martedì 26 luglio 2011

Stop Export. Verso la guerra delle risorse?


Piccolo ma significativo esempio di come le notizie importanti non vengono date o, quando vengono date, sono nascoste in modo che non si vedano. Per esempio non mi risulta che alcun giornale italiano, per non parlare dei telegiornali, abbia dato rilievo alle cose che seguono. Recentemente il WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio – uno dei tre membri della sacra autorità del Consenso Washingtoniano, insieme al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale – ha pubblicato un rapporto speciale il cui titolo tecnico è apparentemente anodino e concerne le restrizioni alle esportazioni. Da questo emerge che ben 30 nuove restrizioni sono sorte, in diversi paesi, che impediscono o limitano l’esportazione di determinate materie prime. E si tratta di materie prime in quasi tutti i casi cruciali: generi alimentari, carbone, minerali di ferro, terre rare.

Le cifre dicono che tra ottobre 2010 e aprile 2011 i casi sono arrivati a 30 e si va da aumenti delle tasse di esportazione, fissazioni di prezzi fuori mercato, limitazioni di quote, veri e propri divieti completi. Protagonisti in questa svolta sono la Cina, l’India, il Vietnam l’Indonesia. Ma anche gli Stati Uniti praticano questi metodi avendo imposto restrizioni su una decina di materie prime che ritengono strategiche.
Il punto è proprio questo. Che queste limitazioni non rispondono a criteri economici di corto respiro e sono invece, in molti casi, frutto di considerazioni strategiche. La Cina, ad esempio, controlla circa il 97% delle esportazioni mondiali di terre rare (che sono un elenco di materie prime tutte variamente collegate alla produzione di raffinate tecnologie della comunicazione).
Ovvio che, trovandosi in una posizione quasi monopolistica, la Cina sia in condizione di imporre i suoi prezzi. Cosa che ha fatto tranquillamente fino all’anno scorso. Ma da due anni la Cina non sembra interessata a guadagnare, anche dilapidando le sue risorse preziose. Adesso se le vuole tenere.
Il perchè è presto detto, ma nemmeno uno dei pochissimi giornali del mondo che ha commentato la notizia, l’International Herald Tribune (IHT, 21 luglio), è stato capace di spiegarlo propriamente. In un breve articolo in pagine interne si è limitato a individuare l’egoismo dei paesi del terzo mondo. Ma con spiegazioni di questo tipo non si va lontano. Perchè oggi, improvvisamente?
È cominciata l’epoca della penuria. Per generi di consumo generale, come il petrolio, il “picco” è già stato raggiunto da almeno quattro anni (cioè se ne produce sempre meno e se ne produrrà sempre meno), ma nessuno lo dice per evitare il panico e il contingentamento. Delle terre rare nessuno parla perchè quasi nessuno sa cosa sono e a che cosa servono.
Ma i governanti di Pechino, come è bene non stancarsi di dire, guardano lontano. E cominciano a preferire di risparmiare piuttosto che guadagnare vendendo, perchè quando non ce ne sarà più sarà molto più difficile crescere.
Ecco il punto: è cominciata, in sordina per ora, la guerra delle risorse.
Basta capirlo per prevedere che alle piccole onde attuali seguiranno i marosi nei prossimi anni.
Il signor Patra, capo della società indiana “Terre Rare” – citato appunto da IHT – dice: «per molto tempo l’Occidente ha preso le risorse naturali a basso prezzo dall’Est. In futuro non sarà più così». Perentorio e soprattutto vero. A quelli che, ignorando i sintomi del problema, continuano a biascicare le giaculatorie della crescita, queste notizie bisognerebbe squadernargliele davanti al naso. Ma chi investirebbe se sapesse come stanno davvero le cose?


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