dirigente d’azienda vampiresco e l’operaio che fabbrica le mine antiuomo, il vivisezionatore e il trasportatore di rifiuti tossici alle discariche della camorra non “vedono” le conseguenze, non sono in grado di immedesimarsi, di immaginare, di com-patire.

È difficile, se vivi in un appartamento in condominio, collegare ciò che finisce nei tubi di scarico di casa tua con il cancro di un tuo famigliare; così come, se comperi cosmetici o comperi cibi al supermercato è difficile collegarli alle crudeli e infinite sofferenze degli animali nei laboratori chimici o negli allevamenti intensivi.

Si potrebbero fare infiniti esempi dello “scollegamento” umano, dell’alienazione e deresponsabilizzazione nell’avanzata società industriale.

Ma oggi c’è un nuovo strumento di separazione dalla realtà e di isolamento dell’individuo: Internet.

Internet ci “chiude dentro”. Illudendoci di aprirci spazi immensi.

Internet è come il labirinto degli specchi: ci dà l’impressione di una vastità infinita e di una infinita possibilità di informazione e di comunicazione. Invece, come nel labirinto degli specchi, si tratta solo del riflesso di noi stessi e dell’ambiente in cui già viviamo; in quel riflesso continuiamo a camminare ripercorrendo i nostri passi, senza trovare via d’uscita.

Comunichiamo con persone che già hanno più o meno le nostre idee e la nostra cultura, ci illudiamo in questo modo di “aver fatto la nostra parte”, di aver dato impulso a un movimento o ad una battaglia. Ma non è così. E anche quando lo è in parte, anche quando la mobilitazione su internet porta in piazza migliaia di persone, è una battaglia che “viaggia in galleria”: non tocca quelli che su internet non ci vanno o non vi cercano quello che cerchiamo noi; non cresce, non cambia i modi di pensare e di agire di chi non fa parte di tale movimento, non mette a confronto.

Come in una conventicola, parliamo tra di noi. Ci sfoghiamo.

Confermiamo i nostri dubbi sulle notizie “ufficiali” cercando un’informazione alternativa che chi, a differenza di noi, non nutre dubbi sull’informazione fornitaci dai padroni del vapore, non cercherà a non troverà nella miriade infinita di informazioni che anche su internet i padroni del vapore hanno il tempo e la voglia di ammassare.


E noi, una volta trovate quelle informazioni? Le mandiamo alla nostra “mailing list” nel migliore dei casi. O, in uno sforzo supremo, organizzeremo un incontro, una conferenza, un dibattito su quell’argomento, avvertendo appunto quelli della mailing listi o quelli che “comunicano” con noi su “facebook”. Sbattendo contro i nostri riflessi.

E non portiamo nulla, nemmeno noi stessi, in quella realtà che sta fuori del labirinto.

Ma non sarebbe difficile.

Porto con me il magico turchese
e mi nascondo sotto le ali dell’aquila dell’alba,
tra le piume dell’uccello di cielo.
Ed ecco, i miei nemici non mi vedono.
Essi pensano di avere una medicina potente
ma ecco, io me ne vado tra loro,
non visto e mortifero.

Canto tradizionale dei Navajo


È come uno di quei piccoli incantesimi delle fiabe, basta la parola giusta o il giusto sguardo per ritornare alla realtà.

Basta camminare su una strada di campagna o persino in un parco cittadino, coltivare un orto o persino delle piante su un balcone, preparare il pane o comunque i cibi, cucirsi un abito, per esempio, per ricominciare a prendere contatto con la realtà materiale della vita.

E la “medicina potente”, che ci rende invisibili ai nemici perché non più isolati, perché parte di una comunità in lotta per un cambiamento radicale?

Basterebbe mettere un volantino nelle caselle dei nostri vicini di casa per dare un’informazione “alternativa” o invitarli ad un dibattito; fare una riunione di condominio che non parli del condominio ma piuttosto del riciclaggio dei rifiuti e del sistema capitalistico-mafioso che sta dietro gli inceneritori; fare un presidio al mercato, davanti a una fabbrica o una scuola per informare e discutere di spese militari, di cosa e come bisogna produrre.

Basterebbe usare internet solo come spunto, a piccole dosi, mantenendo una salutare diffidenza verso uno strumento che a volte è utile ma che rimane ambiguo, e usare la presenza fisica, la parola, l’incontro, per uscire dal labirinto. Per riprendere contatto con la realtà umana e, come è inevitabile con qualsiasi contatto, cambiarla e cambiare.

Se ci riuscissimo, a ritornare e così a far ritornare nella realtà altri esseri umani, forse il poeta potrebbe ancora dimostrare la propria lungimiranza.

7 commenti:

  1. Ciao Rosa, è vero quanto espresso nell'articolo, da una parte internet è un mezzo fondamentale per l'informazione e dall'altra divide e distacca dalla realtà.
    Ma attenzione, la signorina che ha scritto il pezzo dovrebbe sapere che alla fine della fiera si arriva a incontri in cui le parole e i bei discorsi non bastano più, specialmente quando si toccano argomenti scomodi e il più delle volte non si riesce nemmeno ad aprire bocca e si viene cacciati via ...con la forza! Non è una polemica, ma visto che si parla di realtà, siate consapevoli a che andate incontro se volete affrontare certe realtà!
    Namasté

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    1. E' vero, esiste un conformismo che definirei "di sinistra" o "d'area alternativa", per capirci.
      Per me la rete è stata occasione di crescita, ma in gran parte quello che dice l'autrice dell'articolo, è vero.
      Certo, lei propone come soluzione un'alternativa che è la sua, fatta a sua misura, ma sicuramente esistono altre strade. L'importante sarebbe "recuperare il contatto". E' vero anche che esistono "argomenti" che sono criminalizzati ed esclusi...in questo contatto, ma anche la capacità di comunicarli senza che divengano "parossistici", di trovare la giusta dimensione ed il giusto equilibrio, quindi di farsi ascoltare, fa parte di questa capacità di vivere di cui si parla.
      Un abbraccio Krommino :)
      Namastè

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  2. E' proprio vero io l'ho constatato da diversi mesi,ci fanno vivere tramite una realtà virtuale con l'illusione che siamo informati sappiamo tutte le manovre ai nostri danni le documentiamo ma ci manca qualcosa : " La volontà di agire in armonia con ciò che sappiamo per porre rimedio a qualcosa che sappiamo è per il nostro danno"

    E' così niente manifastazioni di piazza,abbiamo paura di manifestare in modo veramente sentito perchè ci siamo fatti ingabbiare in questa finta realtà e come pecore che vanno allo scannatoio ci mettiamo pacificamente in fila ad aspettare il nostro turno.

    Si perchè se usiamo un modo diverso di manifestare che non è quello che ci hanno inculcato rischiamo di passare per incivili,politicamente scorretti ma facciamoci un piacere esprimiamo la nostra vera rabbia con i fatti e non a parole, tiriamo fuori quella rabbia che ci hanno fatto accumulare dentro perchè ci hanno legato con le mani e i piedi, meglio mostrare i denti che vivere una vita di esseri insenzienti distruttori delle nostre migliori qualità : esseri spirituali e pieni di dignità umana.

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    1. La realtà è che siamo "ipnotizzati" e questo non riguarda soltanto, i normalizzati, ma anche moltissimi fra coloro che si ritengono alternativi. In genere si è molto bravi a delineare teorie, molto meno a vivere il cambiamento partendo da se stessi, nei comportamenti.
      Cerchiamo ed accettiamo vecchie sigle e vecchie regole, trovandoci poi chiusi nella stessa "lingua del potere" e se parliamo con le loro parole finiamo per accettare anche il loro mondo.
      Lo scollegamento dal reale e l'incapacità di com-patire sono molto radicati ed accettando, anche solo in parte, il sistema noi ne rimaniamo infettati. Il coraggio che non abbiamo è quello di cercare nuove parole, di rifiutare la loro descrizione del mondo, di rifiutare il loro "miglior mondo possibile".
      Ci hanno sistemati per bene e siamo sempre lì a cercare un compromesso, per salvare almeno parte quelli che riteniamo i nostri vizi, i nostri piaceri, e nostre comodità e che sono invece le nostre catene.
      Un abbraccio :)
      Namastè

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  3. Internet mi ha aperto tante finestre che non conoscevo o che in passato ignoravo, ho imparato di più consultando il web che sfogliando libri scolastici. Resta il fatto che le lezioni migliori si prendono e si danno nella vita reale! Sto generalizzando, però la verità è che con tutte queste regole è impossibile essere davvero liberi, ci obbligano a una vita di compromessi e contraddizioni. Concordo, giusta dimensione e giusto equilibrio ci vogliono, ma per raggiungerli bisogna eliminare i compromessi accettando le conseguenze e le catene si sciolgono automaticamente, compresa la realtà illusoria che ci hanno inculcato, purtroppo non tutti hanno il coraggio e la volontà di essere liberi, perchè probabilmente non l'hanno ancora conosciuta o sperimentata la vera libertà! E' un percorso che può richiedere del tempo e per alcuni sarà un sacrificio spezzare le catene, per altri sarà un'impresa perchè troppo condizionati dalla società cosiddetta "civile", hanno paura, sono terrorizzati, io sto vedendo questo negli occhi delle persone.
    E' paradossale ma tanto vero il segreto dell'"ipnosi"! Relax & Wake up!

    PS: Chi sono questi alternativi? Ma soprattutto che cosa alternano?!? ;P

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    1. Ovviamente sono d'accordo sull'apertura delle finestre, l'ho detto nell'intervento precedente.
      Aggiungo che se la mia vita "reale" non fosse quello che è, tali "opportunità" sarebbero andate sprecate oppure sarebbero passate inosservate. Quindi c'è, e deve esserci sempre, un collegamento con la vita vera.
      Il processo di risveglio non è un percorso a tappe forzate, ognuno ha i suoi tempi. E se il karma, il destino, la sorte del mondo è quella di cadere in mani rapaci...si può fare pochissimo che non sia conservare gelosamente la propria coscienza e tramandarla, anche oralmente se occorrerà.
      Gli esseri umani avranno semplicemente perso un'altra occasione e comunque l'eternità sarà uguale a se stessa ed il pianeta, senza di noi ce la farà sicuramente a riprendersi.
      Buona serata Andrea ;)
      Namastè

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  4. Qualcuno che la dice la fin troppo vera frase "persone della stessa cultura". Bene! All'opera, fuori dal Web, dunque!

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