lunedì 28 febbraio 2011

Colombia, morte e distruzione a peso d'oro

Stella Spinelli

Una multinazionale vuole trasformare in miniera un ecosistema tipico latinoamericano, che regge l'intera offerta idrica di due milioni di persone. Che si oppongono al progetto.
 

Il Páramo è un ecosistema neotropicale, situato in altura, tra le foreste che si formano a oltre tremila metri di altitudine e le cime innevate dei cinquemila metri. A costituirlo sono vallate e pianure con una gran quantità di laghi, torbiere e praterie umide, punteggiate da arbusti e macchie di foresta. Circa il 57 percento di questo particolare ecosistema si trova concentrato in Colombia. Fra questi, c'è il Páramo di Santurbán, che produce e regola l'offerta idrica per due milioni di esseri umani delle aree urbane di Bucaramanga e Cùcuta e di altri 21 comuni, tutti situati nei dipartimenti di Santander e Norte de Santander. Un vero tesoro ecologico, sul quale sta posando gli artigli una multinazionale mineraria che già sta pregustando di estrarre l'immane ricchezza che nasconde, a cominciare dall'oro. Si tratta della Greystar Resources  che ha già ricevuto il benestare del governo Santos per il suo progetto minerario di Angostura.
Ma le migliaia di abitanti che ne subiranno le devastanti conseguenze non ci stanno, e sono scese in piazza a Bogotà, di fronte al ministero dell'Ambiente per urlare in faccia ai governanti il proprio dissenso.


"Il páramo è un'ecoregione molto strategica non solo per il dipartimento di Santander, ma il governo ha deciso di continuare e perpetrare la politica di convertire la Colombia in un paese-miniera", denuncia la Corporación Autónoma para la Defensa de la Meseta de Bucaramanga (Cdmb). A Palazzo Narino interessa soltanto attrarre capitali esteri garantendo loro enormi benefici attraverso esenzioni fiscali, contratti di stabilità giuridica, zone franche e un regime speciale di investimenti che culminano con il pagamento di regalie che neppure si avvicinano a riparare i nefasti danni ambientali, economici e sociali provocati dalle miniere a cielo aperto.
Le esenzioni riservate alle imprese minerarie nel 2009 corrispondono al 51 percento dell'affitto pagato allo Stato, cifra che sale all'86 percento quando si parla dell'oro. Come biasimare la Greystar Resources? Si stima che le riserve di oro recuperabili in quel paradisiaco ecosistema ammontino a 9 milioni di once (255 tonnellate circa), mentre per l'argento si parla di 59 milioni di once (1835 tonnellate circa). E se si pensa che le regalie che la multinazionale dovrà versare al paese ammontano a 14,9 milioni di dollari all'anno, per un totale di 224milioni in 15 anni, mentre la vendita di oro e argento al prezzo attuale le farà intascare la bellezza di 14.252 milioni, i conti son preso fatti. Che importa se il páramo ne uscirà distrutto, senza acqua e saccheggiato dei suoi minerali. E che importa se i lavori di sfruttamento della miniera produrranno 1200 tonnellate di cianuro sodico al mese, per almeno 180 mesi. Si tratta di veleno che verrà deposto in piscine di lisciavizione, le quali - a quanto dichiarato dalla medesima Greystar nella documentazione sull'impatto ambientale presentato a aprile 2010 -  non sono totalmente invulnerabili a contingenze sismiche o geologiche. E se questo succederà, rimediare i danni sarà impossibile". 

E gli incidenti capitano e anche di frequente. Nel mondo, nel 2010, si sono registrate enormi catastrofi ambientali legate all'attività minerario-energetica: da quanto accaduto sul Danubio in Ungheria, al golfo del Messico, al mar Giallo in Cina, fino ai minatori cileni. Se a queste probabilità già alte si aggiunge il fatto che la multinazionale in questione non ha esperienze minerarie in nessun'altra nazione, le paure degli abitanti sono più che plausibili. E hanno dato vita al Comitato per la difesa del Páramo de Santurbán, di cui fanno parte sindacati, studenti, organizzazioni sociali, federazioni di professionisti e anche settori politici di ogni provenienza. La forte opposizione al progetto ha dato vita a una petizione che per adesso ha raccolto 50mila firme e il responso della Procura Generale, che ha lo ha definito "impraticabile". Un movimento che non si fermerà davanti a niente forte anche dell'appoggio della Red Colombiana Frente a la Gran Minería Transnacional, che reclama per impedire altri progetti altrettanto lesivi per i colombiani come quello de La Colosa nel Tolima, Marmato a Caldas e Mandé Norte nel Chocó.

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