venerdì 1 ottobre 2010

CALABRIA. Fissata per il 12 ottobre l’udienza preliminare: 14 ex dirigenti della Marzotto accusati di strage ambientale.


E’ stata rimandata al 12 ottobre l’udienza preliminare del processo alla Marlene di Praia a Mare, la “fabbrica dei veleni” chiusa nel 2004, che avrebbe dovuto iniziare ieri presso il Tribunale di Paola (Cs). Le accuse per i 14 dirigenti della Marzotto, l’azienda tessile vicentina che nel 1989 rilevò l’attività della Marlene, sono di omicidio colposo e di strage ambientale. Due sono infatti i filoni seguiti nel processo: il primo è relativo alla mancanza di sicurezza nella fabbrica nella quale gli operai hanno lavorato per anni senza adeguate precauzioni che li proteggessero dalle esalazioni tossiche che hanno causato la morte di oltre ottanta lavoratori e provocato l’insorgere di tumori in molti altri.

Il secondo riguarda invece lo smaltimento delle sostanze tossiche utilizzate nel processo di colorazione, seppellite nel territorio circostante allo stabilimento, una zona altamente urbanizzata e a vocazione turistica, che include anche la spiaggia tra il comune di Praia a Mare e quello di Tortora frequentata da molte persone nel corso di tutti questi anni. A costituirsi parte civile nel processo centinaia di familiari delle vittime, alcune sigle sindacali tra cui Slai Cobas e Cgil Calabria e associazioni ambientaliste tra cui il Forum Ambientalista, Medicina Democratica e Wwf.

A preoccupare il totale silenzio degli enti pubblici: non si sono infatti costituiti parte civile il Ministero dell’Ambiente, la Regione Calabria, la Provincia di Cosenza, «né il comune di Praia a Mare dal momento che il sindaco è indagato in quanto ex dirigente della Marzotto» spiega Ciro Pisacane del Forum Ambientalista che ricorda che «in caso di disastro ambientale è obbligatorio per gli enti pubblici costituirsi parte civile».

Per questo il Forum Ambientalista si appella al Prefetto di Cosenza «perché individui un commissario ad acta che permetta al comune di Praia a Mare di costituirsi parte civile in un processo che dimostra ancora una volta come gli interessi privati possono investire in un territorio senza portare ricchezza, lasciando dietro di sé solo morte e devastazione».

2 commenti:

  1. conosco personalmente il sindaco di praia a mare, dove mi sono traferita da roma quasi 4 anni fa: non è proprio come dicono i giornali e molti ambientalisti.
    la ex fabbrica si chiamava marlane e non marlene: di certo non è stata l'unica entità distruttiva in quel territorio, probabilmente ci sono ancora fabbriche aperte che potrebbero arrecare danni maggiori all'ambiente e agli umani, solo che è meglio chiudere un occhio almeno fino a quando non saranno chiuse come la marlane, poi allora ci si scatenerà, anche se molti familiari morti, molti malati terminali e molte malattie (vedi problemi alla tiroide per le donne e al colon per gli uomini)riscontrate dove abito non le toglierà più nessuno.
    è facile prendersela oggi con gli ultimi dirigenti della marlane, una fabbrica che ancora in molti rimpiangono perché è stato l'unico posto di lavoro per centinaia e centinaia di calabresi, questo è ancor più agghiacciante.
    l'omertà intorno ad altre fabbriche della morte in calabria, amianto ovunque compreso, è la cosa peggiore, il cancro vero da estirpare, ma forse questo accadrà quando al sud ci sarà lavoro come in altri posti, perché finora il sud è solo patria di schiavi, italiani e non.
    una mia rapida opinione da romana trasferita a pochi metri dalla ex fabbrica marlane, io amo quel posto e la sua gente, amo meno la schiuma che si crea intorno a un fatto così, dimenticando i veri responsabili e altre entità mortali al momento ancora esistenti e funzionanti.
    ciao laura
    p.s.: ricordo che in ogni scandalo è sempre il pesce piccolo a venire a galla per primo, quello di solito più innocuo e solo coinvolto a sua insaputa in una mattanza negli abissi tra squali..

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  2. Ciao Laura, hai ragione è vero che molto spesso le questioni riferite dalla stampa sono opinabili ed è certamente una informazione in più ed importante quella che tu dai e di cui ti ringrazio.
    Ed è vero inoltre,che spesso ce la si prenda con il primo che capita a tiro, piuttosto che prendersela con i caporioni ed i mandanti. Premesso questo, io credo che continuare a giustificare la pericolosità di molte aziende con il discorso del lavoro sia molto limitante e sia, purtroppo, un errore, generalizzato, che spesso si fa...pur di lavorare.
    Non vale solo per il Sud, amica mia, ma per il lavoro in generale e sempre più per tutti.
    Io non conosco bene la realtà di Praia a Mare e di quelle zone e devo forzatamente confidare nell'informazione, ma sono convinta che si debba e si possa lavorare senza rischiare la vita,per portare a casa il pane.
    Certo le scelte devono essere a monte ed io confido che si riesca ad operarle, con l'impegno di tutti, non per fare un discorso generale, ma le scelte per un modello di sviluppo differente, forzatamente lo sono, ma solo operandole si può sperare in un mondo migliore.
    Sono convinta che ricercando la verità e continuando a credere nella possibilità di premesse diverse, di un diverso paradigma si possa almeno provare a riservare ai nostri figli e nipoti una sorte diversa da quella che , sembra, gli stiamo preparando...ammesso che sia ancora possibile...e che non sia già troppo tardi

    Ti abbraccio forte.
    Namastè

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