mercoledì 23 giugno 2010

QUESTO E' IL CAPITALISMO: BAMBINI IRRORATI E CAMIONISTI MORTI!


La maggior quantità di divise che entrano nel paese derivano dall’esportazione della soia e dei suoi derivati. Il gran problema è che la maggior parte di quel denaro resta in mano ad un pugno di multinazionali. Un modello di sviluppo imposto dal di fuori e che ha poco a che vedere con i bisogni interni. Tanto è vero che l’immagine della Pampa dove pascolano le mucche o le pecore formano ormai parte di un passato melanconico. Per questo molti scelgono le isole del Delta del Parana per inventare una nuova Pampa bruciando la vegetazione originaria. L’industrializzazione della soia avanza e si porta dietro la vecchia pianura e la biodiversità che in qualche momento ha caratterizzato l’Argentina.
Ma non si porta solo dietro la natura, anche la vita dei lavoratori.
Qualche volta da queste pagine si è parlato dell’effetto degli erbicidi sui bambini “bandiere”, quei ragazzi che usavano i loro corpi per segnalare dove gli aerei dovevano irrigare la campagna con prodotti chimici altamente tossici.
Vite messe all’asta per centesimi sull’altare del Dio del profitto della soia.
Adesso appaiono altri corpi distrutti.
I corpi dei camionisti, quelli che teoricamente sono difesi dal sindacato più potente del paese, cuore della vecchia CGT.
Ma non ci sono parole dei leader operai tradizionali e molto affini al governo, per i camionisti che muoiono a causa dell' effetto delle intossicazioni dopo aver usato il proprio mezzo come silo andante.
Le notizie appaiono nelle sezioni di polizia della provincia di Santa Fè, nella cui geografia si sono stabilite le compagnie internazionali.

L’informazione dice che “un camionista che trasportava soia è morto e un numero indeterminato di questi lavoratori sono morti negli ultimi anni da avvelenamento da pesticidi, secondo quanto riferito dalla Federazione Argentina di trasporti rurali e delle entità ambientali.
Le morti si sarebbero verificati in quanto, per tagliare i costi, invece di scendere il carico per fumigarlo, si applica il veleno nell’interno del camion.
La Federazione delle aziende esportatrici incolpa, tra queste Cargill, Luois Dreyfus, Bunge & Born, ADM, Nidera, Toepfer e Terminal 6. Il rappresentante di un'associazione ambientalista ha detto che il procedimento di mettere il veleno nel camion è di uso comune nei porti di esportazione, anche in Quequen e Bahia Blanca”, sostengono i mass media regionali.

La vita dei camionisti non vale nulla per le multinazionali.
Per esse l’unica cosa di valore è la soia ed i suoi derivati.

Cargill, ad esempio, ha fatturato durante il 2008, 19.700 milioni di pesos, cioè, 38.000 pesos ogni 60 secondi (9.500 euro, aprox, ndt). Bunge più di 18.000 pesos al minuto. Dreyfus anche. Aceitera General Deheza, più di 16.000 pesos fatturati ogni 60 secondi. Nidera più di 10.000 pesos al minuto. Toepfer, più di 6.000 pesos ogni 60 secondi e Noble, più di 5.600 pesos al minuto.

Questo è il valore di fronte al quale la vita di un camionista vale nulla.
Sull’altare della soia sono immolati i vecchi campi fertilissimi e le vite dei lavoratori, piccoli e grandi.
Tutto è per la bilancia del profitto, la sicurezza giuridica, l’inserimento argentino nel mondo, gli investimenti e altre bugie che garantiscono solo l’impunità del denaro. D'altra parte, la vita della maggioranza che, come sempre, si aspettano una nuova opportunità di rispetto in queste baraccopoli del mondo. (Fonte dati Diario Página12 13-05-10)

BAMBINI IRRORATI CON PESTICIDI LAVORANO COME "BANDIERE" UMANE
www.siendo-humanos.blogspot.com

Nord della Provincia di Sta Fè.
Il territorio storico de La Forestal, azienda inglese che ha sterminato il quebracho colorato, intascando milioni di sterline di guadagni, ha trasformato i boschi in deserti, ha abbandonato decine di paesi nel buco nero della disoccupazione ed ha goduto della complicità di amministrazioni nazionali, provinciali e regionali per più di 80 anni. Las Petacas si chiama l’esatto scenario del secondo stato argentino dove i ragazzi sono usati come segnali per irrorare.

Bambini che vengono irrorati con diserbanti e pesticidi, mentre lavorano come "palo", come bandiere umane e che dopo saranno sostituiti da altri.
“Prima si inizia a irrorare negli angoli, che si chiama “esquinero”- Dopo, bisogna contare 24 passi verso un lato dall’ultimo posto dove è passato il “mosquito”

La "zanzara" è una macchina che vola basso e "spruzza", una nube di pesticidi.RoundUp e a volte con 2-4 D (erbicida usato principalmente per la coltivazione della soia). Gettano anche insetticidi e altri elementi tossici per far sparire l’erba. Hanno un fortissimo odore. (mosquito-zanzara- è la macchina usata per le fumigazioni, che vola bassa e annaffia con una nube di insetticidi), dal punto centrale della macchina e fermarsi lì”, dice uno dei ragazzi tra i 14 e 16 anni.
Affinchè il conduttore sappia dove deve fumigare, i produttori agricoli della zona hanno trovato una soluzione economica: ragazzi di meno di 16 anni, si fermano con una bandiera nel sito che deve essere irrorato. Li spruzzano con
“A volte aiutiamo anche a caricare la cisterna. Quando c’è vento la nube ci viene addosso e ci bagna tutta la faccia”, dice il ragazzino “segnale”, che sarà contaminato, un numero di cui nessuno terrà conto per un modico preventivo d’investimenti nel nord di Santa Fè. Non c’è protezione di alcun tipo.

E quando segnalano il punto della campagna da dove deve passare il “mosquito”
prendono tra i 20 ed i 25 centesimi per ettaro (all’incirca 5 centesimi di euro a ettaro) e cinquanta cents (poco più di 10 centesimi) quando il pesticida viene diffuso da un trattore che “va più lento”.

“Con il mosquito si fanno dai 100 ai 150 ettari al giorno. Si lavora con due bandierine, una per l’andata ed un’altra per il ritorno. Lavoriamo da quando esce il sole fino a quando è buio. A volte ci danno da mangiare lì ed altre ci portiamo il cibo da casa, dipende dal produttore”, aggiungono gli intervistati.

Uno dei ragazzi dice che di sapere che quei liquidi possono far male: “Può venirci il cancro”, semplifica. “Sono 3 o 4 anni che lavoriamo così. Nei periodi di caldo bisogna sopportare il caldo e in più la puzza di quel liquido ti spacca la testa”.
"A volte mi viene il mal di testa in mezzo alla campagna. Porto sempre una maglietta a collo alto per coprirmi la faccia e la testa”, dicono le voci dei ragazzi avvelenati.

Cerchiamo due produttori.”. Ognuno ha il suo personale, ma alcuni no perché usano bandierine satellitari. Facciamo un riposo a mezzogiorno e camminiamo per 200 ettari al giorno. Non ci stanchiamo molto perché siamo abituati. A me faceva male la testa e tremavo tutto. Sono andato dal medico che mi ha detto che era per il lavoro che svolgevo, che ero malato per questo”.

Il padre dei ragazzi non può accompagnare più i suoi figli. Non sopporta più i gonfiori dello stomaco, ha raccontato: “non abbiamo altra scelta. Abbiamo bisogno di fare qualsiasi lavoro”, dice mentre cerca di spiegare perché i suoi figli si espongono ad un simile assassinio a tappe.

L'associazione dei Vicini Autoconvocati di Las Petacas e la Fondazione per la Difesa dell’Ambiente avevano chiesto al presidente comunale, Miguel Angel Battistelli, affinché sviluppasse un programma di eradicazione delle attività contaminanti vincolate all’esportazioni agricole e all’uso di agrochimici.
Non ci sono stati dei passi avanti.
I ragazzi continuano a far da bandiera. E’ in Las Petacas, nord “profondo” di Santa Fè, dove ancora continuano ad essere vive le grinfie dei seguaci di La Forestal.

Nessun commento:

Posta un commento

La moderazione dei commenti è stata attivata. Tutti i commenti devono essere approvati dall'autore del blog.
Non verranno presi in considerazione gli interventi non attinenti agli argomenti trattati nel post o di auto-promozione.

Grazie.