martedì 25 maggio 2010

Quando i giornalisti difendono la Costituzione

Uniti e compatti come mai si era visto, i direttori delle più importanti testate televisive e giornalistiche hanno firmato un appello congiunto contro il decreto legge sulle intercettazioni telefoniche. Lo contestano poichè, secondo loro, "viola il diritto dei cittadini ad essere informati".

Altri si appellano addirittura alla "libertà di espressione" e alla "libertà di parola", che verrebbero messe in serio pericolo dal decreto in questione.

Sono sicuramente parole nobili, che nessuno vorrà mai criticare. Si fatica però a capire che cosa abbia a che fare il testo di una intercettazione telefonica con la "libertà di parola e di espressione" dell'individuo.

Permettere o meno di pubblicare il testo di un'intercettazione è una questione squisitamente giuridica, ...


... che non ha nulla a che vedere con la libertà di parola. Esattamente come non si può insultare il presidente della repubblica, senza che questo significhi aver tolto al cittadino la “libertà di espressione”. Un divieto specifico non implica necessariamente la caduta di un principio generico.

Non solo è curioso questo improvviso richiamo ai principi costituzionali, da parte dei giornalisti, ma è ancora più curioso il loro richiamo al "diritto dei cittadini ad essere informati", che loro stessi ignorano sistematicamente per 365 giorni all’anno.

In realtà, è molto più probabile che a dare fastidio alle testate giornalistiche siano le multe severissime, previste nel caso di pubblicazione di intercettazioni non autorizzate, e non la presunta violazione di un principio costituzionale.

A riprova di questo, basta fare un piccolo esempio: in Emilia Romagna è stata implementata di recente una circolare del Ministero dell'Istruzione che proibisce agli insegnanti di "criticare o parlare male del governo". Un insegnante che il mese scorso aveva firmato una petizione contraria alla linea del governo è già finito nei pasticci. Questa si che è censura, questa sì che limitazione del sacrosanto diritto di parola e di opinione.

Come mai non abbiamo visto titoli a nove colonne contro questo chiaro abuso costituzionale? Come mai non abbiamo visto i direttori delle maggiori testate riunirsi in assemblea - addirittura con teleconferenza Milano-Roma - per chiedere il ritiro di questa circolare?

Perchè questo abuso, per quanto mille volte più grave dal punto di vista costituzionale, non li tocca direttamente.

Già è disgustoso vedere giornalisti di nome che di fatto tradiscono regolarmente la loro missione sociale, ma ancora più disgustoso è vederli appellarsi a certi principi, che dovrebbero difendere quotidianamnte, solo quando fa comodo a loro.

Massimo Mazzucco

fonte: www.luogocomune.net

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