mercoledì 24 novembre 2010

MORTI DI LAVORO


di Giulio Cavalli
Alla fine due settimane di agonia non sono servite: Arun Zeqiri è morto durante la notte tra venerdì e sabato mentre fuori Milano si beveva il week end. Arun è uno degli operai albanesi rimasti feriti dopo lo scoppio alla Eureco di Paderno Dugnano. Operosa Padania: dove gli stranieri rubano e scippano sempre di più sui comunicati stampa che nelle statistiche, dove i migranti si arrampicano per elemosinare “sensibilità” istituzionale in mezzo al pantano di una legge indegna e nemmeno funzionale (la “Bossi-Fini”, dove Fini sta per quel nuovo eroe di “legalità e Costituzione” che vorrebbe darci a bere il suo nuovo grembiulino da vergine), e dove gli albanesi “legali” rimangono legalmente cotti dentro il proprio posto di lavoro.

Arun Zeqiri era ricoverato al Centro Traumatologico di Torino dove hanno cercato di spegnere le ustioni che avevano ricoperto l’80% del suo corpo. La sua morte si aggiunge a quella di Sergio Scapolan.

Le misure di sicurezza sul lavoro che funzionano più di tutte in Italia sono i moti di solidarietà post mortem: arrivano pochi secondi dopo il primo lancio dell’Ansa e durano per un paio di giorni. A Arun è andata peggio. Morire così tanti giorni dopo ti lascia galleggiare nell’oblio dove anche i comunicati stampa si sono affaticati. Eppure non è così lontana quella notte tra il 5 e 6 dicembre in cui sette operai vennero investiti (proprio come a Paderno) da olio bollente. Morirono tutti uno dopo l’altro. In molti urlarono << mai più Thyssen! >>. A vederlo da fuori veniva quasi voglia di crederci. Veniva quasi voglia di essere ottimisti che per davvero l’imprenditoria italiana avrebbe imparato che la sicurezza sul lavoro fosse l’investimento migliore per la propria azienda, lasciando da parte una volta per tutte quel vecchio adagio sicurezza=costo che sembrava un comandamento più degno di un clan che di uno Stato sociale. Avevamo partecipato alle tavole rotonde dove si chiedeva al Governo (di qualsiasi colore) che i controlli non fossero passerelle giusto per il tempo di emettere fattura quanto piuttosto l’esercizio severo della Responsabilità dello Stato verso i propri cittadini. Avevamo sentito (e auspicato) un’imprenditoria che voleva essere veramente “moderna” e “europea” nella visione di sicurezza, applicandosi più sui metodi che sulle carte messe a posto. Poi il dibattito piano piano sulla stampa e sulla televisione “di pancia” (quella che disinforma il 75% degli italiani) si è spento. Le morti sul lavoro sono continuate rispettando le più tetre statistiche, senza funerali di Stato o bandiere.
È rimasto soltanto l’eco di quel “mai più Thyssen!”: non ha fatto in tempo a spegnersi e la Thyssen è arrivata qui. A Paderno Dugnano.

link: http://www.gliitaliani.it/2010/11/morti-di-lavoro/

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