martedì 13 luglio 2010

Taranto. I giardini sono tossici ma l’acquedotto romano è stato restaurato


di Marco Stefano Vitiello

Estate nel chiuso delle case per i bambini del quartiere Tamburi di Taranto: un’ordinanza del sindaco Ippazio Stefàno stabilisce che non potranno giocare nelle poche aree verdi della zona perché nel terreno c’è una contaminazione chimica che oltrepassa i valori di legge per il berillio e i Pcb, sostanze cancerogene.

La relazione tecnica del Progetto Coordinato per il risanamento del Quartiere Tamburi non lascia dubbi: “i risultati dell’analisi di rischio hanno evidenziato un rischio totale non accettabile per le sostanze cancerogene” in relazione allo “scenario bambini”. Alla luce della relazione tecnica il pericolo per i più piccoli è riferito a due inquinanti in particolare: i Pcb (policlorobifenili) e il berillio.

I bambini potrebbero o anche, nel caso dei PCB, essere contaminati anche solo per contatto dermico.

Il coordinamento di cittadini e associazioni locali Altamarea ha già scritto al direttore generale dell’Arpa, Giorgio Assennato, perchè chiarisca la provenienza delle sostanze che hanno inquinato il suolo del quartiere Tamburi. Infatti, sulla base delle ricerche dello IARC (Agenzia Internazionale Ricerca sul Cancro, Monografia Volume N. 58), il berillio “fin dai primi anni del ventesimo secolo, è stato prodotto e utilizzato in una varietà di applicazioni come metallo in leghe” e i lavoratori delle aziende siderurgiche possono essere esposti “ad elevati livelli di berillio, soprattutto nella raffinazione e lavorazione dei metalli”.

Il quartiere Tamburi è già tristemente noto alle cronache noto per essere un’area sottoposta agli inquinanti come la diossina e il benzo(a)pirene, entrambi cancerogeni. Quest’ultimo ha superato nel 2008 e nel 2009 il valore fissato dalla legge e l’Arpa (Agenzia Regionale Protezione Ambiente) ha indicato nella cokeria dell’Ilva la sorgente del 98% di tale emissione cancerogena, fornendo al sindaco di Taranto gli elementi per emanare un mese fa un’altra ordinanza finalizzata a ridurre le emissioni e a tutelare la salute della popolazione.

Anche la Regione Puglia è intervenuta, disponendo attorno all’area industriale una fascia di 20 chilometri in cui è fatto divieto di pascolo per le aree incolte, a causa della contaminazione da diossina e il Dipartimento di Prevenzione della Asl di Taranto ha inoltre disposto per i prossimi giorni l’abbattimento di altri mille capi di bestiame nelle cui carni è stata rinvenuta una concentrazione di diossina superiore ai limiti di legge.

Ieri in Consiglio comunale, Mario Laruccia dei Riformisti ha presentato una mozione, poi approvata all’unanimità, che testualmente recita: “Il Consiglio comunale impegna l’Amministrazione comunale a conferire, senza ulteriore indugio, l’incarico professionali a legali specificatamente qualificati al fine di attivare l’azione risarcitoria nei confronti di Ilva spa”. Nel suo intervento il promotore ha chiesto al sindaco Ippazio Stefàno, di “rompere le ambiguità con la grande industria. Bisogna dare seguito alla votazione espressa già dal Consiglio comunale lo scorso 18 maggio. Eppure – insiste Laruccia – nonostante quell’indicazione nulla è stato fatto. Del resto non intervenendo il Comune rischia seriamente di non interrompere i termini della prescrizione avviati in seguito alla sentenza della Corte di Cassazione del 2005. Sentenza che, a sua volta, stabiliva il principio per il quale ‘chi inquina deve pagare per il danno provocato’”.

Su tutt’altro fronte, va segnalato l’intervento del sindaco Ezio Stefàno che, venerdì sera, ha acceso l’impianto che illumina seicento metri dell’Acquedotto del Triglio, che risale al 123 a.C. ed è separato dalle ciminiere e dai fumi tossici dell’Ilva solo dalla strada provinciale Taranto Statte; questo primo intervento di restauro e consolidamento è costato 881mila euro di fondi Por.

fonte: www.gliitaliani.it/

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