venerdì 2 settembre 2011

Morire in laboratorio. Quando la cavia è umana

fonte: Terra
Federico Tulli

 Una commissione Usa accerta la responsabilità del proprio governo per il decesso di 83 persone in Guatemala, infettate con virus senza mai essere curate. L’analogia con altre vicende.

Si pensava che con la fine della II Guerra Mondiale orrendi esperimenti come quelli del “dottor” Mengele su cavie umane non avrebbero più trovato una mente perversa capace di pensarli. E forse quanto è emerso dai lavori di una commissione statunitense istituita dal presidente Obama per indagare sull’attività di alcuni scienziati americani svolta nella seconda metà degli Anni 40 è solo parzialmente equiparabile alla crudeltà delle sperimentazioni effettuate dall’Angelo della morte nazista sui bambini internati ad Auschwitz. Ma che alcuni esperimenti medici in Guatemala abbiano provocato la morte di almeno 83 persone a cui erano state inoculati agenti patogeni di malattie sessuali trasmissibili, non può lasciare indifferenti. Tanto più se non è la prima volta, come vedremo, che viene alla luce uno scandalo di questo tipo con protagonisti dei medici statunitensi.


Andiamo per ordine, partendo da quella che la presidente della commissione, Amy Gutmann, ha definito «una ingiustizia storica» messa in atto nei confronti della popolazione guatemalteca.
La storia ha origine circa un anno fa quando una medica e storica del Wellsey College, Susan Reverbery, trova prove sugli esperimenti del medico Usa John Cutler, scomparso nel 2003. Cutler, tra il 1946 e il 1948, con la connivenza delle autorità sanitarie locali e finanziato dall’Istituto nazionale americano di sanità, usò come cavie almeno 5.500 guatemaltechi, scelti tra reclusi, pazienti di ospedali psichiatrici, prostitute e orfani.

A 1.300 di loro inoculò malattie veneree per sperimentare l’efficacia della penicillina. Di queste solo «700 avevano beneficiato di un qualche trattamento». Il presidente guatmalteco Alvaro Colom dopo le rivelazioni aveva parlato di «crimini contro l’umanità». In risposta il suo collega Obama nel novembre scorso ha istituito una commissione per indagare sulla vicenda. Secondo il rapporto finale reso noto all’inizio di questa settimana dallo stesso presidente americano, a sette donne, pazienti di una clinica psichiatrica, venne inoculata la sifilide con un’iniezione nel collo. Ad un malato terminale venne trasmessa la gonorrea negli occhi. Almeno 83 delle cavie morirono a seguito degli esperimenti.

Il “caso Cutler” richiama alla mente un’altra agghiacciante storia dai contorni simili che si è verificata questa volta in territorio americano tra gli Anni 30 e gli Anni 70. Siamo in Alabama, ed è qui che nel 1932 ha inizio il famigerato “studio sulla sifilide di Tuskagee”. Un esperimento medico, anch’esso eseguito sotto la supervisione dell’Istituto nazionale di sanità Usa, nei confronti della popolazione nera maschile della cittadina di Tuskagee, allo scopo di verificare gli effetti della progressione della sifilide su una persona infetta e non sottoposta a cure. Per gli esperimenti, come si legge nel sito governativo del Centers for Disease Control and Prevention, furono reclutati 399 contadini afroamericani malati di sifilide, ai quali i medici coinvolti non iniettarono mai la pennicillina. Nemmeno dopo che nel 1940 fu provata la sua efficacia. Per oltre 30 anni, fino al 1972, a queste persone furono somministrati unicamente dei farmaci-placebo, e nessuno le informò mai. Con la conseguenza inevitabile di un numero elevato di decessi tra le cavie e la trasmissione della sifilide alle loro mogli e ai nascituri. Solo 22 anni dopo, nel 1994, il presidente Clinton chiede ufficialmente scusa per l’accaduto ai sopravvissuti e tutta la nazione.
In tempi più recenti è stata la volta della Nigeria che ha denunciato il gigante farmaceutico americano Pfizer per aver usato come banco di prova di un medicinale non approvato negli Usa bambini neri malati di meningite. I fatti risalgono al 1996 quando nel grande Paese subsahariano infuriava un’epidemia che alla fine fece oltre 15mila morti. Secondo l’accusa, la multinazionale spedì i suoi esperti in un ospedale di Kano per testare un nuovo antibiotico, il Trovan, su 200 bambini selezionati in un lazzaretto. A una metà del gruppo - scrisse il Washington post che per primo riportò la notizia - venne somministrato il Trovan, mentre all’altra metà venne data una dose, che l’azione legale definì pericolosamente bassa, di un altro antibiotico. La Pfizer si difese sostenendo che «lo studio clinico fu condotto eticamente e servì a salvare vite umane» in una epidemia come quella della meningite che ha un alto tasso di mortalità infantile.
Secondo il governo nigeriano l’esperimento provocò la morte di un numero imprecisato di piccoli malati e lasciò altri gravemente menomati. Fatto sta che il Trovan non è mai stato approvato dalla Food and drug administration per l’uso sui bambini americani. Dopo essere stato autorizzato nel 1997 per la somministrazione sugli adulti, diviene rapidamente uno degli antibiotici più prescritti negli Usa. Nel 1999 tuttavia la Fda ne restringe severamente la circolazione per effetti collaterali gravi sulla funzionalità epatica e potenzialmente letali. Oggi il farmaco è ancora in vendita negli Stati Uniti, mentre in Europa è stato messo al bando.

6 commenti:

  1. Mi è venuto da pensare alle centinaia di migliaia di poveri animali sottoposti a esperimenti e crudeltà.
    Non aggiungo altro, per ora.
    Buon Giorno carissima
    Namastè

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  2. Ciao Paolo, mah...animali, esseri umani, per le case farmaceutiche è tutto uguale, non hanno alcun interesse nè nella sorte degli uni che in quella degli altri.
    Ragionano unicamente con i dividendi. Senza scrupoli e senza coscienza.
    Si inventano da soli la propria etica e la propria morale e con essa giustificano ogni aberrazione.

    Buona giornata a te ^_^
    Namastè

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  3. Verrebbe spontaneo "testare" qualche antidoto contro la loro avidità e conseguente crudeltà mentale.
    Ma dove andremo a finire? Senza alcun limite sarà la fine del mondo civile.
    Un abbraccio, Rosa cara.
    Mary

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  4. Ciao Mary, le case farmaceutiche fanno solo i propri interessi e sono disposte a tutto pur di ottenere quel che si prefiggono.
    Hai ragione, un mondo così non può andare avanti e l'unica speranza sta nel cambiarlo...ammesso di essere ancora in tempo.

    Un abbracco grande ^^
    Namastè

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  5. Condivido il tuo pensiero perfettamente: l'unica speranza sta nel cambiarlo ... ammesso.

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  6. Ciao Alligatore, eh già perchè non è mica detto che ci sia possibile recuperare i nostri, un po' troppo numerosi e madornali, errori.

    Un abbraccione ^^
    Namastè

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