lunedì 28 giugno 2010

G20: l’economia affonda nell’impotenza della politica

Il G20 finisce come è finito il G8. Una pena: nella dichiarazione finale, da un lato si enfatizza – come ha ripetutamente chiesto nei giorni scorsi Barack Obama – il ruolo fondamentale dei piani di stimolo fiscale dei governi per sostenere la ripresa. Però, pur nella consapevolezza che un “aggiustamento” fiscale simultaneo di tutti i governi “potrebbe avere impatti negativi sulla ripresa”, i grandi della terra si impegnano, come sperava Angela Merkel, a stabilizzare o meglio ridurre i rapporti debito Pil entro il 2016 e ad azzerare i deficit entro il 2013.

Una dichiarazione che è un monumento al cerchiobottismo. Un segnale quantomeno confuso alle opinioni pubbliche e ai mercati. Ma questo sarebbe il meno. C’è una cosa che sembra ormai chiara: l’impotenza dei grandi della terra nel trovare un bandolo della matassa accettabile per tutti per disegnare una nuova via al capitalismo o comunque allo sviluppo e diffusione del benessere. Sarà perché la globalizzazione rende tutto più difficile, perché gli interessi “di bottega” sono molto corposi e troppo divergenti, o perché i “grandi” della terra sono tutti molto piccoli.

Ma è palese l’asimmetria tra la potenza di fuoco e la rapidità di azione dei mercati finanziari e l’insipienza e l’attendismo della politica. Non è chiaro ancora come andrà a finire: se in un “caldo bagno di sangue” o una mega catastrofe sistemica senza precedenti, una Grecia all’ennesima potenza. Senza escludere una mega catastrofe ambientale. Oppure se ci sia da qualche parte una soluzione che aspetta solo di essere trovata. Di certo che, in assenza di “pensieri lunghi”, di un po’ di coraggio e della presa d’atto che “c’è del marcio in Danimarca”, e che non se ne esce – stavolta – con le solite ricettine di basso profilo, il capitalismo avrà pure i secoli contanti, ma anche “un grande avvenire dietro le spalle”.

E a pagare il conto, prima o poi, stavolta, non saranno solo i poveri cristi.

di Carlo Cipiciani (Comicomix)
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