sabato 30 ottobre 2010

Chi l’ha detto?

sritto da  David

Porsi delle domande, dubitare, è propriamente ciò che distingue l’uomo dal computer.

Il computer non può mettere in discussione i propri assunti (non è proprio così ma non voglio entrare in discorsi di logica), altrimenti entrerebbe in un loop, cioè in un processo ricorsivo senza fine ed andrebbe in tilt.
Tutta la vita è un porsi domande e rispondere a noi stessi.
In altre parole, mettere in dubbio ciò che pensiamo è ciò che ci distingue dalle macchine. Chi non è più capace di dubitare delle proprie convinzioni, e anche di fronte all’evidenza dei fatti si rifiuta di cambiare paradigma mentale, è già morto, non può progredire. Schiavo è colui che non sa uscire dalle proprie abitudini, dalle proprie ideologie, dalle proprie convinzioni. Per questo ogni idea fissa e assoluta è una pazzia in sé, di qualunque tipo essa sia.
La convivenza, la tolleranza, l’amore, sono resi possibili dalla capacità della mente di plasmare se stessa in base alle informazioni che arrivano dall’esterno e dall’interno del corpo. Se ci rendiamo ciechi a tutto questo perché abbiamo paura di veder crollare il nostro misero sistema di convinzioni ci precludiamo il vero cammino verso la pace e un mondo migliore.
E’ come se un computer fosse programmato per fare un’unica somma, diciamo 1+1, e qualunque altro numero noi immettessimo esso continuasse a fare 1+1. Che utilità avrebbe una macchina del genere?
Aprire la mente significa innanzitutto riconoscere ciò che non è nostro: condizionamenti sociali, culturali, tramandati di generazione in generazione grazie alle tradizioni familiari e culturali, e con cui permettiamo agli altri di tenerci schiavi, succubi di decisioni altrui. Prima di tutto dobbiamo ripulire la mente da tutta questa spazzatura. E questo è possibile se ci poniamo le giuste domande.
Domandiamoci sempre
“E chi l’ha detto che è così o che dovrebbe essere così?”.
Chiediamocelo ogni volta che qualcuno ci vuole imporre qualche verità o che noi stessi siamo preda di convinzioni e credenze che influenzano la nostra vita e il rapporto con gli altri. La vera ricerca interiore inizia da questa domanda semplice e diretta. Dobbiamo rivedere gran parte dei nostri modi di vivere ormai consolidati e che ci danno tanta sicurezza, anche i più distruttivi per noi. Tutti ci diranno…”non è così…devi fare così se vuoi essere accettato”… La nostra vita si basa su un ricatto continuo e così quello è l’unico linguaggio che conosciamo e che insegneremo a nostra volta ai nostri figli…e così via. Ma la ricerca interiore passa dalla consapevolezza degli schemi acquisiti e quindi dal rifiuto dei modi e degli atteggiamenti che non sono propri della nostra vera natura.
Tanta è la nostra fame di approvazione e di sicurezza che neghiamo continuamente noi stessi in nome di un riconoscimento che viene da fuori (è quello che ci hanno insegnato a fare), senza fare i conti con quello che sarebbe il nostro sentire più profondo. Lo facciamo molto più spesso di quanto si creda. Ci chiudiamo nella regola e neghiamo noi stessi. Ma così abbiamo l’approvazione della società. E questo ci permette di sopravvivere. Se sopravvivere non ci basta dobbiamo armarci di coraggio ed abbandonare tutto ciò che non siamo, “investire in perdita”. Perderemo noi stessi, ma ritroveremo chi siamo veramente. Se non perdiamo noi stessi, cioè la nostra falsa personalità, ciò che abbiamo costruito intorno alla nostra vera natura per sopravvivere nella società, sarà impossibile ritrovarci.
Tutto parte ed arriva alla consapevolezza. E quindi anche dal sapersi porre le domande giuste.
Quando parlate con qualcuno, ascoltando quello che dice, ascoltando voi stessi, i vostri pensieri ripetitivi, schematici, i vostri pregiudizi, le vostre sensazioni, semplicemente chiedetevi
“E chi l’ha detto che è così, o dovrebbe essere così?”
E’ una frase che ha il potere prorompente di un fiume in piena, perché spazza via tutte le convinzioni, le paure, le certezze che non ci appartengono, ma che fanno parte di una visione distorta di noi stessi. Visione che ci è stata imposta dall’educazione, dalla società, e che manteniamo in vita per comodità, per abitudine, per paura di cambiare. Ecco quindi la prima tecnica. Parto da questa perché per cominciare un percorso di crescita, di qualunque crescita, è indispensabile liberarsi di tutto ciò che non ci appartiene, e scoprire così quello che vuole davvero la nostra natura profonda. E’ una tecnica che ci permette di scoprire, portare a nudo la verità su noi stessi.
Quante volte ci affanniamo dietro incombenze ed impegni in modi che mettiamo automaticamente in atto per abitudine. Siamo totalmente inconsapevoli di quello che facciamo. Ma anche il più semplice gesto può essere oggetto di verifica: “perché faccio così? Chi l’ha detto che questo è il modo giusto? E se non lo è per me, perché continuo a farlo?” “E chi l’ha detto che per arrivare a casa devo fare questa strada?” “E chi l’ha detto che tutti quelli con giacca e cravatta sono persone serie?” “E chi l’ha detto che sono poco affidabile?” “Chi l’ha detto che se tutti fanno così questo è l’unico modo per farlo?” “Chi l’ha detto che se ho fallito una volta sono un fallito?” Se cominciate a porvi questa domanda vedrete dispiegarvi davanti a voi un universo del tutto diverso, fatto di cose che vi appartengono solo in superficie. Vi renderete conto che la vita che state vivendo è quasi sempre una risposta automatica a qualcosa che è esterno a voi, ma che non corrisponde a vostre reali necessità o convinzioni su come dovrebbe essere veramente. E’ come se viveste sempre la vita di qualcun altro. Come se foste sotto ipnosi, ripetendo sempre gesti di cui non ricordate neanche l’utilità.
Le tradizioni mistiche insistono molto sull’importanza della presenza mentale. Altro non è che l’esserci al di là dei nostri condizionamenti. Una cosa semplicissima a dirsi. Ma provate a farlo. Porsi la domanda “e chi l’ha detto che è così o che dovrebbe essere così?” ci pone, a livello mentale, in una condizione di dubbio molto fertile. La mente si sente spiazzata, e il nostro subconscio comincia a lavorare nella direzione della consapevolezza. E’ il primo scalino, il primo passo da fare. Parto da questa tecnica perché è quella più facilmente applicabile, soprattutto per noi che siamo così abituati ad usare la mente razionale.
Ma anche se è la mente che pone la domanda, l’efficacia è anche a livello interiore. Il dubbio comincia ad aprirci gli occhi, a farci andare un po’ oltre la nube che ci offusca la vista.
Comincia il lavoro di decondizionamento.

http://www.promiseland.it/2010/10/30/chi-l%E2%80%99ha-detto/

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