Come direbbe Beppe Grillo: ci hanno preso per i fondelli. Tutti: destra e sinistra. Politici impegnati a recitare nel loro teatrino elettorale, ma in realtà ridotti a semplici sudditi, servi ottusi e corrotti del pensiero unico, meri esecutori dei diktat del vero potere, quello dell’industria e della finanza, complice anche l’appoggio della politica cattolica. Firmato: Maurizio Pallante, il guru della Decrescita all’italiana. Che stavolta non tiene una conferenza e non firma un saggio sul dogma folle dello sviluppo illimitato, ma addirittura un romanzo: ambientato nell’hinterland di Torino, in un ex paese divenuto città. Un plastico perfetto per mettere in mostra, spietatamente, tutti gli orrori dei “trent’anni che sconvolsero il mondo”: una trappola dalla quale, ormai è evidente, non sappiamo più come uscire.
Destra e sinistra? Mentivano, entrambe: perché proclamavano di battersi per un umanesimo che nei fatti tradivano ogni giorno. Giuravano di lottare per l’uomo, invece erano agli ordini della Grande Macchina, il sistema stritolatore e irresponsabile fondato sulla produzione suicida di consumi, veleni e rifiuti, in cambio di profitto a qualsiasi costo. Il Sol dell’Avvenire?
Sarebbe sorto su un mondo ridotto a sterminata discarica per masse ormai inebetite dalla televisione. Un immondezzaio di tradimenti: contro la libertà, l’uomo, la felicità, la terra, l’acqua, l’aria. Hanno rubato tutto, anche il futuro. Senza mai dire la verità. Mai, neppure una volta, vittime com’erano – anche loro, i “mezzi uomini” della politica – di un sistema feudale, fondato sulla dittatura dell’economia e sorretto dal potere dei partiti che, attraverso le elezioni, regalavano al pubblico pagante l’illusione ottica del grande gioco chiamato democrazia.

Tra ironie e sarcasmi che ricordano accenti calviniani, all’interno di un impianto da romanzo politico, Pallante mette in scena – alla periferia di Torino – un teatro di frammenti che insieme costruiscono una storia corale e polifonica, comicamente parallela: quella del politico di origine siciliana, figlio di immigrati devotamente democristiani, e quella dell’anonimo popolo della sinistra metropolitana, affollato di neo-assessori rozzi e sbrigativi, alle prese con appalti, prebende e spettacolari speculazioni edilizie. Dopo trent’anni di battaglie, vere o soltanto simulate, nelle quali ciascuno prendeva ordini dai rispettivi feudatari – la Casta dominante torinese, industriale e finanziaria, o viceversa i dominus delle coop rosse – finiranno ingloriosamente seduti alla stessa tavola, dopo aver predicato – di fatto – la medesima politica di espansione, per trenta lunghissimi anni. Salvo poi ritrovarsi assediati dai rifiuti e minacciati da una folla ormai impazzita dalle compulsioni consumistiche, pronta a dare l’assalto ai supermercati.

(Il libro: Maurizio Pallante, “I trent’anni che sconvolsero il mondo”, Pendragon, 221 pagine, 14 euro).
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