domenica 19 aprile 2015

Alimentazione carnea e tumori

Il Professor Bruno Fedi è membro del Comitato Scientifico di Associazione Vegani Italiani Onlus, medico e chirurgo, docente di urologia, specialista in anatomia patologica, ginecologia, cancerologia, citologia, flebologia, bioetica e uno dei più importanti antivivisezionisti italiani.
Il Professor Bruno Fedi ha partecipato, insieme ai colleghi Dottor Vasco Merciadri e il Professor Leonardo Pinelli, anch’essi membri del Comitato Scientifico di Associazione Vegani Italiani Onlus, a Roma, al convegno scientifico “Alimentazione e tumori. Di carne si muore ma non se ne parla” dove hanno ottenuto uno straordinario successo di pubblico. Ecco uno scritto del Professor Fedi, nato dalle riflessioni emerse dal convegno:
“Il problema del cibo é nato con la vita, ma quello del rapporto con le malattie è sorto con la nascita del movimento animalista e di quello ecologista. Il problema basilare è stato il diritto dell’uomo di procurarsi il cibo, ma anche quello dei diritti degli animali. Più genericamente il problema della crudeltà e della violenza nei confronti dei più deboli.

L’alimentazione si è evoluta con quella dei preominidi fino all’uomo moderno. Inizialmente l’alimentazione è stata vegetariana: i nostri più lontani progenitori erano raccoglitori. Successivamente l’alimentazione è diventata prevalentemente carnea; i nostri progenitori erano cacciatori. Con la rivoluzione agricola (circa 15.000 anni fa) ridiventa vegetariana e poi carnea durante i secoli delle invasioni barbariche, perché quei popoli non potevano coltivare ed avevano questo tipo di alimentazione. La loro vittoria sull’impero romano, rese l’alimentazione carnea una caratteristica fondamentale dei vincitori: cioè creò un mito. Tuttavia, per secoli, l’alimentazione carnea non fu disponibile per tutti. In Italia e progressivamente ovunque, il vero cambiamento alimentare si è verificato dopo la Seconda Guerra Mondiale con l’esplosione dei consumi e l’industrializzazione della produzione. Quella che prima era una produzione a carattere familiare o al più un piccolo commercio, diventa produzione di massa. Si arriva a produrre il cibo vegetale, non più per i soli uomini ma prevalentemente per gli animali. Si arriva anche ad utilizzare farine di origine animale per nutrire erbivori per l’alimentazione. Allo scoppio dell’epidemia della Mucca Pazza (malattia di Creutzfeldt-Jakob) c’erano in Italia 700.000 tonnellate di farine di origine animale, di cui non si sa quale sia stato l’esito. Il fatto fondamentale è che una parte della carne prodotta viene usata per produrre altra carne. Ma la crisi economica attuale induce la società globalizzata a una riduzione dei consumi. Contemporaneamente, l’inquinamento diventa un problema globale e nascono, in molti Paesi, gruppi di idealisti che riflettono su etica-scienza-società-ecologia. Tutti questi fattori concorrono ad una riduzione dei consumi, perché si riflette sui danni ecologici; sulla immoralità del comportamento crudele contro gli animali; sui limiti della scienza; sulle conseguenze sociali di questi fatti. L’industria produttrice di carne per alimentazione reagisce attualmente tentando di aumentare i consumi ed il fatturato con una pubblicità ingannevole, spendendo enormi somme. Questo fatto non era stato necessario prima, perché, nel dopoguerra, la situazione era completamente diversa: gli anni di fame avevano creato un gran numero di ammalati di tubercolosi e certamente la limitazione drammatica dei consumi aveva colpito tutti. La carne era ridiventata un mito: si poteva ottenere da questa alimentazione la salute, la bellezza, la forza. Era uno status-symbol.
Attualmente invece si tende a vedere la carne come uno dei fattori principali di inquinamento; uno spreco di risorse; un elemento di diseguaglianza sociale ed uno dei fattori fondamentali nel cambiamento del clima. Tutto questo è vero. La storia dell’umanità è in buona parte la storia del rapporto dell’uomo con gli altri animali e con la natura. Gli altri animali hanno fornito cibo, ma ci hanno anche regalato le grandi epidemie della storia. Molte delle grandi epidemie sono dovute a batteri, o virus, passati dagli animali all’uomo. Dal vaiolo (bovini) alla peste (roditori) fino alla Spagnola (suini) ed all’attuale Aids (scimmie), al virus Ebola ed al morbo di Creutzfeldt-Jakob, è tutta una serie di passaggi di agenti patogeni da altri animali all’uomo. In parte questo fenomeno è dovuto all’organizzazione sociale in grandi agglomerati urbani, o alla produzione di tipo industriale. Si è arrivati fino ad ipotizzare di recuperare le proteine presenti nelle feci per l’alimentazione degli animali. Oggi il problema degli altri animali non è quello del trasferimento di virus e batteri, nonostante che l’uso indiscriminato di antibiotici nei grandi allevamenti, sia la ragione diretta della nascita della resistenza batterica. Questi batteri, selezionati negli allevamenti e resi così pericolosi, facilmente passano dagli altri animali all’uomo. Il problema attuale non sono le malattie infettive ma l’opinione pubblica è molto più colpita da tumori e malattie degenerative, specialmente quelle del sistema nervoso centrale. Questa situazione è totalmente innaturale ed è provocata fondamentalmente dal tentativo economico dell’industria di produrre carni a basso costo. Il basso costo all’acquisto, significa in realtà inquinamento ambientale a costi altissimi, insostenibili per la collettività. Il prezzo totale, comprensivo del danno prodotto dall’inquinamento è 100 volte superiore al prezzo di produzione della carne bovina o suina. Si pensi, inoltre, all’enorme spreco della carne bovina, che viene utilizzata dall’uomo, specialmente in Italia, prevalentemente nei quarti posteriori. Fino ad un secolo fa, l’alimentazione carnea era limitata in gran parte della popolazione a pochi giorni per anno, nelle festività più importanti. Tutto veniva utilizzato e non solo una parte. Lo spreco domina dunque la produzione ed il consumo. A questo comportamento, antieconomico, antiecologico e crudele, c’è stato un tentativo inefficace di cambiamento, da parte dei “Verdi”, i quali ottennero risultati insignificanti. Per esempio un aumento della superficie a disposizione dei polli in batteria; una diminuzione del numero delle ore di trasporto per bovini e suini. Nulla che abbia cambiato la situazione. Non si proibì, per esempio, la presenza fino a 50.000 capi per capannone e conseguentemente si permise la creazione di nuovi ceppi batterici e virali. Sono stati anche fatti alcuni tentativi di sostituire una parte della carne con i pesci. L’impoverimento dei mari limita questo tentativo. Neppure l’allevamento dei pesci, per esempio dei salmoni o delle trote, risolve il problema. Il 30% degli animali, muore. Sono necessari 20 kg. di pesci di mare, per nutrire 1 kg. di pesci allevati. L’ambiente non solo non può sostenere l’impatto di farmaci (antibiotici, ormoni ecc..) e sostanze mutagene usate in agricoltura (paratyon, malatyon, anticrittogamici, erbicidi, pesticidi, ecc…), ma non può sostenere neppure il consumo di acqua (15/20.000 litri per ogni kg. di carne), il consumo di energia (5/7 litri di benzina), il consumo di cereali (7/14 kg. di cereali per kg. di carne), il consumo di superficie (66kg. per ettaro di proteine animali contro 1.800 kg. di proteine, se si producono proteine vegetali). Per i consumi attuali, se ci uniformassimo a quelli degli Stati Uniti (122 kg. di carne pro-capite per anno) sarebbero necessari 5 pianeti Terra.
In questa situazione, non contano, evidentemente, le opinioni ma i fatti:
  • Nessuno rinuncia a privilegi acquisiti.
  • Tutti accusano gli altri degli sprechi.
  • I consumi aumentano vertiginosamente (attualmente si sta aprendo il mercato cinese).
  • Non si può proibire tutto ma neppure liberalizzare tutto.
  • L’iperproduzione è vanificata dagli sprechi.
  • Le leggi favoriscono tali sprechi (per esempio la scadenza di alcuni cibi è limitata a poche ore) conseguentemente, circa ¼ del cibo prodotto viene sprecato.
  • Non si ostacola il trasporto inquinante.
  • In alcuni paesi (Giappone) queste ultime notizie, sono proibite. In altri Paesi, nessuno informa, oppure si disinforma.
Conseguenza di questi fatti è che le risorse alimentari saranno in futuro assolutamente inadeguate. Poco dopo il 2050, l’acqua necessaria a produrle si esaurirà.
In questa situazione constatiamo che la frequenza per morte di tumore è passata dal 2% del 1900 al 35% del 2000, con un aumento terrificante specialmente nella giovane età e nei bambini. Tumori encefalici epatici, prostatici, linfomi, tumori del seno, sono in alcuni Paesi enormemente aumentati, in modo quasi proporzionale all’inquinamento. Ritengo fondamentale, più che dare le statistiche, sottolineare le cause:

  • Presenza di residui inquinanti mutageni, nell’alimentazione carnea.
  • Presenza di aldeide malonica (fino a 3 gr. per una fettina di carne).
  • Ipercolesterolemia frequente.
  • Aumento della ATS e diminuzione delle difese immunitarie.
  • Aumento della glicuronidasi nelle feci e conseguentemente aumento dei tumori ormonodipendenti.
  • Aumento del rilascio di radicali liberi.
  • Aumento dei batteri intestinali (da 2.000 a 7.000 per ml. Cubo nell’alimentazione carnea)
  • Aumento dei nitriti, delle amine eterocicliche, di Fe, Cd, As, Atrazzina, Molinate e Bentazone, ecc…
Esistono anche delle prove cliniche di tutto questo e cioè l’aumento della frequenza del cancro della prostata e del seno fra gli asiatici emigrati negli Stati Uniti. In una sola generazione la frequenza raggiunge quella degli americani.
Esistono anche delle fondamentali ragioni biologiche che è necessario sottolineare:

  • Assenza di dose soglia (la mutazione in senso tumorale può avvenire anche per dosi piccolissime).
  • Più cause mutagene, presenti contemporaneamente, hanno un effetto moltiplicatorio e non sommatorio.
Tutti questi fatti sono intollerabili, per qualunque Stato, sia dal punto di vista sanitario che da quello economico. Non è importante la sola spesa per la produzione della carne. Solo in Italia si spendono annualmente 260.000.000 di euro per i farmaci. L’80% per malattie croniche fra cui prevalgono i tumori, la cui frequenza è arrivata a 150.000 casi di morte ogni anno. Contemporaneamente sono in aumento assai rapido le malattie degenerative. Queste ultime sono quasi la regola nella terza età in U.S.A.
Tutto questo non è stato sufficiente ad eliminare le sovvenzioni statali per esempio per la coltura del tabacco. La Svizzera, per esempio, guadagna 7.000.000.000 di euro l’anno dalla vendita della carne. Ovvio che difficilmente verranno prese delle misure restrittive nei confronti della produzione.
Quali conclusioni dovremmo trarne? Ridurre drasticamente o eliminare il consumo della carne. Tuttavia, solo in Italia, 2.000.000 di persone lavorano nel settore. E’ inevitabile la gradualità. Oltre agli aspetti economici ed a quelli riguardanti la salute, esistono aspetti sociali. Ingannare un singolo cittadino, per fargli spendere di più, è una truffa riconosciuta da tutti. Ingannare l’opinione pubblica di molti paesi, facendo spendere di più, ma provocando anche un enorme numero di malati, di morti ed alterando il clima, con conseguenze drammatiche per l’intera umanità, non può essere considerato cosa da niente. Evidentemente si tratta di una truffa collettiva seguita da catastrofiche conseguenze sanitarie ed ambientali. Naturalmente, si può però prendere coscienza del problema. Ma Assocarni si oppone: è disposta alla distruzione della Terra, pur di aumentare il fatturato. I politici non pensano all’aspetto ecologico ed economico ma solo ai voti degli addetti al settore. La stampa pensa alla pubblicità. I cittadini sono mantenuti ignari del problema. E’ evidente che il vegetarismo potrebbe salvare il mondo se i cittadini si impegnassero direttamente a:

  • Cambiare i consumi.
  • Esercitare una pressione sui politici.
Sapere è la prima forma di difesa e l’inizio del cambiamento. Non esiste solo l’economia”.
Bruno Fedi

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