Si lavora con i pagherò. Gli imprenditori delle zone colpite dal terremoto sono senza liquidità. Aumenta il rischio di infiltrazioni mafiose negli affari.
I crediti non ci sono. Avanzano i debiti. I conti correnti si prosciugano. Tanti non incassano. Una situazione difficile quella della economia aquilana ad un anno e mezzo dal terremoto che causò in Abruzzo la morte di 308 persone.
SENZA SOLDI – L’Unità stamane raccoglie le testimonianze di Alfonso Salvatore, credit manager per alcune banche. Che racconta alcune vicende che lo hanno interessato. Il suo lavoro è recuperare crediti. “400.000 euro in deposito prima del terremoto. Ora solo 800 euro, ma anche 600.000 di credito“, dice di un imprenditore edile che gli avrebbe mostrato il conto corrente. Un bed&breakfast non avrebbe incassato un euro dopo aver ospitato gli operai di una ditta del nord: “A gennaio se ne sono andati ma il conto non è stato pagato“. Il fatto che si lavora sul pagherò strozza l’economia, mentre “lo Stato crea un insoluto“.
RISCHIO CRIMINALITA’ – L’esposizione degli aquilani verso le banche andrebbe “ben oltre i 100 milioni di euro mentre il debito con Equitalia supera i 50 milioni“. E c’è pure l’ombra della criminalità che potrebbe pensare di comprare case a 10 per poi rivenderle a 100. Parla di “magnifica lavatrice di denaro sporco“, Salvatore, mentre -riporta l’Unità – Angelo Verdi, di Libera, ricorda che già sono emersi esempi di collusione col clan dei Casalesi: “Ora se le ditte non vengono pagate, il rischio dell’infiltrazione di denaro sporco si fa più alto“. Intanto la gente, nei fatti, abbandona la città. I professionisti si sarebbero già allontanati. Un dato, sulla carta, invisibile: “Non sono molte le richieste di cambio dir esidenza – spiega il consigliere comunale Fabio Ranieri – ma solo perchè comporterebbero la perdita di diritti“.
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