
di Manlio Dinucci - Il Manifesto.it
Minacciosi rapaci high-tech volteggiano giorno e notte su Afghanistan, Pakistan, Iraq, Yemen, Somalia, Libia e altri paesi. La specie più diffusa è quella dei Predatori, droni dotati di videocamere e sensori all'infrarosso, gli occhi attraverso cui gli operatori li telecomandano da una base negli Stati uniti, a oltre 10mila km di distanza. Individuata la preda, essa viene attaccata con missili «Fuoco dell'inferno». Il Predatore di ultima generazione, denominato Mietitore (ovviamente di vite umane), ne può trasportare 14.
Questi e altri droni stanno rapidamente proliferando: il Pentagono, che dieci anni fa ne aveva una cinquantina, ne possiede oggi oltre 7mila.
La U.S. Air Force sta addestrando più «piloti remoti» per i droni che piloti di cacciabombardieri. E sui droni da guerra puntano non solo gli Stati uniti, ma tutte le maggiori potenze. Anche l'Italia usa in Afghanistan (e forse anche in Libia) droni Predatori, telecomandati dalla base di Amendola in Puglia.
La U.S. Air Force sta addestrando più «piloti remoti» per i droni che piloti di cacciabombardieri. E sui droni da guerra puntano non solo gli Stati uniti, ma tutte le maggiori potenze. Anche l'Italia usa in Afghanistan (e forse anche in Libia) droni Predatori, telecomandati dalla base di Amendola in Puglia.