martedì 25 agosto 2020

Chi è negazionista?


Perché negare l'evidenza? Perché non ammettere almeno la possibilità che quello che definiamo Potere sia “congiurante” contro gli interessi popolari?

Se guardassimo alla storia ci renderemmo conto che è avvenuto moltissime volte che un governo, una congrega di potere, un gruppo dominante abbia segretamente trescato per ottenere un risultato mai palesemente rivelato. Il complotto del potere è all'ordine del giorno nella storia.

Se poi leggiamo la storia della filosofia e delle dottrine politiche ci accorgiamo che l'evoluzione umana è un susseguirsi di pretesti del potere per ottenere consenso ai danni dei sottomessi e per consolidare il diritto divino dei pochi.

Eppure è così difficile ammettere che chi governa possa volere il nostro male. Si finge di non vedere anche quello che è evidente, si nega. Si arriva, in alcuni casi a difendere strenuamente le scelte più sciagurate, pur di essere rinfrancati da un'illusione paterna del potere.

Questo è avvenuto nei secoli ed avviene ancora, ci si fa ingannare da contrasti apparenti, da uno scontro fra tifosi e non si vuol vedere l'evidenza dell'unità della classe dominante nel dominio e nel complotto costante.

Un po' come la moglie o il marito traditi, che negano anche a se stessi la possibilità pur di evitare la sofferenza o come le donne abusate che difendono compagni violenti. Una sorta di Sindrome di Stoccolma in cui l'abusato si innamora dell'abusante.

Ammettere che ci stanno trattando come un gregge da macellare sarebbe troppo doloroso, destabilizzante. Costringerebbe al pensiero ed alla reazione, distoglierebbe dall'illusione che tutto, prima o dopo, si sistemi. Eppure è da tempo che abbiamo imboccato una china senza ritorno, da tempo stiamo correndo verso il baratro.

Non solo per i comportamenti di fronte all'odierna epidemia, non solo per la tanatofobia diffusa che fa rintanare in preda ad attacchi di panico, superando anche la voglia di vivere.

In realtà è da tempo che ci si sta comportando in modo folle correndo impazziti verso un punto di non ritorno, nel rapporto con la natura che ci circonda, nei rapporti interpersonali, nei momenti di organizzazione sociale, nell'abbandono metodico degli ultimi. Nel concedere al sistema il progetto di diradarci, quasi fossimo un allevamento o un orticello d'insalata.

Non è solo l'adesione pedissequa ed alquanto terrorizzata alle perorazioni di chi ci racconta l'esistenza di una peste universale fuori controllo o quella acritica di ogni forma di eccessiva cautela immotivata, non solo questo, ma un comportamento diffuso, che va dal modo di consumare al modo di vivere in comunità, dalla rassegnazione alla perdita dei diritti, sino all'incoscienza nel trattamento dei rifiuti, alla compulsione teleguidata al consumo, unita all'incapacità di preservarsi dalla manipolazione mediatica ordita per convincere, ipnotizzare e vendere l'invendibile. 

Il senso critico e l'autocoscienza proteggono dall'ipnosi collettiva è provato, probabilmente lo sappiamo tutti, ma ci si arrende a quello che si ritiene ineluttabile, ma che non lo è affatto.

Pronti ad assentire alla stoltezza pur di conservare l'illusione di una unità di intenti nella corsa comune verso il progresso. Come se non fosse chiaro, lampante, evidente che il futuro che immagina il potere veda molta meno gente abitare un pianeta robotizzato ed automatizzato.


Rosa Bruno

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