venerdì 15 ottobre 2010

Speriamo che sia femmina

di  Fabio Pipinato

Anno Domini 2010. La politica è donna. Quasi ovunque. A proposito di preconcetti l’ultima, in ordine di tempo, è il Kyrgyzstan, stato dell’Asia centrale a maggioranza mussulmana che ha eletto Roza Otumbayeva a capo del nuovo governo. L'ex ministro degli Esteri, 59 anni, è stata protagonista della rivoluzione dei tulipani. Non è quindi più sola Pratibha Patil eletta a capo della più grande democrazia mondiale e presidente dell'India dal 2007 con la benedizione della “nostra” Sonia Gandhi. E ciò fa ben sperare dopo la morte della due volte premier del Pakistan Benazir Bhutto, uccisa in un attentato nel 2005.
L’Asia non solo, quindi, il Paese ove più donne come Sakineh o ventimila sue simili all’anno vengono uccise da tribunali pressappochisti o da maschi violenti tra le mura domestiche.

In America Latina non c’è due senza tre. Oltre a Laura Chinchilla, prima donna Capo di Stato in Costa Rica e Cristina Kirchner presidente dell’Argentina s’appresta a succedere a Lula al secondo turno in Brasile Dilma Roussef (Pt) con un 46,9% seguita da Marina Silva (Verdi) con un sorprendente 19,3%. Nel vicino Cile Michelle Bachelet c’insegna che dopo un mandato si può anche lasciare mentre non sembra d’esser dello stesso avviso Daniel Ortega in Nicaragua che si ricandida bypassando la Costituzione. Un vizio che non risparmia nemmeno i compagni d’un tempo. Anzi. Gli USA hanno nuovamente affidato la propria politica estera ad una donna Hillary Clinton che è succeduta a Condoleeza Rice.
La donna europea deve dimostrare che si può esser tale anche senza imitare la lady di ferro Margaret Thatcher. Non sprechiamo, quindi, né parole e né lodi per la cancelliera Angela Merkel, la sua green economy e la politica del rigore che fa impallidire i suoi omologhi europei. In Francia Eva Joly, star degli ecologisti, è pronta a sostituire le politiche populiste di Monsieur Nicolas Sarkozy che, a differenza dei Rom, andrà a casa da solo. A nord, in Finlandia, v’è un primato assoluto: 2 donne per i 2 posti più alti dello Stato. Il Capo dello Stato è Tanja Kaarina Halonen ed il Primo Ministro è Mari Kiviniemi classe 1968 eletta nel giugno 2010, del Partito di Centro, 42 anni e mamma di 2 bambini, figlia di contadini. Sempre a nord, l’Islanda è guidata dal 2009 dalla progressista Johanna Sigurdardottir, che ha l’incarico di traghettare il suo paese nell’Unione Europea. Un pò più in giù, in Irlanda, Mary McAleese, classe ’51, è stata la prima donna a succedere ad un'altra straordinaria, Mary Robinson, già Alto Commissario per le Nazioni Unite per i Diritti umani.
La Presidentessa della Repubblica della Finlandia è Tarja Kaarina Halonenm. Diventata presidente nel 2000 è stata rieletta il 29 gennaio 2006. Trattasi dell'undicesimo presidente della Finlandia e la prima donna a ricoprire questa carica. Se voliamo sino a Bratislava, in Slovacchia, troveremo un paese in forte mutamento guidato per la prima volta da una donna: Iveta Radičová.
Anche la neutrale Svizzera ha eletto suo presidente per il 2010 Doris Leuthard, 47 anni. Ha suscitato entusiasmo anche l’elezione a ministro di Simonetta Sommaruga, un politico che parla un ottimo italiano. Trattasi di un’elezione storica, da parte del Parlamento di Berna, perché per la prima volta il governo federale è composto in maggioranza da donne. Una curiosità: la Svizzera, in Europa, aveva concesso il suffragio universale femminile, soltanto 39 anni fa.
Cambiamo continente. In Africa ed in specifico in Liberia Ellen Johnson Sirleaf, 68 anni, è stata eletta presidente il 23 novembre 2005, con un mandato di sei anni, battendo l'ex calciatore del Milan George Weah. E' stata la prima donna presidente di uno Stato africano e la prima donna nera presidente. Non è stata invece fortunata, in Togo, Brigitte Kafui Adjamagbo-Johnson che ha perso le elezioni del 2010 per la presidenza ma una vittoria l’ha già ottenuta: è stata la prima donna candidata alla presidenza da più di 50 anni di indipendenza. Sempre nel corrente anno un’altra donna candidato che merita d’esser ricordata per il coraggio è Fatima Ahmed Abdelmahmoud leader del partito Sudanese Socialist and Democratic Union e presidente della sede dell’Unesco in Sudan. Ha sfidato il genocidario Omar el Bashir che ha vinto dubbie elezioni. In Rwanda, un’altra sfidante di persone poco raccomandate è stata Victoire Ingabire Umuhonza, presidentessa dell’Unified Democratic Forces (UDF), che ha guidato la coalizione dei partiti d’opposizione ruandesi contro Paul Kagame. Il parlamento del Rwanda conta il 56% di parlamentari donne mentre…lasciamo stare.
Non è ancora presidente ma è certamente tra le donne africane più conosciute a livello internazionale, per la sua tenace opposizione a Jacob Zuma e per le politiche sociali che ha importato in politica il metodo della società civile. Si tratta di Hellen Zille, l’unica donna a governare una delle nove province del Sudafrica, il Paese che ha ospitato i Mondiali di Calcio e che, all’uopo, è stata intervistata da Unimondo. Nel 2007 Hellen è stata premiata come “il miglior sindaco al mondo”, un riconoscimento attribuito ogni anno dal City Mayor Project, che si occupa di monitorare l’operato dei sindaci nelle principali città. Il premio le è stato riconosciuto, fra le altre cose, per un intervento urbanistico che riguarda il Green Point, l’area verde sul lungomare di Capo di Buona Speranza. Di fronte a un governo centrale molto preoccupato di fare bella figura ai Mondiali di calcio, Zille ha deciso di contrattare, chiedendo in cambio del mega stadio sul Green Point, un nuovo quartiere di case popolari.
Ritornando a casa, in Europa, dopo aver fatto il giro del mondo, proviamo a passare dai Presidenti ai Parlamenti giocando con le percentuali. Nei Parlamenti nazionali dell'Ue le donne sono in media il 23%. Nel 2008 vi era il 47% di donne nel Parlamento svedese, il 41,5% in quello finlandese ed il 38% nel Parlamento danese. I Parlamenti con meno donne sono quello rumeno (9,4%) e quello maltese (8,7%). Nel Parlamento italiano la rappresentanza femminile è al 17%. In aggiunta l’Italia ha due sole presidenti di Regione: in Lazio ed in Umbria. Due come nella passata edizione. Una del centro destra e una del centro sinistra. In controtendenza sembra andare la società civile, per fortuna. Emma Marcegaglia è Presidente di Confindustria mentre Susanna Camusso, leader in pectore della CGIL, siede al lato opposto del tavolo. L’Italia ha visto al massimo una donna ministro ma mai premier o Capo di Stato.
Non vorremmo arrivare a considerazioni affrettate ma la veloce fotografia sembra dirci alcune cose:
1) le donne in politica sono “capaci di conflitto” affrontando i genocidari più spietati.
2) l’altra metà del cielo è poco propensa alla guerra e più alla diplomazia. Esiste un Mugabe donna?
3) i Paesi nordici, che applicano da più tempo politiche obbligatorie o volontarie di parità, presentano le percentuali più elevate di donne nei rispettivi parlamenti.
Probabilmente a marzo si andrà a votare in Italia. Speriamo sia il primo week-end e giusto l’8 marzo avremo risultati “rosei”.
Fabio Pipinato

L’articolo è dedicato al premio nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Il potere maschile e guerrafondaio non permetterà, con la forza ed il sequestro di persona, la ricandidatura.

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