sabato 26 febbraio 2011

Tripoli, avamposto dell'Inferno

Immagine di Bernhard Heisig: 
'Men, War and Old Painter' 
Nicola Sessa
 
Gheddafi ha ancora la forza di apparire in strada e di arringare la folla. E' davvero così vicina la fine del dittatore libico?

Quella cui stiamo assistendo è una rivoluzione con il condizionale: i rivoluzionari avrebbero preso il controllo di questa o di quell'altra città; l'aeroporto sarebbe nelle mani dei ribelli; alcuni reparti dell'esercito e della polizia sarebbero passati con i manifestanti; e, purtroppo, i morti sarebbero non si sa ancora quanti. Non sappiamo ancora se è Tripoli che assedia il Colonnello Gheddafi, oppure il contrario. L'unica cosa certa è la follia di un uomo che ha spalancato le porte dell'inferno sulla capitale libica. Chi non lo ama non merita la vita, chi non lo ama deve precipitare nell'inferno. Alla vertiginosa escalation della sua spietata retorica, Muammar Gheddafi affianca l'insana decisione di aprire gli arsenali militari: ogni libico devoto alla Rivoluzione, alla sua Rivoluzione, dovrà armarsi per uccidere i ribelli, i sostenitori della rivoluzione con la erre minuscola.

Siamo davvero alla fine della storia dell'uomo che ha dominato la Libia per quarantuno anni? Gheddafi, ha ancora la forza di apparire in strada e di arringare la folla come solo un dittatore è capace di fare. La figura di un Saddam Hussein impaurito, in fuga, è lontana anni luce dall'uomo che ha legato stretta a sé la sorte di un intero popolo, pronto a trascinarlo nel baratro pur di non arretrare di un solo passo. I manifestanti sono certi di avere la vittoria in pugno, che la caduta del rais è questione di ore e hanno già nella loro mente il finale di partita in quattro mosse: 1) La caduta del Colonnello; 2) Una Libia unita - e non la Cirenaica separata dalla Tripolitania; 3) un processo pubblico per i responsabili dei massacri - Gheddafi in testa, ovviamente; 4) un "Consiglio di saggi" che accompagni per mano il paese sulla soglia della libertà.
Osservando, però, l'atteggiamento degli organismi sovranazionali e internazionali, tutto farebbe presagire che la conclusione della tirannia non è così imminente. La riunione straordinaria della Nato che si "prepara a ogni eventualità", l'Ue che spinge per l'istituzione di una No Fly Zone, il Consiglio di sicurezza dell'Onu che prepara le sanzioni (congelamento dei beni del clan Gheddafi, embargo alle forniture di armi, ricorso alla Corte penale internazionale per i crimini di guerra e contro l'umanità compiuti in Libia) e gli Stati Uniti, infine, che sospendono le attività di ambasciata e studiano sanzioni unilaterali, dimostrano che ormai Gheddafi è sì isolato dalla comunità internazionale in modo irreversible, ma anche che a Washington, Bruxelles e New York non credono che le oscure nuvole sopra il cielo di Tripoli siano passeggere. Se stiamo per assistere davvero allo scontro finale, probabilmente - accettiamo di buon grado il rischio di sbagliarci - si tratterà di una lunga battaglia. Fino all'ultimo sangue.  

http://it.peacereporter.net/articolo/27103/Tripoli%2C+avamposto+dell%27Inferno

12 commenti:

  1. Quello che colpisce è l'analogia del caso Libia con tanti altri stati nel mondo.
    La storia di dittatori che mettono in schiavitù intere popolazioni rendendole api che producono miele per l'ape regina, si ripete all'infinito.
    Un dittatore che promette benessere, un popolo che ci crede, poi capisce di essersi sbagliato, poi si ribella, una buona parte vienne ammazzata ... poi il tiranno scappa con le enormi ricchezze rubate oppure crepa di vecchiaia.
    Ovunque è così.
    Il tutto in un ciclo "biologico", che mediamente dura circa 40 anni.
    Come un programma di lavaggio di una lavatrice.
    Previsto e prevedibile.
    Ma che, inesorabilmente, si ripete.

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  2. Ciao Gianni!
    Mah, che dire...la libertà spesso spaventa, non la si sa gestire. Non si sa, o forse non si vuole, prendersi la responsabilità ed allora si accetta la ciiclicità della storia, che purtroppo , non vale solo per i dittatori.
    L'umanità ha la triste abitudine a ripetere i propri errori, che poi risolve quasi sempre nello stesso modo, con una bella guerra....previsto e prevedibile, appunto.... :-/

    Buona giornata, un abbraccio
    Namastè

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  3. Anni fa, davanti ad una tragedia come quella in atto in Libia, il nostro Paese sarebbe stato squassato da imponenti manifestazioni di solidarietà!

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  4. il problema è che manca una vera e completa educazione che, libera dalla manipolazione statale basata sul trasformare l'individuo in cittadino e sul concetto di dover preparare solo ad un lavoro per poi pagare le tasse, permetta alle nuove generazioni di pensare e realizzare un nuovo modo (o antico) di vivere in società ... sul punto vorrei far notare come nella storia ufficiale manchino completamente informazioni sulle civiltà gilaniche (società orizzontali pacifiche dove vi era completa uguaglianza tra uomo e donna) distrutte poi dalla civiltà maschilista dei Kurgan popolo originario della siberia ... come ha detto Osho dobbiamo essere ribelli nel senso di non accettare più i dogmi storpi della nostra società e, ancor meglio, come ha detto Ghandi dobbiamo essere noi il cambiamento ... personalmente ritengo che sia ora che i figli della terra alzino la testa e facciano sentire forte la loro voce di pace. Buona fortuna a tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
    Complimneti per il sito.

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  5. E' vero c'è ciclicità nella storia, qualcuno ne parlava, ma l'importante è che il popolo libico riesca ad arrivare alla democrazia. Lo spero. Ovviamente non auspico una guerra civile. Ma si deve lottare sempre per la libertà che è sacra.
    Guardo con tristezza il nostro di popolo, un raffronto che è impossibile da mettere in atto, ma quanto ancora dormiremo? 50, 60 anni? Un popolo spento.

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  6. Hai ragione Adriano! Si ha nostalgia per un tempo che ci ha visti propositivi e pronti a cambiare il mondo, ma anche sconforto per il fatto d'essere approdati qui, proprio passando per quei tempi.

    Un abbraccio
    Namastè

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  7. @ Anonimo
    Solo un modo diverso di concepire il mondo può salvarci, hai ragione.
    La storia tu mi insegni la scrivono i potenti...o meglio il potere. Essere il cambiamento che vogliamo non è affatto semplice, nonostante la frase lo sia, la pratica poi, lo è molto meno.
    Sì, credo che come li chiami tu "I figli della terra" debbano rialzare il capo, ma credo che lo debbano fare innanzi tutto con i comportamenti prima che con le parole ed i facili moralismi.

    Grazie per la visita e per i complimenti :-)
    Namastè

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  8. @ Discepolo
    Democrazia per il popolo Libico, speriamo, anche se temo che le lunghe mani degli interessi internazionali si stiano già allungando sul bacino del Mediterraneo. L'esperienza ci insegna come la diplomazia possa essere priva di scrupoli. Quello che è vero, è come questi popoli ci stiano insegnando che per la libertà si debba lottare, sempre, che non è mai un cortese dono.
    Il nostro popolo? Forse troppo abituato al benessere, in fondo, troppo legato al mercato ed al consumismo...come dici tu dormiente.

    Un abbraccio
    Namastè

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  9. C'è una ipocrisia che mi fà venire i brividi, ora si condannano dittatori anche per crimini contro l'umanità ma fino a poco tempo fà erano tutti baci e abbracci per il petrolio e gas, da italiano mi vergogno ad essere rappresentato da questi loschi figuri.

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  10. Zak, ipocrisia? Già, ma ho paura che sia quella che gli uomini chiamano diplomazia politica e tutti, chi più chi meno, nelle cancellerie occidentali mi sembrano inclini a questo tipo di comportamento :-/

    Buona serata :-)
    Namastè

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  11. Hai ragione Rosa ora servono solo i fatti ... di parole ne sono state dette fin troppe !

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  12. @ Anonimo:
    già...sembra il minimo, no?

    Buona domenica
    Namastè

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