domenica 18 dicembre 2011

Il male dell’Italia: la regressione culturale

Non sputo sul piatto che mi dà da mangiare. Non voglio far finta di nulla, tantomeno nascondere quello che sento dentro di me: dolore, tristezza, disperazione e molta fiducia.

di Cheikh Tidiane Gaye

Il titolo non è provocatorio. Non sputo sul piatto che mi dà da mangiare. Non voglio far finta di nulla, tantomeno nascondere quello che sento dentro di me: dolore, tristezza, disperazione e molta fiducia.
Ho di recente pubblicato sul sito di El Ghibli, rivista nota come finestra della Letteratura Migrante, uno scritto epistolare intitolato: "Lettera alla zia che compie 150 anni". Quando scrissi la lettera, cercavo di porre l'accento sull'importanza dell'integrazione, il rispetto verso l'altro e l'amore per la fratellanza. 
Oggi il fratellastro Casseri ha commesso un atto violento, barbaro, incivile che danneggia l'immagine del suo/nostro paese: l'Italia. Un atto da condannare indipendentemente da chi l'abbia commesso: italiano o straniero che sia.
Fratellastro, lo è. Malato di razzismo lo è. Non è l'unico.
Nelle aziende, nella vita comune, tanti sono come lui e lo nascondono. Il giorno in cui questo sentimento è esteriorizzato avviene una strage. Non faccio certamente parte di chi pensa che gli italiani siano tutti xenofobi e razzisti ma esorto tutti ad alzare lo sguardo, a gettare per sempre gli occhiali del pregiudizio e a saper cogliere il lato costruttivo del diverso.

Essere un paese ricco e molto sviluppato come il nostro fa sottintendere che sia garantito il rispetto dei diritti umani, delle minoranze ecc ..., ma non avviene sempre così. Un paese sviluppato può comunque essere il fanalino di coda sui temi dei diritti umani, non per nulla l'Organizzazione delle Nazioni Unite per i Rifugiati non apprezza le nostre politiche sull'Immigrazione.

Non vi è ratio per determinare il livello d'integrazione, il rispetto dei diritti civili, l'inclusione dei propri stranieri nel tessuto socio-politico e culturale. Quando in un paese gli stranieri sono terrorizzati e ammazzati, umiliati, sottovalutati, emarginati, esclusi fino a essere considerati come una minaccia, ci si scontra con un problema: strappare per sempre le radici dell'odio e della discriminazione ponendosi quale obiettivo quello di partorire una nazione egualitaria al fine di dare opportunità identiche ai propri cittadini. Ricordo che in una società civile si dovrebbe promuovere chi è bravo, chi è in grado di portare un contributo alla collettività e non chi ne fa parte solo per motivi di sangue. Gli italiani d'America che non parlano l'italiano non sono italiani. Il paese ha un ruolo importante, far sì che i suoi figli non si dividano, non si odino, non si ammazzino, non versino il loro sangue, non si combattano tra di loro, non si ghettizzino, non si respingano, non si escludano, ed offrire ai suoi cittadini le stesse chance per fondare l'idea di paese-nazione il cui termine forgia amore, condivisione e obiettivi comuni. Non è tardi per dare alla luce questo modello di paese. Per arrivare al paese della Libertà, alla terra dell'Uguaglianza e costruire il tetto della Fratellanza occorre unire le nostre forze, rispettarci e amarci. Considerare l'Altro come ricchezza senza temerlo e non come la causa del nostro fallimento.

L'evento, che ha fatto versare l'inchiostro dei giornalisti italiani e di tutta la stampa internazionale sul nostro paese, è da condannare. Nel terzo millennio non si può morire per motivi di discriminazione. Non è la prima volta che questo accade e spero non accada mai più, ma temo che ricapiterà in futuro. Per una regressione culturale manifestatasi nell'ultimo decennio, caratterizzato dalla rinascita dei partiti della destra xenofoba, predicatori dell'odio razziale, euroscettici e profeti dell'ideologia nazista, la nostra cara Italia sta diventando un paese sempre più chiuso e intollerante.

Non mi soffermo a elencare nomi e cognomi delle persone aggredite e uccise in passato: la lista non potrà mai essere esaustiva. Sappiamo che rom, zingari e neri sono maggiormente esposti e sappiamo che alcuni politici usano l'immigrazione per ottenere voti. Allora mi chiedo: perché dobbiamo condannare un popolo, un'etnia o un'intera comunità per interessi politici? La storia non ha insegnato nulla ai nostri politici perché continuino a provocare questo genere di squilibri? Ora evitiamo di fingere. L'Italia ha una tradizione nota e stranota: più di quattro milioni d'italiani si sono sparsi per il pianeta alla ricerca di fortuna fino a perdere la loro italianità. C'erano i "bravi", i meno bravi e i delinquenti. E ci sono stranieri che vivono in Italia ormai da molti anni e hanno acquisito il DNA dell'italianità nel corpo. Che siano gialli, neri, mulatti non è importante. Il valore di questi cittadini naturalizzati italiani è intrinseco per chi non giudica con dietrologie. Questi cittadini si alzano la mattina, lavorano, contribuiscono, parlano l'italiano, mandano i loro figli a scuola, questi ultimi si laureano e domani arriveranno nelle stanze decisionali del paese, nolens, volens. È proprio così. La non concessione della cittadinanza ai figli d'immigrati nati in Italia, il non riconoscimento del voto agli stranieri, la scarsa e infame semiologia dell'immigrazione sono vecchi sintomi che la politica non ha curato e si sta trascinando dietro da anni. Ecco oggi il risultato. La regressione culturale continua a potenziare le reti fasciste e xenofobe che danneggiano l'immagine e l'affidabilità del nostro paese.

Due senegalesi hanno perso la vita, due brave persone vittime di un'ideologia fomentata da pessimi politici, hanno pagato un prezzo elevato, come accaduto ai loro avi africani: schiavi, odiati, torturati e uccisi in America.

Due corpi saranno seppelliti in Senegal, nel paese che nella civiltà antica fu da sempre considerato terra della Teranga ovvero, dell'accoglienza e dell'ospitalità.

Dormiranno per sempre nell'onore e nella dignità. Erano umili, persone per bene che non spacciavano, non rubavano, in Italia alla ricerca della sopravvivenza.

Torneranno fieri nella terra che li ha partoriti, nell'umiltà e nella dignità. Torneranno con il volto coperto d'amore e di fedeltà: la loro missione era sfamare bocche oneste.

Torneranno nel ricco paese, nella terra che si alza al canto del gallo la mattina per andare a lavorare.

Torneranno degni: il colore della loro pelle ferita e insanguinata è di nuovo rispettato. Quella pelle, una volta calpestata, rinasce.

Sono morti nell'onore e nella dignità. Dalla loro morte nasca la Libertà! Due vittime che amavano l'Italia.

Occorre fermare la deriva populista e iniziare immediatamente a lavorare per la società dei diritti e dei doveri e non della paura. Che la politica si appropri di una nuova semiologia dell'immigrazione, si attrezzi di un nuovo sistema, che non escluda nessuno e inizi, da subito, a insegnare nelle scuole la storia della schiavitù e del colonialismo, i cui eventi hanno fatto nascere la discriminazione, il razzismo e l'intolleranza.

Ribadisco: le vittime amavano l'Italia.

Lottiamo per fermare il razzismo.

Lottiamo perché tutto ciò non avvenga mai più.

Lottiamo perché fiorisca l'amore tra i popoli. Il migliore è chi sa abbracciare il prossimo.

Che rinasca l'Italia dell'Amore!

12 commenti:

  1. Ciao Arianna!
    Hai ragione,è un bel post, l'amore incondizionato è la chiave!
    Grazie e buona domenica :)
    Namastè

    RispondiElimina
  2. il frutto di una società insana, malata e decadente è sempre l'odio razziale e il fascismo; abbiamo compreso poco della lezione che viene dal '900 o forse l'abbiamo dimenticata!??!

    RispondiElimina
  3. Ciao Rosa e buona domenica, la strage di firenze è stata anomala, molto anomala e te lo dico con cognizione di causa, troppi fattori senza senzo dallo svolgimento cronologico dei fatti alla modalità di esecuzione anche l'esecutore non mi convince, la sua casa svuotata il suo computer sparito temo che sotto ci sia qualche cosa di tremendo, che sia l'ennesima vittima sacrificale manipolata atta ad ottenere lo scontro sociale, il disordine, d'altra parte al momento serve qualche cosa che distragga dagli eventi, spero che chi ha ordito questo abbia fallito e che la fratellanza trionfi e non ci sia brace che cova sotto la cenere.
    Ciao Rosa

    RispondiElimina
  4. Caro Cirano, il problema, purtroppo, è che abbiamo la memoria corta, praticamente assente.
    E di questo, il potere e le sue componenti dalle tinte più fosche, approfittano.
    Il razzismo è malattia dell'anima e della mente, può essere curata solo con una cultura dell'accoglienza e della fratellanza.
    Un abbraccio e buona domenica.
    Namastè

    RispondiElimina
  5. Ciao Zak, è assolutamente possibile quel che tu dici! Vittime come queste potrebbero "accendere la miccia". Però, per quanto mi riguarda, quel che mi offende e mi preoccupa è che su questi argomenti avvenga questo tentativo. Che si scelgano ancora orrori come il razzismo per sviluppare e fomentare la rabbia e l'odio...
    Che poi sia un tentativo "orchestrato", dimostra soltanto che su questi argomenti è sin troppo facile fare presa.
    La strada è l'amore, la fratellanza, l'unione degli intenti ed il reciproco scambio, sino a che non avremo capito questo, non ci sarà un gran bel futuro per questa Umanità...anzi, forse non ci sarà proprio nessun futuro!
    Un abbraccio caro amico e buona domenica.
    Namastè

    RispondiElimina
  6. Brava Rosa, come sempre. Ottimo post. Scriveva Hannah Arendt nel luglio 1950: "Vivere realmente significa realizzare questo presente, un mezzo tra i tanti è il non-dimenticare mai..."
    E noi invece abbiamo dimenticato.
    Ciao cara amica e grazie!
    Lara

    RispondiElimina
  7. Cara Lara...credo che il meccanismo della memoria sia fondametale. Non tanto per la vuota retorica della commemorazione, ma per potere concentrare l'insegnamento che la storia ci regala.
    Allora come oggi, però, la risposta è sempre la stessa e sta in un mondo senza frontiere improntato all'amore ed alla fratellanza.
    Grazie amica mia, ti abbraccio e buona domenica!
    Namastè

    RispondiElimina
  8. Purtoppo è iniziata una guerra culturale, economica e sociale, in cui le prime vittime da colpire sono i diversi.
    Siamo ancora lontani dalla dichiarazione universale dei diritti umani, e dall'articolo che tu hai Ben messo in evidenza nel tuo blog..

    RispondiElimina
  9. Ciao Max, sì siamo molto lontani, ma forse si son solo sprecate parole, in cui nessuno davvero credeva...ipocrisie formali che servivano a celare le cattive intenzioni e a fare contenti gli illuministi, delle mille rivoluzioni inutili del 900.
    Le abbiamo messe anche per iscritto, sempre per pacificare la coscienza, ed illudere giacobini e sanculotti, ma chi comandava non ci ha mai creduto davvero ed ancor meno ci crede ora, alle soglie di un nuovo medioevo.
    Mentre massoni e gesuiti proseguono imperterriti la loro lotta senza quartiere per il potere, quello vero.
    E a rimetterci per primi, sempre gli stessi, gli ultimi, i diversi, i migranti.
    Buon pomeriggio Max, un abbraccio.
    Namastè

    RispondiElimina
  10. Io sono molto perplessa per quel computer che pare sia stato prontamente manomesso, da chi? personalmente trovo molto più razzista l'episodio di Torino.

    RispondiElimina
  11. Ciao Sara, lo sono altrettanto, temo, e sono segno della medesima follia.
    E' vero, la manomissione del computer dà al tutto un senso di grevità e premeditazione, molto molto brutto.
    Torino è la bestia che si scatena e forse in questo senso è maggiormente preoccupante.
    Un abbraccio cara e felice sera :)
    Namastè

    RispondiElimina

La moderazione dei commenti è stata attivata. Tutti i commenti devono essere approvati dall'autore del blog.
Non verranno presi in considerazione gli interventi non attinenti agli argomenti trattati nel post o di auto-promozione.

Grazie.