Ho spesso parlato dei gruppi chiusi (quelli che non amo per nulla), ai quali se non appartieni non esisti.
Parlare di questa realtà, però, non è semplicissimo e si rischia di inoltrarsi ed impantanarsi, in discorsi complessi poichè essa deriva da caratteristiche umane fondamentali o, quantomeno chi la analizza, così afferma.
Si sente discutere molto di unità, di unicità, di ricomposizione. Soprattutto a livello spirituale. Ogni grande religione ci intrattiene sull'importanza di comprendere la necessità dell'unità, della compassione, della relazione profonda ed empatica. Salvo poi affermare di esserne unica depositaria e di possedere l'unica strada possibile verso il Divino e la Verità.
Elaborando poi, di fatto, le giustificazioni morali ed etiche per comportamenti umani terribili e cavalcando le peggiori divisioni e dicotomie che l'umanità stessa riesca a concepire.
Tale contraddizione profonda si riverbera, riversandosi sulla società e divenendo comportamento, proprio perchè inserita profondamente a fondamento del nostro programma vitale ed educazionale.
Ed allora si hanno i gruppi a cui se non appartieni sei fuori dal mondo, le mode, gli atteggiamenti più o meno generalizzati, le congreghe e le lobbies.
Le greggi che sembrano imporre con la propria stessa presenza i comportamenti e che, in realtà, sono guidate verso i loro ovili e macelli.
Sembra essere inserita nel carattere umano tale modalità. Proprio perchè essa viene impartita con il latte materno e posta a fondamento del buon-vivere: appartenere ad un gruppo, essere qualche cosa, qualcuno... cristiano, buddista. americano, italiano, lombardo… altruista, vegano, comunista, mormone o che altro.
Ed i gruppi si intendono come portatori di fiaccole, coacervi di assolute verità innegabili e sacre. I suoi componenti si parlano solo fra loro, con i propri specifici linguaggi, per allusioni e rimandi. Esserne fuori fa, di chi abbia la sventura di esserlo, un essere inferiore o quantomeno lontano dal giusto.
Trattasi di qualcosa molto simile alle sette in realtà, nulla di diverso da quelle che, con prosopopea e roboanza il mainstream sistemico, quotidianamente, condanna.
Comunque la colpa è sempre al di fuori di NOI, che siamo nel giusto e amiamo il bello. Che abbiamo capito, mentre il resto del creato si dibatte nell'ignoranza.
Sembra ovvio da questa dissertazione che la verità sia fuori da questi comportamenti, ma l'affermarlo porterebbe alla creazione di un sottogruppo di coscienti e quindi non lo farò.
Meglio sarebbe aprirsi, ascoltare, accettare… accarezzare con curiosità e considerazione i diversi equilibri dell'umana capacità di comprendere. Giocando con le ipotesi e comprendendo quanto esse siano, in realtà, descrizioni parziali del medesimo principio; e questo dovrebbe valere sempre, per qualsiasi articolazione del pensiero e dell'azione umana.
Rosa Bruno