sabato 20 novembre 2010

Non passa lo straniero

fonte: Terra
 di Dina Galano
 
DOSSIER. Dalla ricerca sul campo, Migreurop restituisce l’immagine di un’immigrazione negata dai governi europei. I destini di rifugiati finiti in un sistema di «sub-appalto dei controlli migratori, organizzato a catena».

Controlli, detenzioni e deportazioni. Ecco come si articola la risposta europea al fenomeno immigratorio. La triade è utilizzata in apertura del secondo rapporto di Migreurop, gruppo di ricerca e studio che unisce 42 associazioni in tredici Paesi nel mondo, che attraverso un lavoro di inchiesta sul campo ha fotografato lo stato attuale dei confini europei. I ricercatori e membri delle diverse Ong che hanno contribuito al dossier “I confini europei. Controlli, detenzione e deportazioni”, appena pubblicato, non risparmiano critiche ai governi europei e ai loro alleati dirimpettai. I recenti accordi con Tripoli, ma anche la cooperazione con l’intera area del Maghreb, infatti, sono stati conclusi con l’obiettivo di arginare i flussi di migranti, trarre profitto economico e appaltare a Sud del mondo la gestione delle emergenze umanitarie. Quello che l’occhio europeo non percepisce, finisce così nel dimenticatoio. L’effetto diga promosso dai Paesi africani, garantito in realtà sotto la minaccia della privazione degli aiuti internazionali.


Aggiornato fino a sei mesi fa, il rapporto di Migreurop ricorda come non solo la frontiera euro-mediterranea sia stata trasportata in terra d’Africa, determinando un conseguente spostamento delle rotte di viaggio, ma sia slittata ben oltre. Ne è un esempio la commessa ultra milionaria che si è aggiudicata una società italiana (la Selex sistemi integrati, azienda di Finmeccanica) per costruire un muro con tanto di sensori di rivelamento lungo il confine che separa la Libia dal Sudan, Niger e Ciad.

«Abbiamo fermato l’invasione» era lo slogan della Lega Nord con cui si apre, in polemica, anche il rapporto europeo. I campi di detenzione libici, i trattamenti inumani ricevuti in Grecia come la disperazione delle traversate nell’Adriatico, i rimpatri forzati e l’intervento “armato” di Frontex stanno a dimostrare la fondata crudeltà di quella affermazione propagandistica. «Negli ultimi anni si è distrutto l’asilo politico», ha sintetizzato Alessandra Sciurba, ricercatrice e redattrice di Meltingpot.org. Al suo impegno e a quello dei suoi tre colleghi, si devono le pagine dedicate alla situazione nei porti italiani dell’Adriatico, di Venezia e Ancona, Bari e Brindisi.

Dalle dogane marittime sono partiti, e continuano a venir rimpatriati, in accordo con le autorità greche, la maggior parte degli irregolari stipati nelle navi merci. Dall’inizio fino all’agosto 2008, 850 illegali sono stati espulsi dalle autorità portuali veneziane. Per il 2009, riferisce il rapporto, non sono disponibili dati ufficiali ma «è verosimile che larga parte delle 3.148 persone che sono state espulse dagli scali italiani dell’Adriatico siano state intercettate a Venezia e rispedite indietro sulla stessa imbarcazione con cui sono approdati». Anche Ancona è diventato punto di smistamento dei migranti in fuga, dove una parte consistente degli identificati sono minori; soltanto nella metà dei casi interviene la mediazione del Cir (Consiglio italiano per i rifugiati) e, quando accade, mancano traduttori e rispetto delle procedure.

Mentre il mar Adriatico si sta trasformando in terra di sbarchi dopo che «Lampedusa è stata restituita ai pescatori». «Quando a inizio 2009 sono stata in Grecia ho trovato soprattutto rifugiati curdi, iraniani e turchi. Un anno dopo, ho incontrato in prevalenza sudanesi, somali ed eritrei», ha testimoniato la redattrice di Meltingpot. In quel Paese noto per la brutalità del trattamento riservato agli stranieri e per il  più basso tasso di riconoscimento della protezione internazionale, perfino gli altri Stati europei ormai rifiutano di ricondurre i richiedenti asilo trovati irregolarmente sul proprio territorio, sospendendo di fatto il regolamento di Dublino II. «Indesiderati», come riferisce il rapporto, i richiedenti asilo sono rinviati da un Paese all’altro in un rimpallo di responsabilità che i ricercatori assimilano a un sistema di «sub-appalto dei controlli migratori» che «si organizza a catena, a volte molto lontano dall’Unione, altre volte al suo interno».

http://www.terranews.it/news/2010/11/non-passa-lo-straniero

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