sabato 2 aprile 2011

I cacciatori di petrolio nel cuore dell’Appennino

tratto da: Terra
Diego Carmignani

IL CASO. Tre valutazioni di impatto ambientale sui permessi di ricerca di idrocarburi, avanzate dagli americani della Hunt Oil Company, minacciano il territorio tra i fiumi Reno, Secchia e Panaro.

Hunt Oil, cioè cacciatori di petrolio. Più chiari di così si muore. Fondata nel 1934, è oggi una delle più grandi aziende petrolifere private indipendenti negli Stati Uniti, operando in patria e in tanti altri Paesi sparsi per tutti i continenti, eccetto l’Antartide, e in tutti i tipi di ambienti sia onshore che offshore, comprese acque profonde, deserto, giungla e ghiacci. Specialisti dell’estrazione che anche l’Italia ha la “fortuna” di poter accogliere con piani di esplorazione volti alla trivellazione messi a punto e ben tre valutazioni di impatto ambientale sui permessi di ricerca al vaglio, denominati “Fiume Reno”, “Fiume Secchia” e “Fiume Panaro”: siamo dunque in Emilia Romagna, in territori che ospitano numerose Aree protette appartenenti al sistema Natura 2000, parchi e riserve naturali, zone di alto pregio ambientale e paesaggistico, siti di valore storico-testimoniale.


In buona sostanza, pezzi di eccellenza italiana da mettere in secondo piano, scavalcare, deprezzare e danneggiare in nome dell’oro nero, braccato come i cercatori della Hunt sono soliti fare, specie in una fase critica per l’approvvigionamento delle risorse, con le fonti fossili agli sgoccioli. Però, la vera corsa contro il tempo è, viceversa, quella per fermare le concessioni, che attualmente si trovano a questo stadio: il progetto “Fiume Secchia” ha già avuto il parere positivo alla prima Valutazione di impatto ambientale di prospezione, “Fiume Panaro” avrà il probabile via libera conclusivo alla Conferenza dei servizi del 22 aprile, salvo ulteriori posticipi, mentre per “Fiume Reno” non esiste ancora una data definita.

A questi aggiornamenti, va aggiunta un’altra novità di affari petroliferi: l’esito positivo della prima V.I.A. per un altro progetto della società Edison, denominato Zappolino, che coinvolge direttamente il capoluogo Bologna e diversi comuni della sua provincia. La richiesta era partita nel 2006 e l’ok è arrivato nel Ottobre 2010. In tutti i casi elencati, la colpevole assenza di informazione e trasparenza verso i cittadini è stata la regola. Sepolte dal silenzio generale, le trame petrolifere sono negli ultimi tempi al centro del dibattito locale, con l’impegno crescente di cittadini, esponenti politici, associazioni ambientaliste, Legambiente in primis, e movimenti, come i “grillini” di Cinque Stelle.

Questi ultimi hanno anche depositato una risoluzione urgente per chiedere alla Regione di interrompere lo sfruttamento a fini estrattivi di eventuali giacimenti di idrocarburi presenti su un territorio, che, oltretutto (e come tipico dello Stivale), presenta amplissime aree interessate da fenomeni di dissesto idro-geologico, in generale delicate e ad orografia complessa. Nella richiesta, si pregavano inoltre gli amministratori  di continuare nel programma di riconversione energetica per rispettare gli impegni derivanti al nostro Paese dall’adesione al protocollo di Kyoto e dagli accordi presi davanti l’Unione Europea.

Martedì, l’Assemblea legislativa della regione Emilia Romagna ha però respinto tale risoluzione. Un’ulteriore allarmante ragione avanzata da chi dice no allo scempio è il fondato sospetto circa la portata dei sistemi adottati dalla Hunt Oil. Tutto lascia intendere che, una volta ottenuti eventualmente i permessi di ricerca e coltivazione dal ministero dell’Ambiente, la società statunitense possa avviare ricerca con la tecnica denominata hydraulic fracturing (fratturazione idraulica) dello shale gas (gas da scisto), chiamato anche unconventional gas, definizione più che soft che ridimensiona i suoi effetti notoriamente devastanti. In America, questa tecnica ha distrutto interi territori, inibendo la popolazione dal poter bere acqua dal rubinetto perché resa inquinata (e incendiaria) da solventi cancerogeni e mischiata al gas.

Non serve l’immaginazione per questo scenario surreale: l’eccezionale testimonianza del docu-film Gasland, firmato da Joshua Fox, l’ha fatto girare in tutto il mondo dopo aver conquistato il prestigioso Sundance festival 2010 di Robert Redford e sfiorato la vittoria dell’Oscar 2011. La storia dell’attivista  Marcellus Shale, impegnato in una campagna contro le letali trivellazioni per i pozzi di gas in Pennsylvania, rischia dunque di avere un “sequel” tutto italiano. Come denunciato dal capogruppo Cinque Stelle dell’Emilia Romagna Andrea De Franceschi nell’interrogazione, il momento di agire è necessariamente questo, visto che siamo nell’unica fase in cui la Regione può intervenire. In seguito, l’unico che può rilasciare autorizzazioni alla trivellazioni è il Ministero competente. Sul buon senso del quale, visto il vento che tira sul fronte energetico, tra petrolio libico in forse, rinnovabili ammazzate e nucleare screditato, i dubbi sono tanti.

Distraendosi un attimo, dunque, pozzi petroliferi potrebbero spuntare nel cuore dell’Appennino. I cittadini scesi in campo, in particolare per la difesa delle vallate del Reno, del Setta e del Savena, interessate alle concessioni “Fiume Reno” e “Fiume Panaro”, sottolineano, anche nel caso di totale sicurezza garantita dalla compagnia petrolifera, un problema centrale: a valle dell’autorizzazione alla ricerca, i Comuni vengono infatti completamente esautorati dalla possibilità di determinare una scelta rispetto all’utilizzo del proprio territorio, destinato a cambiare per sempre e in peggio.

Pochi mesi fa, il Comune di Sasso Marconi, dopo aver ospitato presso le sue sale un’assemblea pubblica per l’illustrazione del progetto di ricerca, ha approfondito lo studio delle conseguenze delle attività in progetto e approvato all’unanimità un ordine del giorno che dichiara l’indisponibilità per le attività di estrazione di qualsiasi tipo di idrocarburi. Un esempio che sempre più cittadini emiliani vorrebbero che le proprie amministrazioni seguissero, prendendo posizione contro un impatto ambientale e sociale enorme. E imposto dall’alto.

4 commenti:

  1. Sul sito "Italiani imbecilli" esiste un video
    terribile,Volelo segnalarlo.E'orribile.

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  2. egill grazie per la segnalazione, ho guardato questa terrificante mostruosità che ribadisce il concetto che non esista mai una guerra giusta e che, sempre, sempre il costituire eserciti sia una follia.

    Un abbraccio
    Namastè

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  3. Tu credi sia vero il sito è attendibile ma come
    è stato possibile che quei soldati non abbiano
    opposto un netto rifiuto.Non è vivere quello e non
    dopo una esperienza abberrante.Non si tratterà di una ignobile farsa?
    Egill

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  4. Egill, davvero non saprei, sì in effetti il sito lo conosco ed è attendibile.
    Mi auguro che sia, come dici, una ignobile farsa, ma non mi stupirebbe, il contrario. La guerra è una cosa terribile e produce atroci mostruosità.
    Non lascia alcuno spazio per il rispetto reciproco.
    Le guerre civili poi sono teatro delle peggiori brutture...

    Abbraccio forte
    Namastè

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