martedì 20 luglio 2010

Caserta, dossier choc: i rifiuti tossici stanno decimando la popolazione

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Tutto è iniziato con le indagini epidemiologiche dell’Istituto Superiore della Sanità risalenti a un anno fa che hanno attinto informazioni da una ricerca eseguita dall’ospedale Monaldi e dall’Enea. I dati erano «disastrosi» stando alle informazioni fornite dalla procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. Da quel dossier medico si è appreso che l’incremento di tumori nella popolazione che vive nel Casertano, rispetto ad altre popolazioni, è riconducibile a fenomeni di smaltimento illecito di rifiuti. Smaltimenti che, per anni, le aziende consorziate per la raccolta e il trattamento di rifiuti, spesso in odore di camorra, avevano intombato nei terreni delle campagne coltivate dell’agro Aversano e del litorale Domizio.
Inoltre, lo studio dell’Oms, istituto superiore di sanità e Cnr di Pisa, eseguito fra Napoli e Caserta, ha riscontrato nelle popolazioni a ridosso delle discariche abusive gestite dalla camorra, eccessi di mortalità per tumori al polmone, fegato e stomaco e il rischio per alcune malformazioni alla nascita superiore dell’80 per cento la media regionale (24,6%).
Mentre si riscontrano casi di tumori alla vescica e malformazioni urogenitali nel basso Casertano. I dati allarmanti contenuti nell’ultimo dossier erano finiti sulle scrivanie dei procuratori della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere che si occupano di reati ambientali. Nell’ultima inchiesta sui depuratori dei Regi Lagni la procura aveva inoltre scoperto che non solo i rifiuti solidi, ma anche le acque di alcuni paesi del Casertano (in particolari dei comuni di Casal di Principe, Casapesenna e San Cipriano d’Aversa) venivano sversate direttamente nei Regi Lagni senza passare attraverso i depuratori di acque reflue. E da lì direttamente in mare, dove in estate i bagnanti sono soliti trascorrere le loro vacanze. Per questo, da quelle stesse scrivanie che hanno elaborato indagini, è venuto fuori un documento redatto e presentato alla Seconda Università degli Studi di Napoli, all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e al Ministero dell’Ambiente - direzione qualità della vita - che prevede, a settembre, la creazione di un pool di esperti per monitorare il territorio campano nei suoi siti più a rischio. Il tutto siglato con la firma su un protocollo d’intesa, già pronto in bozza, tra le forze dell’ordine, ministero, università e procura. Un’idea venuta al procuratore capo Corrado Lembo e spiegata in conferenza stampa dal ministro dell’Interno Roberto Maroni tre giorni fa in prefettura. Quando Maroni ha dichiarato che «a settembre verrà anche il ministro Prestigiacomo a Caserta per siglare il protocollo», tutti si sono chiesti cosa contenesse il documento. Ebbene, nella bozza è contenuto il patto di collaborazione tra l’Asl di Caserta, il corpo forestale dello Stato, il comando delle capitanerie di porto e dei carabinieri per la tutela ambiente che avranno l’obbligo di segnalare notizie di reati ambientali alla procura.

In pratica, chi per primo riscontra irregolarità nella gestione rifiuti, dovrà segnalarlo in procura in tempi veloci. Prevede, anche, l’impegno da parte degli istituti di ricerca di redigere mappe tematiche (su coltivazioni di cave, smaltimenti di traffici illeciti, sversamenti di inquinanti nelle acque, improprio uso antropico di acque contaminate, sull’inadeguatezza e smaltimento di rifiuti e l’immissioni di sostanze inquinanti nell’area). Si dovranno acquisire informazioni epidemiologiche cicliche con l’istituzione di una rete di monitoraggio sui rischi per la salute dei cittadini. E costruire un pool di esperti per l’analisi dei dati. Un punto tra tutti è occupato, nella bozza di protocollo, da un vincolo fondamentale: quello che prevede il controllo dell’attivazione di bonifiche sui siti inquinati. Negli anni passati sono stati proprio i controlli che non hanno funzionato nella complessa macchina istituzionale nel settore dei rifiuti. Il tutto sarà coordinato dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere «sulla scorta - si legge nella bozza - delle indicazioni tecniche fornite dagli altri soggetti firmatari». In pratica per la prima volta si raccoglieranno dati che certificheranno l’incidenza sulla salute della popolazione dei reati di tipo ambientale.

Marilù Musto, IlMattino

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