lunedì 27 settembre 2010

Dove l’infanzia trascorre lavorando "Stop Child Labour"


(fonte:repubblica)

Sono 306 milioni i bambini sfruttati
Dal numero totale vanno isolati i 115 milioni di minori impegnati in occupazioni pericolose, oppure costretti nel mercato del sesso. Il fenomeno risulta più esteso in Asia e nel Pacifico. Nell’Africa subsahariana sono invece 65 milioni. La campagna “Stop Child Labour”

Ci sono quelli visibili, ai quali ci si abitua nel vederli, piccoli come sono, stracarichi di fagotti lungo le strade di Mumbai, di Lima o a Lagos. Ma ci sono anche quelli che non si vedono, di cui non si sa nulla e che sono – se possibile – i più numerosi, i più fragili. Secondo i dati ILO 2010 (Organizzazione Internazionale del Lavoro), nel mondo ci sono 306 milioni di bambini economicamente attivi, 215 milioni di bambini il cui lavoro è sfruttato e 115 milioni esposti a lavori rischiosi e alle peggiori forme di sfruttamento (sessuale, traffico, ecc.).  I bambini e le bambine che lavorano si concentrano per lo più in Asia e nel Pacifico, dove sono 113,6 milioni. In Africa Sub Sahariana il dato è in preoccupante ascesa: si contano 65 milioni di minori sfruttati.
I bambini lavoratori, tuttavia – tema al centro di una campagna del Cesvi, ma che impegna anche altre Ong come Terre des Hommes, Save the Children e organizzazioni come la Cgil – non sono una realtà che riguarda esclusivamente i Paesi in via di sviluppo, ma anche quelli ad economia in via di transizione e quelli industrializzati, dove la percentuale dei minori lavoratori rappresenta l’1%. In Italia, secondo l’ISTAT, lavorano 144.000 bambini tra i 7 e i 14 anni; e di questi, 31.500 sono da considerarsi veri e propri casi di sfruttamento. Ma per l’Ires – CGIL la cifra è di 400 mila bambini; questa stima è confermata anche da un’indagine realizzata dall’Istituto Nazionale Consulenti del Lavoro nel 2007 e dal rapporto pubblicato da Telefono Azzurro Eurispes nel Novembre 2007. Le differenze tra queste stime dimostrano che il fenomeno nel nostro Paese è ancora poco analizzato.
La ragione profonda per l’eliminazione del lavoro minorile è costituita dal diritto di ogni bambino, o bambina, ad un’educazione libera e dalla constatazione che spesso i minori subiscono le peggiori forme di sfruttamento (veri e propri crimini) anche nei Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione ILO 182 (ratificata da 163 Paesi) sulle peggiori forme di lavoro minorile.
La Campagna 1 Stop Child Labour – School is the best place to work (la scuola è il miglior posto in cui lavorare) è promossa dal network europeo Alliance2015 (Cesvi, German Agro Action, Hivos, Concern, People in Need), grazie al sostegno della Commissione Europea. La campagna ha l’obiettivo di richiamare tutti i governi, le imprese e gli attori sociali alle loro responsabilità verso i bambini e le bambine vittime dello sfruttamento del lavoro minorile.
Per sfruttamento del lavoro minorile si intende “qualsiasi forma di lavoro compiuto da bambini e ragazzi di età inferiore ai 18 anni che interferisca negativamente con la loro educazione e/o possa danneggiarne la salute fisica o psicologica e lo sviluppo mentale, spirituale, morale o sociale” (Convenzione dei diritti dell’infanzia, articolo 32.1).
La campagna si basa su 4 principi guida:
1)  Lo sfruttamento del lavoro minorile nega ai bambini il diritto all’educazione.
2)  Tutte le forme di sfruttamento sono inaccettabili.
3)  I Governi, l’Unione Europea, le Organizzazioni Internazionali, le aziende e i consumatori devono lavorare insieme per fermare lo sfruttamento del lavoro minorile.
4)  Gli standard di lavoro vanno rispettati e rafforzati per eliminare lo sfruttamento.
In Italia, la campagna vuole sensibilizzare ed educare la società sui temi dello sfruttamento del lavoro minorile in Italia e nel mondo, dei diritti dell’infanzia e dell’importanza dell’educazione come “soluzione” al problema. Per questo la campagna afferma, appunto, che “la scuola è il miglior posto in cui lavorare”. Questo implica la promozione e la valorizzazione del diritto ad un’educazione pubblica, di qualità e a tempo pieno per tutti i minori.

fonte: www.repubblica.it

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