Riccardo Bottazzo (Terra Nordest)        
L'INCONTRO. Yaqub Ibrahimi a Ca’ Farsetti: «La gente  è contro il fondamentalismo islamico ma i governi occidentali non lo  contrastano». 
 Nove anni fa, il fratello minore del giornalista Yaqub Ibrahimi,  studente in una facoltà di Kabul, scrisse su un blog studentesco che,  secondo lui, le donne erano uguali agli uomini. L’inconcepibile opinione  lo portò di filato in galera per blasfemia. E sarebbe ancora là, a  marcire dietro le sbarre, se il fratello Yaqub, che nel frattempo era  diventato un affermato corrispondente dell’Institute for War and Peace  Reporting, non fosse riuscito a smuovere l’opinione pubblica sino a  tirarlo fuori nel 2010. Da sottolineare che a spedirlo per otto anni in  galera per bestemmie non furono i talebani ma quel regime “democratico”  che gli eserciti europei stanno difendendo a furia di bombardamenti  indiscriminati.
Nove anni fa, il fratello minore del giornalista Yaqub Ibrahimi,  studente in una facoltà di Kabul, scrisse su un blog studentesco che,  secondo lui, le donne erano uguali agli uomini. L’inconcepibile opinione  lo portò di filato in galera per blasfemia. E sarebbe ancora là, a  marcire dietro le sbarre, se il fratello Yaqub, che nel frattempo era  diventato un affermato corrispondente dell’Institute for War and Peace  Reporting, non fosse riuscito a smuovere l’opinione pubblica sino a  tirarlo fuori nel 2010. Da sottolineare che a spedirlo per otto anni in  galera per bestemmie non furono i talebani ma quel regime “democratico”  che gli eserciti europei stanno difendendo a furia di bombardamenti  indiscriminati.Evidentemente, qualcosa non quadra tra la realtà di quanto succede nell’Afghanistan e la spettacolarità di quanto ci viene giornalmente comunicato dalle nostre televisioni e dalla maggior parte della carta stampata, troppo presa a commemorare con tutti gli onori del caso l’ultimo alpino caduto di una serie che pare non aver fine. è proprio per spiegare quella guerra che non trova spazio nei nostri giornali che Yaqub, recentemente insignito del premio Anna Politkovskaja per le sue inchieste sui signori della guerra, ha incontrato ieri mattina i colleghi giornalisti italiani per un intenso scambio di opinioni. L’incontro è stato organizzato dall’associazione “Insieme si può” di Belluno e si è svolto a Ca’ Farsetti, sede del Comune di Venezia.
«Se parlate con un afghano trovato per la strada vi dirà che non ha idea  di cosa sia questo terrorismo che gli eserciti di occupazione dicono di  voler combattere – ha spiegato Yaqub – quello che lui vede sono soldati  stranieri che fanno la guerra ad altri afghani. La maggior parte della  gente è contro il fondamentalismo islamico ma nessuno, tanto meno i  governi occidentali, fanno qualcosa per contrastarlo davvero. Tutti  sanno che i talebani vengono addestrati in Pakistan. Eppure nessuno fa  pressioni politiche su questo Paese. Tutti sanno che in Afghanistan c’è  gente che muore di fame e che i soli aiuti che ricevono vengono dai  talebani. Non meravigliamoci quindi se le file dei fondamentalisti, ad  ogni bombardamento degli eserciti stranieri, si ingrossano ogni giorni  di più».
Dei milioni di euro e di dollari che vengono investiti dalla comunità  internazionale sotto la voce “aiuti all’Afghanistan”, spiega Yaqub,  nessuno va ad opere di pace e di sostegno alle popolazioni ma vengono  spartiti tra i burocrati che amministrano il Paese, i signori della  Guerra e gli stessi fondamentalisti. Tre categorie che si stanno  fagocitando tutto l’Afghanistan col digestivo degli aiuti  internazionali.
«Finché permangono le condizioni di guerra, sono loro i veri ed  incontrastati padroni del Paese – conclude Yaqub -. Ma c’è anche un  altro Afghanistan che nessuno racconta e che tutti i giorni combatte su  più fronti: contro le forze di governo, contro i signori della guerra e i  loro alleati occidentali e contro un fondamentalismo islamico che ogni  giorno diventa più potente. Un fondamentalismo che trae forza vitale  proprio dalla guerra contro il terrorismo. Perché non si può vincere il  fanatismo con i carri armati ma con le scuole, la giustizia e la  democrazia». Inevitabile a questo punto la domanda provocatoria di un  collega (che non è mai stato in Afghanistan): lei si dice contrario agli  aiuti militari inviati dai governi democratici, ma ha pensato a cosa  succederebbe se domani tutti gli eserciti abbandonassero il suo Paese?  Lapidaria la risposta di Yaqub: «Succederebbe la pace. Che altro? Una  domanda del genere la può porre solo chi non conosce la realtà civile  afghana. Ci sono partiti, movimenti e associazioni che hanno bene in  testa la strada da percorrere per salvare il paese. è una strada che  passa per ideali come la giustizia, la democrazia, l’uguaglianza e la  pace. Ma è una strada che non possiamo percorrere sino a che  l’occupazione straniera alimenta il fondamentalismo e lascia carta  bianca ai signori della guerra che fanno il bello e il cattivo tempo nel  paese».
 
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