domenica 10 ottobre 2010

La cattiva maestra televisione che porta alle mutazioni antropologiche


di Marco Stefano Vitiello
Non si sono ancora svolti i funerali della quindicenne assassinata dallo zio ad Avetrana, in Puglia, e già un’altra orribile storia di cronaca, questa volta dalla Liguria, si impone all’attenzione dei media.
Un ragazzo di 21 anni residente in Valbormida è stato arrestato dai carabinieri di Cairo Montenotte per aver violentato la sorellina di 2 anni della sua fidanzata. Gli episodi di molestie e di violenza andavano avanti da circa un mese.
Secondo le prime informazioni, a denunciare il ragazzo di 21 anni è stata la madre della bimba che si è accorta di quanto stava accadendo. La fidanzata era invece ignara degli abusi sulla sorellina.
E’ pressoché impossibile commentare una vicenda del genere, non la prima e, purtroppo, non l’ultima. Dinanzi all’innocenza violata bisognerebbe fermarsi, ragionare a freddo e attivarsi civilmente per scuotere le coscienze indolenti e distratte di tutti quei genitori che si ritrovano, dopo, a piangere disperatamente.
Ha scritto Massimo Gramellini su La Stampa “Noi giornalisti siamo colpevoli di abitare il mondo senza provare a cambiarlo ed è una colpa grave, lo riconosco.”
Non è sempre così, ci sono professionisti coraggiosi e impegnati che ogni giorno affrontano la realtà che li circonda proprio nel tentativo di cambiarla.
Il punto è un altro e non riguarda esclusivamente i media.

La nostra società ha abbandonato i valori dell’istruzione e dell’educazione nelle mani di una televisione dominata dal consumismo più becero associato ai peggiori stereotipi in un crescendo di violenza che tracima dallo schermo a ogni ora del giorno e della notte.
Qualcuno ha ironizzato sulla funzione della televisione definendola una comoda e gratuita “babysitter elettronica”,
salvo poi accorgersi che bambini e bambine, anche in tenerissima età, assumono comportamenti e modalità di relazione ispirati, quando non copiati del tutto, a personaggi che esaltano la superficialità più assoluta, il menefreghismo più radicale, la volgarità più becera.
Pier Paolo Pasolini aveva già intuito i cambiamenti sociali e culturali prodotti dalla massificazione televisiva. Iniziò ad accorgersi che tutti i giovani di borgata avevano iniziato a vestire, comportarsi, pensare in modo analogo. Se, prima di allora, per Pasolini si poteva distinguere un proletario da un borghese, oppure un comunista da un fascista, già agli inizi degli anni settanta non era più possibile: la società italiana si stava già omologando a macchia d’olio.
Pasolini chiamò questi fenomeni “mutazione antropologica”, prendendo a prestito il termine dalla biologia. In biologia la mutazione genetica è determinata prima dalla variazione e poi dalla fissazione. Nel caso della “mutazione antropologica” la variazione delle mode e dei desideri della collettività è decisa prima nei consigli d’amministrazione delle reti televisive nazionali e poi viene fissata nelle menti dei telespettatori tramite messaggi subliminali e pubblicità.
Karl Popper, nel saggio “Cattiva maestra televisione”, analizzava i contenuti dei programmi e gli effetti sugli spettatori televisivi, giungendo alla conclusione che il piccolo schermo è diventato ormai un potere incontrollato, capace di immettere nella società ingenti dosi di violenza. La televisione ha cambia radicalmente l’ambiente e, dall’ambiente così brutalmente modificato, i bambini, abbandonati davanti allo schermo senza nessun tipo di controllo, traggono i modelli da imitare.
Secondo Popper “Dobbiamo fermare questo meccanismo prima che sia troppo tardi perché la televisione è peggiorata. Se non si agisce, essa tende inesorabilmente a peggiorare per una sua legge interna, quella dell’audience”. Popper formulava più famigliarmente questa ineludibile regola come “legge dell’aggiunta di spezie che servono a far mangiare cibi senza sapore che altrimenti nessuno vorrebbe”.
Oggi la televisione raggiunge una grande quantità di bambini, più di quelli che neppure la più straordinaria e brava maestra d’asilo riesce a vedere nell’arco di una vita. Conta più dell’asilo e della scuola materna; si trova a fare il mestiere della maestra, ma non lo sa e per questo è una cattiva maestra, conclude Popper.
Non sarà, dunque, il caso di rivolgersi ai genitori e risvegliarli dal torpore che li distrae dalle esigenze primarie dei loro figli e renderli consapevoli del fatto che è stato messo su un gigantesco asilo d’infanzia, più importante, influente, seducente di tutti gli asili e le scuole del mondo?
Quante altre vittime innocenti, quanti altri mostri dovremo scoprire prima che una legge, adeguata e precisa, fermi la mano criminale dei produttori televisivi che cercano solo l’audience più ampia possibile, vogliono e diffondono sempre più pubblicità, lavorano solo per primeggiare nei network e hanno come solo fine il profitto aziendale e l’intrattenimento tossico delle masse?

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