domenica 15 aprile 2012

La verità vi farà liberi

Egidia Beretta Arrigoni*

La verità vi farà liberi. Queste parole, lette e rilette sul Vangelo, mi risuonano spesso nella mente e le medito, chiedendomi cosa sia verità e cosa sia libertà e perché esse siano inscindibili.

Nella mia esperienza di vita, sotto alcuni aspetti speciale e per altri versi normalissima, ho conosciuto molti “spacciatori” di verità, raramente dei testimoni, persone che parlino e scrivano di ciò che conoscono per averlo vissuto.
Eppure questo è il fondamento perché la narrazione, l’informazione diventino per gli ascoltatori, per i lettori, quello che più si avvicina alla verità e uno stimolo alla ricerca personale, allo studio, all’approfondimento.
Quando poi la narrazione diventa denuncia e la denuncia è testimonianza diretta, allora solo chi ha occhi e non vede e orecchie e non ascolta, può negare che la realtà descritta non sia anche verità.
Vittorio credeva nella libertà, era la sua somma aspirazione.
A Gaza la vedeva ogni giorno negata, sopraffatta. Si rendeva conto di quanto poco il nostro mondo conoscesse, per superficialità o per calcolato interesse, quanto accadeva in quella piccola Striscia di terra.
Scelse di vivere la vita umile e “dignitosissima” dei contadini, dei pescatori.

Scelse di raccontare la quotidianità, l’assurdità di un’esistenza recintata, i soprusi a cui assisteva, da testimone, a volte da vittima egli stesso.
Fu il suo impegno per onorare la verità.
E in quei ventidue giorni tragici e tremendi della carneficina che fu “Piombo Fuso”, divenne per lui bisogno impellente e dovere etico, scrivere e scrivere, urlando il suo terrore e quello dei morti senza voce, dei feriti a morte, dei sopravvissuti, a compensare il silenzio acquiescente della grande informazione che non voleva avere occhi per vedere, né orecchie per ascoltare.
Disse esser divenuto reporter suo malgrado e con quella sua scrittura cruda, realista, amara, ma intrisa, in ogni parola, dell’amore per i suoi fratelli gazawi, intrisa del dolore, della sofferenza e dell’indignazione nel sentirsi ignorati e abbandonati dal mondo, ci insegnò quanto valga la coerenza ad ogni costo, la libertà e il dovere della verità.
“… qui è un lento morire in vano ascolto…” scriveva Vittorio.
Non era da lui impartire lezioni, ma io da lui una ne ho imparata ed è diventata una mia regola di vita:
“Niente trucchi da quattro soldi. Dillo chiaro, dillo vero, dillo subito”.

* Egidia Beretta Arrigoni, anch’essa ferita a morte, ma sempre orgogliosa mamma del suo “Vik Utopia”

6 commenti:

  1. Già, niente trucchi, la lezione di Vik, se così possiamo chiamarla, è stata la verità e far seguire al pensiero le azioni ... per questo era visto come una minaccia, in un mondo falso come questo.

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    1. Assolutmente vero "Io faccio quel che dico", grandissima lezione, ma nel caso di Vik c'era anche un'anima grande a raccontala.
      Le sue parole ed i suoi scritti sono stati sì importanti per quello che ci raccontavano, ma anche per "come" ce lo raccontavano.
      Buona serata Ally.
      Namastè

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  2. Purtroppo in questi anni ho conosciuto molti “spacciatori” di verità, raramente dei testimoni, persone che parlino e scrivano di ciò che conoscono per averlo vissuto. DICI BENE!!!
    Insomma, pochi vivono veramente le esperienze, attraversano, ma tutti pretendono di conoscere e sapere. L'ho Sentito Dire... Quindi è Vero! Da vedere questo breve filmato.

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    1. La testimonianza di Vittorio è fra le più belle e pure in questo senso...della differenza fra gli spacciatori di verità e coloro che invece la vivono in prima persona, disposti anche a pagarne il prezzo, come lui ha saputo fare.
      Altri descrivono la loro verità da lontano, dalle comode mura di un albergo, peggio dalle loro comode case...e guarda caso è una verità che quasi sempre comoda ai potenti.

      Ps. avevo già visto il video sul blog "EccoCosaVedo" ...interessante e, soprattutto vero!
      Un abbraccio e buona serata
      Namastè

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  3. Restiamo umani. Grazie per il ricordo di Vic.

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    1. Sì, restiamo umani!
      Grazie a te Fabio, un abbraccio.
      Namastè

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