lunedì 12 aprile 2010

Congo: la legge del machete

di Eugenio Roscini Vitali

el Makombo, regione nord orientale della Repubblica Democratica del Congo, i ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lord's Resistance Army - LRA) avrebbero commesso l’ennesima mattanza, uccidendo 321 civili e portando a termine il rapimento di almeno 250 congolesi, 80 dei quali bambini. A dirlo è Human Right Watch (HRW), che in un report pubblicato alla fine di marzo, parla di quattro giorni di violenza verificatisi tra il 14 e il 17 dicembre dello scorso anno, una follia omicida di cui non si era avuta ancora notizia. La strage, una delle più sanguinose tra quelle commesse dall’LRA nei suoi 23 anni di storia, dimostra come le popolazioni che abitano la vasta regione di confine a cavallo tra l’Uganda e la Repubblica Democratica del Congo vivano ancora sotto la costante minaccia di una delle più sanguinarie organizzazione paramilitari dei nostri tempi.

Questo nonostante le dichiarazioni delle autorità di Kampala che negli ultimi tre anni hanno più volte annunciato la sconfitta politica e militare di Joseph Kony, leader ed ideologo di un movimento noto soprattutto per l’efferata violenza con la quale, da quasi un quarto di secolo, porta avanti una delle più brutali guerre civili che l’Africa abbia fino ad ora conosciuto, un conflitto impastato di misticismo e fondamentalismo cristiano che ha già causato migliaia di vittime.

Intitolato “Trail of Death: LRA Atrocities in Northeastern Congo”, il report pubblicato da HRW è senza dubbio il primo documento che descrive in modo dettagliato le atrocità perpetrate dall’LRA tra il 2009 e i primi mesi del 2010; 67 pagine nelle quali vengono raccontati i fatti accaduti in almeno dieci villaggi della provincia nord orientale di Haut-Uélé, con atti di violenza di ogni genere, omicidi, torture, sevizie, stupri e rapimenti.

Tra le 321 vittime si conterebbero numerosi adulti di sesso maschile, legati e poi trucidati a colpi di machete o a bastonate, 13 donne e 23 bambini, il più giovane dei quali, di appena tre anni, sarebbe stato dato alle fiamme. Massacrati anche coloro che hanno tentato la fuga e chi, fatto prigioniero, avrebbero rallentato la ritirata dei guerriglieri. Le testimonianze raccolte da HRW parlano di brutalità indescrivibili e di corpi ritrovati lungo la strada che dalle zone interne del Makombo porta alla piccola città di Tapili, circa 100 chilometri più a sud. Tra i casi documentati nel report si parla anche di bambini costretti ad uccidere altri bambini, gruppi di adolescenti ai quali è stato ordinato di circondare i coetanei che si rifiutavano di obbedire per poi colpirli a bastonate fino ad ucciderli.

Nella regione interessata dalle violenze la missione di pace delle Nazioni Unite (MONUC) opera attualmente con un contingente di circa mille unità, un numero evidentemente insufficiente per un’area geografica così vasta ed impervia, dove le frontiere praticamente non esistono e dove i gruppi ribelli e le bande di predoni passano con facilità da uno Stato all’altro e viceversa: dall’Uganda alla Repubblica Centrafricana, dal Sudan meridionale alle province nord orientali dell’ex Zaire. Un report pubblicato alla fine dello scorso anno dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (UNHCHR) precisava che nell’arco dei primi dieci mesi del 2009 l’LRA aveva ucciso quasi mille persone, rapito 1.400 civili, tra cui 600 bambini e 400 donne, e causato la fuga dai propri villaggi di almeno 230 mila congolesi.

Numeri che confermano i dati raccolti dall’Ufficio dell'Onu per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), che per lo stesso periodo parla di 849 civili uccisi e di 1.486 rapimenti, e dal Fondo delle Nazioni Unite per le Popolazioni (UNFPA), che nella parte orientale del Paese conta circa 8.000 casi di donne rapite, sequestri portati a termine soprattutto dagli uomini di Kony e dalle milizie Hutu delle Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda (FDLR), che dal 1994 operano a fasi alterne nelle province del Kivu-Nord e Kivu-Sud.

Recentemente, l’OCHA aveva lanciato un allarme sulle razzie perpetrate dall’LRA e su una nuova escalation di violenze che nel distretto di Haut-Uélé potrebbe presto arrivare a coinvolgere i centomila ospiti dei campi profughi gestiti dalle organizzazioni umanitari internazionali. Un allarme che tra la popolazione desta grande preoccupazione, soprattutto ora che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, anziché rinforzare il contingente militare di pace, sembra voglia dare credito alle richieste di Kinshasa che da tempo preme affinché la MONUC abbandoni il Paese entro l’estate 2011.

E che all’Uganda e al Sudan meridionale l’LRA ormai preferisca le province congolesi, in particolar modo le foreste del Garamba National Park, è ormai un fatto assodato: il 27 gennaio scorso, poche settimane dopo il massacro di Makombo, l’Esercito di Resistenza del Signore è arrivato ad operare nelle aree prossime ai grossi centri urbani che sorgono lungo il fiume Uélé; due ragazzi sono stati rapiti nei pressi di Niangara e durante la notte è stato attaccato un piccolo villaggio che sorge a pochi chilometri da Dungu, città famosa per i due grandi campi profughi sorti negli anni Novanta per ospitare i civili fuggiti dalla Seconda guerra civile sudanese.

Perpetrata da due diversi gruppi, guidati secondo Human Rights Watch dal Tenete Colonnello Binansio Okumu (conoscito anche come Binany) e dal Comandante Obol, la strage di Makombo è solo uno dei capitoli della sanguinosa storia scritta dall’LRA. L’ultimo grande massacro risaliva al dicembre 2008: 865 civili trucidati nei villaggi a ridosso del confine con il Sudan in risposta all’operazione militare (Operation Lightning Thunder) lanciata in territorio congolese dalle truppe ugandesi e dall’intelligence americana.

Nel dicembre dello scorso anno i guerriglieri di Kony erano tornati ad attaccare il distretto di Haut-Uélé, un assalto contro i villaggi di Bangadi e Ngilima che verrà ricordato per le orribili mutilazioni inferte ai prigionieri, straziati dalle sevizie e dall’amputazione delle labbra e di un orecchio affinché diventassero testimonianza vivente della presenza dell’LRA nella regione. Si calcola che a partire dal 1986 i guerriglieri guidati da Joseph Kony abbiano rapito circa 25.000 bambini, trasformati poi in piccoli soldati o schiavi sessuali dei capi ribelli, ed abbia causato la morte di quasi 100 mila persone.

L'80% delle forze dell'LRA è costituito proprio da questi bambini, usati come scudi umani per la localizzazione di mine antiuomo o mandati in prima linea a combattere o addirittura costretti ad uccidere i coetanei che si rifiutano di eseguire gli ordini; le ragazzine diventano invece schiave o “mogli” dei comandanti, vittime di ogni tipo di abuso e spesso madri a soli tredici anni.

Per più della metà di essi non si hanno più notizie, mentre i pochi fortunati che riescono a scappare devono affrontare i traumi psicologi causati dagli orrori di un’esperienza allucinante e un reinserimento sociale spesso difficile. Il 6 ottobre 2005 la Corte Penale Internazionale ha emesso cinque mandati di cattura contro altrettanti membri dell’LRA: i capi di accusa sono 33, dodici dei quali per crimini che comprendono l’assassinio, la riduzione in schiavitù, lo schiavismo sessuale e lo stupro. Altri ventuno, rubricati tra i crimini di guerra, comprendono l’omicidio, i maltrattamenti, il saccheggio, l’induzione allo stupro, il rapimento e lo sfruttamento di bambini.

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