martedì 1 maggio 2012

GIUSEPPE DI VITTORIO: LA VOCE DEL POPOLO

Di Vittorio, ultimo comizio a Cerignola.
di Gianni Lannes

«Il nome di mio padre, Giuseppe Di Vittorio, è intimamente legato alla storia dei lavoratori delle campagne pugliesi. Un secolo fa, in provincia di Foggia, nel Tavoliere, a Cerignola, i lavoratori dei campi vivevano in condizioni terribili. Miseria analfabetismo, fatica. Ma soprattutto, una assoluta assenza di diritti» racconta Baldina, figlia del mitico Peppino. «Un’assenza così totale da farci dire che quegli uomini, quelle donne, quei bambini che partivano all’alba da quei paesi per andare sui campi non erano persone libere. Ciò che fede mio padre, allora, fu innanzitutto questo: far capire ai suoi compagni, ai braccianti e alle loro famiglie, che la prima cosa cui ha diritto chi lavora è la dignità: la dignità che non può mai essere negata a un essere umano, a un lavoratore, a un cittadino».

Baldina Di Vittorio
 
Extraterrestri - «Apprendere che a cinquant’anni dalla scomparsa di mio padre, proprio nelle campagne pugliesi, si sono ricreate condizioni disumane di lavoro e di vita che mettono in questione la dignità e la libertà dei nuovi braccianti, è stato per me motivo di profondo dolore. E il fatto che questi braccianti siano in maggioranza lavoratori stranieri è un’aggravante che rende ancora più netto, per noi italiani, il dovere di reagire a una situazione insopportabile. Di reagire, naturalmente, coinvolgendo nella lotta noi tutti e i nostri nuovi vicini di casa».



Eterni migranti - Gli esseri umani camminano da sempre. Per migliaia di chilometri, solcando mari e monti a costo della vita. Si muovono nel tempo e nello spazio, in fuga o in avanscoperta, per allontanarsi o avvicinarsi, per conoscere o per dimenticare. Il movimento, il ricordo, la nostalgia, la ricerca e il desiderio di nuovi orizzonti, il mutamento e l’avventura fanno parte dell’esperienza umana. Le immagini delle donne africane che affrontano il pericolo di interminabili cammini, a volte in teatri di guerra, per portare l’acqua alla propria famiglia, raccontano che cosa significa essere una popolazione in movimento.  Quel passo delle donne nelle terre senza apparente futuro ha solcato il Mediterraneo, fino a raggiungere le nostre sponde. L’emigrazione perenne del Sud: è il presente ancorato al passato. Se è vero che i confini sono fatti da coloro che l’attraversano, quella dei popoli in cammino è una storia di coraggio prometeico, di continua trasgressione, di limiti superati ogni volta. Perché noi umani siamo fatti per migrare. Siamo fatti per spostarci e superare barriere, geografiche e linguistiche. Fatti per assorbire culture.
 
Orta Nova (FG).
Impedire questo destino genetico vuol dire privare il genere umano della sua libertà. La migrazione è una predestinazione, una compiutezza genetica dell’umanità. I popoli si sono spostati sempre per migliorare le proprie condizioni. Pensiamo agli spostamenti dei popoli nordeuropei migliaia di anni avanti Cristo: dal Mediterraneo sudorientale verso l’Europa, un’onda di avanzamento inarrestabile che, popolando nuovi territori contribuì alla graduale diffusione delle pratiche agricole. I Greci giunsero sulle sponde dell’odierna Italia (“Italia”: che gli ebrei chiamavano “isola delle meraviglie”) e i Celti fino all’Irlanda e perfino alla Groenlandia. “Fare ponti e viaggiare leggeri” diceva Alex Langer. Chissà cosa avrebbe pensato Di Vittorio dei tempi correnti che corrono a perdifiato verso l’autodistruzione. La terra che viene divorata, la violenza dell’uomo sulla natura e sui suoi simili. Sicuramente Peppino avrebbe osato, perché la forza di un’idea libera può cambiare il mondo.
Migrante africano

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