tratto da: www.secondoprotocollo.org
Bianca B.
I grandi produttori di cioccolato mondiali (da Nestlè a Hershey’s) dieci anni fa avevano promesso che non avrebbero più usato bambini come schiavi per la raccolta del cacao. Lo scandalo era venuto fuori a seguito di un articolo di due reporter americani (Sudarsan Raghavan e Sumana Chatterjee) che avevano raccontato all’America e al Mondo come le grandi compagnie del cacao usassero i bambini per la raccolta del cacao trattandoli esattamente come schiavi.

Quel dossier finì dai giornali al Congresso americano che costrinse le multinazionali del cacao a firmare un accordo secondo il quale si impegnavano a non usare più bambini come schiavi nelle piantagioni entro il 2005 e a mettere nelle etichette dei prodotti la dicitura “slave-free” per certificare che quel cacao (o quel derivato) non provenisse da piantagioni dove venivano impiegati bambini in schiavitù. Nel 2005 le multinazionali del cacao ottennero una proroga fino al 2008 e nel 2008 ne ottennero un’altra fino al 2010.
Siano quasi alla fine del 2010 e le multinazionali continuano imperterrite a usare i bambini come schiavi per la raccolta del cacao senza che nessuno muova un dito o denunci questo scandalo. Ogni giorno i nostri bambini (ma anche gli adulti) mangiano prodotti al cacao, caramelle, cioccolato, merendine, dolcetti, cioccolatini ecc. ecc. senza sapere che dietro a quella leccornia c’è il sangue di loro coetanei che spesso ci rimettono la vita per permettere al cacao di arrivare al punto di produzione.
Alla fine di settembre d quest’anno un team di ricercatori della Tulane University su incarico del Congresso americano, ha rilasciato un ennesimo dettagliato rapporto sull’uso di “bambini-schiavo” nelle piantagioni di cacao. La relazione è semplicemente shoccante. I bambini, spesso piccolissimi, vengono costretti a lavorare per 13/14 ore al giorno. Il lavoro è durissimo e viene svolto sotto l’occhio vigile di veri e propri aguzzini. Chi non riesce a lavorare secondo gli standard previsti dalle multinazionali del cioccolato viene duramente picchiato e spesso usato come esempio verso gli altri piccoli. Insomma, una vera e propria condizione di schiavitù.
Le grandi multinazionali si difendono affermando che non essendo loro le proprietarie delle piantagioni non possono fare niente a riguardo. Affermazione assolutamente falsa. Prima di tutto possono evitare di comprare il cacao da quelle piantagioni dove vengono usati bambini-schiavo. In secondo luogo sono le multinazionali a stabilire e a pretendere le quantità di cacao che deve essere prodotto dalla piantagione, quindi sono perfettamente consapevoli che per raggiungere quelle quantità i produttori usano determinati metodi.
Ora, pensate solo per un attimo a quanto cioccolato viene consumato in tutto il mondo. Adesso fate una semplice equazione per immaginare quanto grande sia il mercato del cacao e quanti bambini vengono sfruttati come schiavi per la sua raccolta. Parliamo di centinaia di migliaia di bambini. E’ chiaro che qualcosa occorra fare. E se nemmeno il Congresso americano è riuscito a fermare questo immondo traffico di schiavi, forse a riuscirci potrebbero essere i consumatori. Per questo nei prossimi giorni daremo il via ad alcune iniziative mirate a sensibilizzare sia i consumatori che i produttori.
Ci si avvicina ad Halloween e subito dopo ci sarà il Natale. Quando i vostri bambini andranno porta per porta a pronunciare la famosa frate “dolcetto o scherzetto” pensate che a dietro quei dolcetti c’è il sangue di migliaia di bambini come i vostri.
Bianca B.
Certamente il nostro portafogli può spostare il mercato, anche in maniera importante e definitiva.
RispondiEliminaOgni volta che acquistiamo qualcosa, determiniamo il successo dell'azienda produttrice, è una legge di mercato inesorabile.
Sensibilizzare e testimoniare è la vera strada da seguire, distribuire la conoscenza con tutti i mezzi oggi a disposizione.
Personalmente il cioccolato lo compro alla Coop, Equo Solidal.
@ il giardino di enzo-
RispondiEliminaHai ragione sono le nostre scelte che possono e devono influenzare il mercato.
L'acquisto consapevole è sicuramente un modo di rendere tangibile il pensiero di molti. I mezzi per informarci ormai sono a nostra disposizione ed è importantissimo il farlo.
Orientare i nostri acquisti verso l'equo e solidale, chilometro zero, autoproduzione e prodotti biologici, significa decidere come debba essere il mondo che ci circonda ed indirizzare il mercato e le scelte....privilegiare i prodotti compatitibili, prodotti in modo etico significa non solo farsi del bene ma anche farlo al mondo...e soprattutto porre fine alle brutture di cui parla l'articolo.
Un abbraccione ;-)
Namastè