martedì 1 marzo 2011

Panama, accordo fatto. Gli indigeni difendono le terre

Alessandro Grandi
Gli indios rifiutano le nuove norme della riforma Mineraria. Stop allo sfruttamento di oro e rame nelle terre dei nativi. Dal primo marzo al via le trattative con il governo.

Dopo giorni di manifestazioni e blocchi stradali, il governo di Ricardo Micheletti e le organizzazioni indigene che protestavano contro la riforma del Codice Minerario (approvata nei primi giorni di febbraio dal governo), sono giunte ad un accordo.
Sembrava quasi impossibile nei giorni scorsi, nonostante l'impegno del presidente a non sviluppare il settore e sfruttare le aree dove vivono gli indios Ngabe Buglè. Troppo poco per le comunità indigene panamensi. Impossibile immaginare aree sfruttabili e altre no. Il paese è ricco di riserve di oro e rame. Il loro sfruttamento, secondo il governo, potrebbe rivelarsi decisivo per le casse dello Stato e diventare il secondo fiore all'occhiello dell'economia nazionale dopo il canale.
Secondo le comunità i profitti da loro derivanti sarebbero andati a riempire le tasche delle solite multinazionali straniere, oltre ad intaccare per sempre la natura.
Un film visto e stravisto in quasi tutti i Paesi del continente americano. Da lì è partito lo scontro. Con il governo, da una parte, a sostenere la sua riforma, cercando di convincere i più che le maggiori tasse pagate dalle imprese concessionarie sarebbero andate a coprire la spesa sociale. E le comunità indigene dall'altra, appoggiate dalle organizzazioni ambientaliste, che rifiutavano qualsiasi compromesso che mettesse a repentaglio l'ambiente e andasse ad arricchire governi stranieri.
Dunque, dopo aver bloccato le principali arterie stradali del paese, e soprattutto l'importantissima Panamericana, che collega Panama con la Costa Rica, marciato in quasi tutte le regioni, essersi scontrati con le forze dell'ordine e aver assistito a una ventina di arresti, le comunità indigene hanno accettato di sedersi al tavolo del dialogo, come auspicato anche dalla Conferenza Episcopale Panamense, buona mediatrice nella vicenda che avrebbe potuto anche sfuggire dal controllo di entrambe le parti.
Pedro Rodriguez, leader dell'area Ngabe Buglè, ha fatto sapere che l'accordo con il governo prevede sei punti cardine ed entro breve verrà proposto alle popolazioni che in autonomia decideranno se accettarlo oppure no. Tramite l'attuazione dell'accordo il governo si impegna a creare una legge che proibisca in modo esplicito l'esplorazione e lo sfruttamento delle risorse minerarie nei territori indigeni. In più, tutte le persone arrestate durante le proteste dovranno essere liberate.
In cambio le comunità indigene si ritireranno dalle strade che hanno occupato lasciando che il traffico torni alla normalità. Per il momento Micheletti ha espresso soddisfazione per l'apertura delle trattative che inizierà il 1 marzo fra rappresentanti del governo e i leader della Coordinadora por la Defensa de los Recursos Naturales y Derecho del Pueblo Ngabe Buglé.
E poi, forse a voler calmare le acque quanto più possibile, Micheletti ha fatto sapere di non essere a conoscenza dell'esistenza di un progetto della coreana Kores, che avrebbe già ricevuto il via libera dall'amministrazione di Panama. Notizia che però sarebbe in contrasto con quella pubblicata da Shanghai Metals Market, un autorevole sito d'informazione sugli affari relativi ai metalli in Cina. Secondo il sito, infatti, la Kores avrebbe previsto un investimento di 20 milioni di dollari in un progetto sul rame di Panama.

http://it.peacereporter.net/articolo/27117/Panama%2C+accordo+fatto.+Gli+indigeni+difendono+le+terre

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