martedì 2 novembre 2010

E’ TEMPO DI UNA NUOVA TEORIA DEL DENARO

di Ellen Brown
dal sito Webofdebt

traduzione di Gianluca Freda
http://blogghete.blog.dada.net/

Il motivo per cui il nostro sistema finanziario viene a trovarsi periodicamente nei guai, con ondate periodiche di depressione come quella contro la quale combattiamo oggi, può essere ricercato in un’errata percezione non solo delle regole che stanno alla base del sistema bancario e del credito, ma della natura stessa del denaro. Durante la nostra adolescenza economica, eravamo abituati a guardare al denaro come a un “oggetto”, qualcosa di indipendente dalla relazione che esso mira ad agevolare. Ma oggi non vi sono più oro o argento a supporto della nostra moneta. Essa viene invece creata dalle banche quando concedono prestiti (ciò include le banconote della Federal Reserve o dollari, che sono creati dalla Federal Reserve, una corporazione appartenente a banche private, e poi prestati all’economia). Virtualmente, tutta la moneta oggi circolante ha origine come credito o come debito, cioè come un semplice impegno legale a pagare qualcosa nel futuro.

Denaro come relazione
In un’illuminante dissertazione intitolata “Verso una teoria generale del credito e della moneta”, pubblicata su The Review of Austrian Economics (vol. 14:4, pagine 267-317, 2001), Mostafa Moini, professore di economia presso l’Università di Oklahoma City, sostiene che il denaro non è mai realmente stato un “bene” o un “oggetto”. Esso è sempre stato una mera “relazione”, un impegno legale, un concordato credito/debito, il riconoscimento di un debito dovuto unito alla promessa di ripagarlo.
Il concetto di “denaro come bene” può essere fatto risalire all’utilizzo di monete in metallo pregiato. L’oro è ampiamente accreditato come la più antica e più stabile valuta mai esistita, ma questo in realtà non è vero. Il denaro non è iniziato con le monete d’oro per poi evolversi in un sofisticato sistema contabile. E’ iniziato invece come sistema contabile per poi evolversi nell’utilizzo di monete di metallo pregiato. Il denaro come “unità contabile” (cioè come ricevuta di somme a debito e a credito) ha anticipato il denaro come “unità di valore” (“bene” o “oggetto”) di molti millenni; la civiltà sumera e quella egizia, che utilizzavano questo sistema di contabilità nei pagamenti, non sono durate qualche centinaio di anni (come è avvenuto per alcune civiltà che utilizzavano l’oro), ma migliaia di anni. I loro antichi sistemi di pagamento simil-bancari erano sistemi pubblici, gestiti dal governo con gli stessi criteri con cui oggi vengono gestiti i tribunali, le biblioteche e gli uffici postali.
Nel sistema di pagamento in uso presso gli antichi sumeri, ad ogni bene veniva attribuito un valore in termini di peso ed esso veniva confrontato con altri beni a partire da queste unità di misura. L’unità di peso era lo “shekel”, che in origine non era una moneta ma un’unità di misura standardizzata. La parola “she” significava “orzo”, il che fa pensare che l’unità di misura originaria fosse riferita al peso dei cereali. Ogni altro bene veniva confrontato con essa in base al peso: tot “shekel” di frumento equivalevano a tot mucche, che equivalevano a tot “shekel” d’argento, e così via. I prezzi dei beni più diffusi erano stabiliti dal governo; Hammurabi, sovrano e legislatore di Babilonia, aveva tavole dei prezzi assai dettagliate. Anche l’interesse era fisso e invariabile, il che rendeva la vita economica molto prevedibile.
I cereali venivano immagazzinati nei granai, che servivano come una specie di “banca”. Ma i cereali erano deperibili, così a un certo punto l’argento divenne il riferimento standard per rappresentare le somme dovute. Un contadino poteva andare al mercato e scambiare i suoi beni deperibili con un certo peso in argento, per poi tornare, quando lo desiderava, a riscuotere il suo credito verso il mercato, ottenendone altri beni di cui aveva bisogno. Ma la moneta era ancora una semplice ricevuta che certificava l’esistenza di un debito e il diritto a poterlo successivamente riscuotere. Un po’ alla volta, le ricevute in argento diventarono ricevute in legno, poi ricevute in carta, infine ricevute elettroniche.

La rivoluzione del credito
Il problema delle monete d’oro stava nel fatto che di esse non vi era quantità sufficiente per far fronte alle necessità del commercio. Il rivoluzionario progresso dei banchieri medievali fu che essi riuscirono a creare una moneta flessibile, in grado di tenere il passo con un traffico mercantile in vigorosa espansione. Ci riuscirono grazie all’utilizzo del credito, qualcosa che avevano creato consentendo prelievi allo scoperto sui conti dei loro clienti. Grazie a ciò che verrà poi chiamato “riserva frazionaria”, i banchieri rilasciavano ricevute cartacee chiamate banconote per maggiori quantità di oro di quelle che realmente possedevano. I mercanti loro clienti sarebbero così salpati con le loro mercanzie e sarebbero poi tornati con oro o argento, saldando i conti e permettendo ai registri bancari di tornare in equilibrio. Il credito così creato era fortemente richiesto in un’economia in rapida espansione; ma poiché si fondava sulla presunzione che il denaro fosse un “oggetto” (oro), i banchieri erano costretti a prodursi in un gioco delle tre carte che li cacciava periodicamente nei guai. Essi scommettevano sul fatto che i loro clienti non sarebbero mai venuti tutti insieme a chiedere la restituzione del proprio oro; ma quando facevano male i loro calcoli o quando la gente diventava sospettosa per qualche motivo, avveniva un assalto alle banche, il sistema finanziario collassava e l’economia sprofondava nella depressione.
Oggi la moneta cartacea non è più convertibile in oro, ma il denaro viene ancora percepito come un “oggetto” che deve “essere lì” prima che il credito possa essere concesso. Le banche si dedicano ancora alla creazione di denaro, estendendo il credito bancario, che si trasforma in deposito sul conto di chi richiede il prestito, che si trasforma in disponibilità di cassa. Tuttavia, per poter liquidare tutti gli assegni in uscita, le banche devono prendere il denaro a prestito da un gran numero di depositi dei loro clienti. Se non hanno depositi a sufficienza, devono prenderlo a prestito dai mercati o da altre banche.
Come osserva l’autrice britannica Ann Pettifor:
“Il sistema bancario... ha fallito nel suo obiettivo principale: quello di agire come meccanismo per immettere denaro nell’economia reale. Invece, il sistema bancario ha ribaltato la propria funzione, diventando un meccanismo per ottenere prestiti”.
Le banche risucchiano denaro a basso interesse e lo restituiscono come denaro ad alto interesse, sempre ammesso che lo restituiscano. Le banche controllano i rubinetti del denaro e possono negare credito ai piccoli operatori, che finiscono per fallire a causa dei prestiti contratti, per consentire ai grossi operatori che hanno accesso al credito a basso interesse di acquistare a poco prezzo gli attivi disponibili.
Questo è uno dei “buchi” sistemici del modello attuale. Un altro sta nel fatto che il denaro che le banche prendono a prestito per sostenere i crediti che concedono viene da prestiti a breve termine. Come l’istituto di credito sull’orlo del fallimento di Jimmy Stewart in La vita è meravigliosa, le banche “richiedono prestiti a breve termine per concedere crediti a lungo termine” e se il mercato monetario improvvisamente resta a secco, le banche si ritrovano nei guai. Questo è quanto è avvenuto nel settembre 2008: secondo quanto dichiarato a C-Span dal repubblicano Paul Kanjorski nel febbraio 2009, c’è stato un assalto da 500 miliardi di dollari ai mercati monetari.
   
Securitizzazione: “monetizzare” i prestiti non con oro ma con immobili
I mercati monetari sono parte del “sistema bancario ombra” in cui grandi investitori istituzionali parcheggiano i loro fondi. Il sistema bancario ombra permette alle banche di aggirare i requisiti di capitale e riserve oggi imposti agli istituti di credito, grazie alla possibilità di rimuovere dai registri le somme prese a prestito. I grandi investitori istituzionali utilizzano il sistema bancario ombra perché il sistema bancario tradizionale garantisce i depositi solo fino a 250.000 $ e molti grandi investitori hanno bisogno di spostare quotidianamente cifre molto più alte di questa. Il mercato monetario ha un alto livello di liquidità e a proteggerlo, anziché la garanzia della FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation), vi è la “securitizzazione”, cioè il fatto che esso sia garantito da beni reali di qualche tipo. Spesso la garanzia accessoria consiste nelle “mortgage-backed securities” (MBS), cioè le obbligazioni fondate sui mutui, unità di securitizzazione nelle quali il patrimonio immobiliare americano è stato affettato e impacchettato, a mò di salsiccia. 
Così come nel corso del 17° secolo una stessa unità d’oro poteva essere prestata più volte contemporaneamente, anche una stessa casa può oggi fungere da “security” per diversi gruppi d’investimento allo stesso tempo. Ciò viene fatto dietro la protezione di una cortina elettronica chiamata MERS (Mortgage Electronic Registration Systems, Inc.) che permette agli immobili di transitare attraverso proprietari multipli e continuamente variabili, aggirando le leggi locali relative alla registrazione. Ma proprio come avveniva nel 17° secolo, questo schema mostra la corda quando più di un gruppo d’investimento cerca di avviare la procedura fallimentare. Così, il modello di securitizzazione si è ormai schiantato contro la dura roccia di centinaia di anni di legislazione statale sugli immobili, la quale richiede requisiti che le banche non rispettano e non possono rispettare, se devono ottemperare alle norme fiscali in materia di obbligazioni garantite da mutui. (Per saperne di più su questo argomento, vedere qui).
I banchieri si ritrovano coinvolti in una frode colossale, non necessariamente perché fossero partiti fin dall’inizio con intenzioni criminali (benché tale circostanza non si possa escludere), ma perché è stato loro richiesto di agire in questo modo allo scopo di procurarsi beni (in questo caso immobili) per garantire i prestiti contratti. E’ così che funziona il nostro sistema: le banche non hanno più lo scopo di creare credito per poi estenderlo a noi, contando sulla nostra futura produttività per ottenerne la restituzione, come facevano un tempo sotto la maschera ingannevole ma funzionale della riserva frazionaria. Invece, esse prosciugano tutto il nostro denaro e poi ce lo prestano a interessi più alti. Con il sistema bancario ombra, esse stanno risucchiando i nostri beni immobili per poi ridarceli in prestito, gravati da interessi composti, sotto forma di fondi pensione o fondi assistenziali. Il risultato è uno schema piramidale matematicamente insostenibile e intrinsecamente votato al fallimento sistemico. 

La soluzione del credito pubblico
Le pecche del sistema attuale vengono ormai denunciate da tutti i principali media ed è probabile che esso sia sul punto di crollare. La domanda è: da cosa verrà rimpiazzato? Qual è la prossima logica fase della nostra evoluzione economica?
Il credito deve venire al primo posto. Come collettività noi siamo in grado di creare il nostro credito, senza doverci per forza ingolfare nell’impossibile schema piramidale in cui dobbiamo sempre prendere a prestito da Pietro per pagare a Paolo gli interessi composti. Possiamo evitare la voragine del credito gestito da privati tramite un sistema di credito pubblico, un sistema che scommetta sulla futura produttività dei suoi membri, garantita non da “oggetti” furtivamente spostati avanti e indietro in un gioco delle tre carte sempre a rischio di essere smascherato, ma dalla collettività stessa.
Il modello più semplice di credito pubblico è il sistema di valuta della comunità elettronica. Consideriamo ad esempio il sito chiamato “Friendly Favors”. La comunità di internet che vi partecipa non deve partire con un fondo di capitale o con riserve di denaro, come viene oggi richiesto agli istituti bancari privati. Né i membri ricevono prestiti da un fondo monetario preesistente pagando interessi ai proprietari del fondo stesso. Essi creano da soli il proprio credito, semplicemente iscrivendo un debito sul proprio account e segnandolo a credito di qualcun altro. Se Jane cuoce dei biscotti per Sue, Sue iscrive “5 favori” a credito di Jane e ne addebita 5 a se stessa. In questo modo essi “creano” denaro esattamente come fanno le banche, ma il risultato non è inflazionario. Il “più 5” di Jane è controbilanciato dal “meno 5” di Sue e quando Sue ripagherà il suo debito facendo qualcosa per qualcun altro, i conti torneranno. E’ un gioco a somma zero.
I sistemi valutari delle comunità di internet possono essere molto funzionali su piccola scala, ma poiché non commerciano in valuta nazionale, tendono ad essere troppo limitati per imprese e progetti su larga scala. Se mai dovessero ingrandirsi in modo sostanziale, potrebbero far fronte ai problemi relativi al tasso di cambio che affliggono le piccole nazioni. Sono essenzialmente sistemi di baratto, non progettati per fornire credito su ampia scala.  
L’equivalente funzionale del sistema valutario delle comunità si può ottenere utilizzando la valuta nazionale, attraverso la creazione di una banca a proprietà pubblica. Trasformando il sistema bancario in un servizio pubblico gestito a beneficio della collettività, è possibile conservare le virtù del sistema di espansione creditizia dei banchieri medievali, evitando al tempo stesso lo sfruttamento parassitario cui gli schemi bancari appaiono inclini. I profitti generati dalla comunità potranno essere restituiti alla comunità.
Una banca pubblica in grado di generare credito in valuta nazionale potrebbe essere fondata da una collettività o da un gruppo di qualunque dimensione, ma fino a quando avremo vincoli di riserve e capitale minimo e altre rigorose normative bancarie di questo tipo, uno stato sarà l’opzione più praticabile. Uno stato può facilmente rispettare questi requisiti senza mettere a rischio la solvibilità della collettività che ne è proprietaria.
Come capitale, una banca di stato potrebbe utilizzare una parte del denaro oggi stanziato in una molteplicità di fondi pubblici. Questo denaro non ha bisogno di essere speso. Deve solo essere spostato dagli investimenti di Wall Street dov’è parcheggiato attualmente nella nuova banca di stato. Esiste un precedente in grado di farci capire che una banca di stato può rappresentare un investimento assai solido e lucrativo. La Banca del North Dakota, che è attualmente l’unica banca del paese di proprietà dello stato, ha un rating AA e di recente ha restituito allo stato un profitto del 26 per cento. Negli Stati Uniti sta crescendo un movimento decentralizzato per esplorare ed implementare questa opzione. [Per maggiori informazioni vedere www.public-banking.com ].
Siamo emersi dalla crisi finanziaria con una nuova consapevolezza: il denaro oggi non è altro che credito. Quando il credito è concesso da una banca, quando la banca è posseduta dalla collettività e quando i profitti ritornano alla collettività, il risultato può essere quello di un sistema finanziario funzionale, efficiente e sostenibile.      

1 commento:

  1. Mi piacerebbe tanto parlare del signoraggio, il vero scandalo finanziario da quando il denaro mondiale non è più agganciato all'oro, e circola sotto forma di contante elettronico.
    In che mondo viviamo!
    Ciao

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