giovedì 5 maggio 2011

In Rai l’informazione sui referendum sarà a pieno regime solo per 15 giorni circa


Vi devo un aggiornamento sui referendum abrogativi del 12 e 13 giugno: nucleare, acqua pubblica, legittimo impedimento. Ieri sera la Commissione di vigilanza Rai ha finalmente approvato il regolamento per l’informazione pubblica: cosa che doveva fare il 4 aprile scorso, solo che gli esponenti del centrodestra hanno sempre fatto mancare il numero legale.
Solo una piccola minoranza degli italiani sa che i referendum si svolgeranno: del resto, Berlusconi vede come il fumo negli occhi il raggiungimento del fatidico quorum. La tv pubblica sarà finalmente obbligata a parlarne? Sì, ma…
Basta leggere il regolamento e guardare un calendario. L’informazione referendaria sarà dispiegata nella sua interezza per una quindicina di giorni: venti al massimo. O forse di meno. Non riuscite a capacitarvi? Eppure è così.

Il regolamento approvato dalla Commissione di vigilanza, in sostanza, obbliga il servizio pubblico a informare sui referendum assegnando uguali spazi ai fautori del sì e del no. Obbliga inoltre a indire tribune referendarie e trasmettere i “messaggi autogestiti”.
L’obbligo ad informare entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione del regolamento sulla Gazzetta Ufficiale (noto en passant che un servizio pubblico dovrebbe sempre informare, ma di informazione sui referendum finora se n’è avuta ben poca). E le tribune referendarie, e gli spazi autogestiti? Quelli arriveranno con calma. Cito testualmente. Il neretto è mio.
La Direzione di RAI Parlamento, a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione del presente provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale, predispone e trasmette in rete nazionale un ciclo di Tribune riservate ai temi dei referendum, televisive e radiofoniche, privilegiando il contraddittorio tra le diverse intenzioni di voto
La programmazione dei messaggi politici autogestiti viene trasmessa, negli appositi contenitori sulle reti nazionali, a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione del presente provvedimento nella Gazzetta Ufficiale
E’ verissimo che di solito le norme entrano in vigore dopo 15 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta. E’ altrettanto vero però che, considerando cinque giorni di “tempi tecnici” per la pubblicazione, i 15 giorni di attesa fanno slittare l’avvio delle tribune referendarie e dei messaggi autogestiti al 25 maggio. A quel punto prima dei referendum resteranno circa 16 giorni, solo 16 giorni!, di tempo.
E poi, visto che a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca: basteranno davvero cinque giorni, o giù di lì, prima della pubblicazione del regolamento sulla Gazzetta Ufficiale? Ricordo il famoso papocchio nucleare: l’anno scorso un decreto impiegò circa un mese per uscire. Anche se questo caso è oggettivamente diverso: il testo è già bell’e pronto, basta mandarlo in stampa.
Infine, anche se non è materia di questo blog, noto che la Commissione di vigilanza ha varato, seppure con un mese di ritardo, il regolamento sui referendum (che era un atto dovuto) a patto che nella seduta successiva si votasse il famigerato “atto Butti” che immagina conduzioni a “targhe alterne” per ridimensionare il numero di puntate di Annozero e Ballarò.


Dal Manifesto di ieri par condicio presa in ostaggio
Foto da Linkback

4 commenti:

  1. Che schifo, per fortuna esiste il web e per fortuna aumentano le persone che si informano in internet.

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  2. Sì Paòlo, veramente una cosa non degna di un paese civile.
    Ci stanno provando in tutte le maniere ad affossare la partecipazione a questo referendum, dal web si sta facendo il possibile ed anche di più, ma penso ai moltissimi che non verranno raggiunti, penso agli anziani o a chi non possiede un computer, penso ai molti che non usano la rete per informarsi.
    Su di loro il tentativo di azzittire la propaganda referendaria potrebbe funzionare.

    Un abbraccio
    Namastè

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  3. Servizio pubblico???? mmm... mi ricoda qualcosa questa parola ... ma non so cosa??? Forse è un termine arcaico? Boh!

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  4. Essì Galatea... una terminologia medievale significava che lo stato provvedeva affinchè fosse garantito il dettato costituzionale della libertà di informazione.
    Garantiva una visione equidistante ed oggettiva...poi venne l'impero e tutto cambiò, il termine andò ìn disuso, sostituito dal termine bipartisan che voleva dire che l'informazione era di chi la possedeva...ed ora ...credo che il tuo 'boh' riassuma tutto...

    Abbraccione ;-)
    Namastè

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