sabato 16 ottobre 2010

Social Forum delle Migrazioni: “Nessuno è illegale”

(foto: volontariatoggi)


“La linea dell'equatore non divide gli emisferi, è una linea che permette il movimento tra le frontiere continentali. Nessuno ci ferma quando niente ci impedisce di stare con un piede nel nord e l'altro piede nel sud”. Con queste parole è stato inaugurato ufficialmente il IV Social Forum Mondiale delle Migrazioni, che si è tenuto dall'8 al 12 ottobre nella città di Quito, con il titolo “Popoli in Movimento per una Cittadinanza Universale; Abbattendo il modello, costruendo attori sociali".

Quattro i temi principali affrontati nella capitale ecuadoriana da circa 1500 partecipanti, arrivati da tutto il mondo: “Crisi globale e flussi migratori”, “Diritti Umani e Migrazione”, “Diversità, convivenza e trasformazioni socio-culturali”, e “Nuove forme di schiavitù, sfruttamento umano e servitù”.
Secondo Stephen Castles - direttore dell'Istituto Internazionale per le Migrazioni - e Aurora Javate - ex presidente della Commissione delle Donne Filippine - i migranti e i gruppi umani che vivono in mobilità sono quelli che stanno soffrendo le peggiori conseguenze della crisi generata dal capitalismo liberale in scala globale. “La gerarchia globale è disegnata per incrementare i profitti degli affari e l'esclusione della maggioranza - continua Castles - questa gerarchia si manifesta nella dimensione globale del mercato del lavoro, così come nelle politiche orientate a ridurre il potere degli Stati, subordinandoli al modello economico”.
In tal senso, la globalizzazione capitalista vorace genera una corsa per creare flussi economici che oltrepassano le frontiere sempre più velocemente, ma al tempo stesso, controlla, reprime e blocca la libera circolazione dei migranti. E le più colpite sono le donne e i bambini - argomenta Castles - “il sogno liberale è creare un mondo cosmopolita riservato solo per l'elite”.
Davanti a questo scenario - per i partecipanti al Forum - appare sempre più necessario creare una cittadinanza universale basata sui Diritti Umani multiculturali e di genere. Oggi molti migranti si dedicano ai lavori domestici, e la maggior parte di loro sono donne che lavorano in condizioni di alta vulnerabilità, nella maggioranza dei casi senza accesso ai diritti umani fondamentali. Molto spesso poi - sottolineano a Quito - si parla di donne solo in casi estremi, quando si parla di tratta, di fatti di violenza ma non si parla di donne migranti in quanto tali.
“Ora poi, come conseguenza dei fatti dell'11 settembre abbiamo una criminalizzazione delle migrazioni e le frontiere si sono trasformate in terreno di costanti violazioni dei diritti umani. C'è un enorme passo indietro in questo ambito” afferma Ivan Forero, coordinatore dell'Area di studi della Commissione Spagnola di Aiuto al rifugiato.
Gli esempi non mancano, a Quito si è ricordato quello che succede a milioni di persone che cercano di superare le frontiera tra Usa e Messico, quelle che attraversano il Guatemala, quelle che cercano di arrivare in Europa da Ceuta e Melilla, Lampedusa, o dalle nuove frontiere dell'est europeo, “ si tratta di frontiere fisiche, legali, culturali e giuridiche” spiega Forero e aggiunge che l'Ecuador è uno dei pochi paesi che hanno messo il tema della cittadinanza universale anche nella nuova Costituzione, uno dei motivo per cui Quito è stata scelta come sede dell'evento.
I delegati del Sud-est asiatico arrivati da Corea, Filippine, Pakistan hanno presentato la critica situazione dei loro paesi, dove la tratta di esseri umani è un mercato che non accenna a sparire, e delle nuove terribili pratiche che si stanno diffondendo per avere mano d'opera sempre più economica, le cosiddette banche del lavoro. “Sono banche create dagli Stati per poter negoziare direttamente con le multinazionali. Per esempio un'impresa assume 30 mila donne però il prezzo di questa mano d'opera è al ribasso.
La cosa assurda è che gli Stati contrattano al ribasso la mano d'opera dei suoi stessi cittadini a beneficio delle multinazionali, una forma di schiavitù in pieno XXI secolo - dice Forero - sono vere e proprie aste, poi le persone vengono portate a lavorare in navi-fabbrica in acque internazionali, dove non vigono le legislazioni nazionali e dove non pagano tasse”. Un modello molto simile a quello che succede per esempio in Messico con le maquilladoras dove il valore della mano d'opera è vicino allo zero . “ E non si tratta di casi isolati, continua Forero, sono politiche pianificate per imporre nuovi modelli nei rapporti di lavoro”.
A Quito si è discusso anche di come i cambiamenti climatici stiano generando una nuova ondata di migrazioni, Ivo Poletto filosofo y sociologo brasiliano - che ha lavorato con Lula al programma Fame Zero - ha parlato dei 50 milioni di persone che sono obbligate a migrare per le conseguenze della crisi climatica: “ I potenti dovranno fare fronte alla forza della Terra a alle grida di tutti gli afflitti per il riscaldamento del pianeta. Milioni di persone sono costrette a migrare per l'inquinamento dell'acqua, erosione delle terre, siccità, alluvioni”. Sono i migranti climatici, che si aggiungono ai migranti per fame, e povertà che insieme raggiungono la cifra di 200 milioni. “Si tratta principalmente si donne e agricoltori in cerca di sopravvivenza, pagando un debito creato dalla minoranza ricca dell'umanità” sottolinea Forero.
La mobilità umana è un tema “molto preoccupante per l’America Latina” ha detto la colombiana Nelsy Lizarazu, tra i portavoce del Forum. “In Colombia aumenta il numero dei rifugiati e sfollati, in Guatemala e Messico continua l’esodo di persone in condizioni di precarietà, il flusso di persone tra Haiti e Repubblica Dominicana non si fermerà fino a quando le condizioni della popolazione haitiana non miglioreranno, cosa che sembra lontana” ha aggiunto Lizarazu, riassumendo le questioni che più preoccupano i paesi latinoamericani.
Durante questo IV Forum sulle Migrazioni si sono ricordati con indignazione gli ultimi terribili avvenimenti di cui sono stati vittime i migranti, dalle espulsioni dei Rom in Francia alla strage di Tamaulipas in Messico, ai diritti negati al popolo palestinese e a quello saharawi. Criticando fortemente le legislazioni statunitensi come la legge SB 1070 dello stato dell'Arizona che prende esempio da quelle europee, criminalizzando le persone prive di documenti, legalizzando detenzioni arbitrarie, “muri che si sollevano - secondo i partecipanti al Forum - e trasformano questi spazi in zone dove spesso le persone non possono rivendicare neppure il diritto alla protezione internazionale”.
Alla luce di queste analisi il Social Forum Mondiale delle Migrazioni si è concluso con la Dichiarazione di Quito, 31 punti dove tra le altre cose si chiede il rispetto dei diritti umani delle persone migranti, la chiusura immediata di tutti i centri di detenzione sparsi per il mondo, così come la sospensione delle crescenti retate e deportazioni di migliaia di migranti nei paesi di transito e di destinazione. Altro punto che appare fondamentale è la richiesta della fine della criminalizzazione di queste persone da parte dei mezzi di comunicazione di massa che incitano al razzismo e alla xenofobia, si esige una informazione oggettiva e imparziale.
Non da ultimo si chiede poi la firma e ratifica della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e delle loro famiglie, e della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro la donna (in.pdf). Si chiede infine la costituzione di un organismo delle Nazioni Unite che si occupi delle migrazioni da una prospettiva basata sui Diritti Umani.

Elvira Corona (inviata di Unimondo)

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