BLITZ. Continua la protesta di Greenpeace contro le trivellazioni in alto mare. «Vogliamouna moratoria mondiale».
Hanno passato la notte sospesi nelle tende, sfidando temperature ben al di sotto dello zero. I quattro attivisti di Greenpeace che martedì sono riusciti a scalare la piattaforma petrolifera Stena Don, situata nelle gelide della Groenlandia, eludendo l’imponente schieramento militare della marina danese, non faranno un passo indietro. I climber, provenienti da Stati Uniti, Finlandia, Germania e Polonia, sono infatti riusciti a bloccare le operazioni di perforazione e per protestare contro la corsa all’oro nero che minaccia il delicato e incontaminato ecosistema artico sono pronti a resistere diversi giorni appesi. «È ora di fermare le perforazioni in alto mare - dice Giorgia Monti, responsabile campagna Mare di Greenpeace - soprattutto in aree particolarmente vulnerabili. Dobbiamo liberarci dalla schiavitù del petrolio e iniziare una vera e propria rivoluzione energetica, investendo in energie rinnovabili ed efficienza energetica». Secondo l’organizzazione ambientalista le grandi compagnie petrolifere devono restare fuori dall’Artico. «Piattaforme come questa - chiariscono da Greenpeace -, impegnate in esplorazioni petrolifere, potrebbero far scattare la scintilla della corsa all’oro nero nell’Artico, mettendo a rischio questo fragile ecosistema e il clima globale». Alcuni gruppi petroliferi sperano infatti di riuscire a raggiungere i giacimenti di petrolio e di gas che si crede si trovino sotto i fondali al largo della Groenlandia. E tra gli abitanti dell’isola, sotto sovranita danese, c’è chi spera nelle royalties petrolifere per rendere l’isola indipendente, economicamente e politicamente, dalla madrepatria. L’attivista svedese Victor Rask, uno dei quattro sulla piattaforma, ha chiarito che l’intento del bliz: Greenpeace vuole ritardare i test di trivellazione fino all’arrivo dell’inverno e lavorare nel frattempo per un bando globale contro l’estrazione di idrocarburi in alto mare.
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