martedì 2 novembre 2010

Nei cassonetti un 'tesoro' da 36 milioni di euro in abiti usati, bel peso in termini di riciclo



Roma, 2 nov. (Adnkronos) - Nei cassonetti italiani finisce un 'tesoro' da 36 milioni di euro in abiti usati. Un tesoro milionario che si potrebbe recuperare dal costo di smaltimento dei rifuti urbani se la frazione tessile fosse recuperata adeguatamente.

Tra vestiti, maglioni, camicette, pantaloni e accessori vari smessi, gli italiani potrebbero recuperare rifiuti tessili, con una raccolta differenziata mirata, da 3 a 5 chili pro-capite l'anno che, invece, finiscono malamente gettati nell'immondizia insieme a tutta l'altra spazzatura. Ed anche negli altri Paesi del Vecchio Continente i vecchi vestiti hanno un bel peso in termini di riciclo.

Il consumo annuo di abiti, accessori e prodotti tessili, stimato su base europea, è infatti pari a circa 10 kg l'anno ad abitante. Molti i vantaggi sia sul fronte economico che ambientale.

Su scala internazionale, un chilo di abiti usati raccolti riduce di 3,6 kg le emissioni di CO2, di 6.000 litri il consumo di acqua, 0,3 kg di fertilizzanti e 0,2 kg di pesticidi. E anche su scala italiana i numeri parlano chiaro perché si potrebbe ottenere un risparmio di consumi di acqua pari ad 1.440 mln di metricubi l'anno, riduzioni di 864.000 ton/anno di emissioni di Co2, di 72.000 ton/anno di uso di fertilizzanti e di 48.000 ton/anno di uso di pesticidi.

A guardare con occhio attento quanto dai nostri armadi finisce nelle nostre immondizie è il Rapporto 'L'Italia del riciclo 2010', di Fondazione Sviluppo Sostenibile e Fise-Unire di Confindustria, che riporta i dati di uno studio condotto da un team di ricercatori dell'Università di Copenaghen.

Se si proiettano le quantità di raccolta differenziata di abiti usati in ambito nazionale, in Italia, annualmente, avverte il Rapporto, potrebbero essere raccolte circa 240.000 tonnellate di frazione tessile. Con buona pace, appunto, per portafogli e ambiente.

Un efficiente servizio di raccolta differenziata, in grado di intercettare la frazione tessile su scala nazionale, consentirebbe, assicura la Fondazione Sviluppo Sostenibile nel suo Rapporto, "un risparmio del costo di smaltimento di rifiuti urbani pari a circa 36 milioni di euro".

"Ad oggi non è possibile intercettare l'intera quantità della frazione tessile da raccolte differenziate, anche se in alcune zone del territorio, in particolare in Italia settentrionale, si sono registrati notevoli risultati" sottolinea lo studio realizzato con Fise-Unire di Confindustria.

Gli indumenti usati, originati da cicli di post-consumo, sono raccolti capillarmente e raggruppati per l'invio ad impianti autorizzati alla gestione di rifiuti dove il processo di trattamento determina interessanti risultati finali come la qualifica ad 'indumenti ed accessori di abbigliamento utilizzabili direttamente in cicli di consumo', la qualifica a 'materie prime seconde per l'industria tessile' e altri impieghi industriali. Le frazioni che si ottengono dal trattamento vengono destinate per il 68% al riutilizzo, per il 25% al riciclo e per il 7% a smaltimento. Ma chi gestisce il ciclo?

L'origine di rifiuto urbano colloca questa frazione sotto il diretto controllo del Comune e quindi del gestore del servizio che provvede alla raccolta direttamente o tramite soggetti convenzionati.

"Per effettuare l'attività di raccolta e trasporto è quindi necessario -spiega il Rapporto- che l'impresa sia iscritta con i propri mezzi all'Albo Gestori Ambientali". Ma come recuperare questo 'tesoro'? La raccolta può avvenire con contenitori stradali dedicati o presso le isole ecologiche. In ambito urbano la raccolta è effettuata tramite appositi 'cassonetti' opportunamente distribuiti sul territorio.

"Il recupero delle materie, oltre a rappresentare un importante fattore economico e strategico per l'approvvigionamento delle materie seconde per i settori produttivi, si presenta come un importante alleato per l'abbattimento dell'impatto ambientale dell'industria" sottolinea lo studio di Fondazione Sviluppo Sostenibile che guarda con un certo ottimismo al presente ed al futuro.

Raffrontando i dati relativi alla produzione nazionale di rifiuti urbani con la raccolta differenziata totale e la raccolta specifica della frazione tessile dal 2001 al 2008, riferisce, "si può notare come la percentuale di raccolta della frazione tessile è raddoppiata, passando dallo 0,11% allo 0,22%, mentre il valore medio pro-capite ha subito solo un lieve aumento, anche se resta sostanziale la differenza tra le aree del Nord, Centro e Sud Italia.

A gestire il settore in Italia è attualmente il Conau, il Consorzio nazionale abiti usati che ha come obiettivo assicurare, razionalizzare, organizzare, disciplinare e gestire la raccolta di abiti ed accessori usati provenienti dalla raccolta differenziata. La raccolta differenziata, appunto, avverte Fondazione Sviluppo Sostenibile, e' la "condizione indispensabile per garantirne il recupero attraverso il riutilizzo ed il riciclo".
 
http://www.adnkronos.com/IGN/Sostenibilita/Risorse/Nei-cassonetti-italiani-finisce-un-tesoro-da-36-milioni-di-euro-in-abiti-usati_311193088551.html

2 commenti:

  1. Interessante anche perchè ci sono due tipologie di indumenti: se butto via qualcosa capo ancora in buone condizioni utilizzo i cassonetti della charitas, ma quando ho da buttare capi tessili conciati male non ho altre alternative che il sacco nero

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  2. @ Francesco-
    Sì, interessanti i numeri e le percentuali... comunque sia, il riciclo e riuso si traduce sempre in risparmio per noi e per l'ambiente.

    Un abbraccio
    Namastè

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