martedì 29 giugno 2010

Una questione personale


di Pietro Orsatti

Una questione personale. Si, ormai fare informazione in questo Paese sta diventando una questione personale. Fare inchieste, raccontare la realtà, descrivere luoghi e volti e bisogni. Cercare di dare parola a chi parola non ha. Una questione personale, alla fine si riduce tutto a questo.

È diventata una questione personale cercare di capire. Capire per esempio come sia possibile che in una città devastata da incuria e disagio sociale come Roma si possano spendere milioni e milioni di euro per fare un circuito di formula uno, spianando parchi e paesaggi urbani e uno dei pochi impianti sportivi esistenti nella Capitale, quello delle Tre Fontane. Dove c’era la pista d’atletica e i campi di rugby e hockey si faranno i box. Dove correranno i bolidi miliardari del circo automobilistico le statue degli eroi sportivi del fascismo continuano pacificate a essere cesso per piccioni.

Intanto qualche decina di profughi afghani candidati all’asilo politico dormono in tenda a meno di due chilometri di distanza, all’Air terminal dei mondiali ’90 che non è in funzione da più di un decennio. Anche questa diventa una questione personale, ma molto personale quando si apprende che un cittadino “clandestino”, arrestato a quanto sembra per una rissa ad Agrigento, si è ucciso impiccandosi in una cella. Se non è personale questo. Questo è il risultato, cercato e perseguito, della politica della non accoglienza.

È una questione personale aspettare davanti all’aula del tribunale di Palermo, da giorni, che termini la camera di consiglio per il processo Dell’Utri. È davvero solo una questione personale sapere se davvero il principale collaboratore dell’attuale presidente del Consiglio sia stato uomo “di cerniera” fra la mafia siciliana e l’imprenditoria del Nord? Sarà anche personale, ma credo che lo sia per gran parte degli italiani saperlo.

Ed è una questione davvero personale pretendere che la maggioranza e il governo spieghino agli italiani la vera ragione per la quale è stato nominato un ministro a un ministero che non c’è. E come sia stato possibile che a sedere su questa poltrona sia stato chiamato un imputato di “peso” nel processo stralcio per la scalata Banca popolare italiana (Bpi) ad Antonveneta. Che abbia rinunciato al legittimo impedimento è superfluo. Era ormai evidente che il neo ministro Brancher se non avesse fatto questo risibile atto di buon senso avrebbe avuto non piccole difficoltà a uscire di casa senza essere inseguito da folle di cittadini armati di gavettoni. Ed è una questione personale per quelle migliaia di cittadini leghisti e federalisti capire per quale ragione uno dei principali sponsor di questa misera operazione di autoconservazione del micro ceto politico/economico padano sia stato il super ministro alla facilitazione Calderoli. Chissà se l’inventore del porcellum si è reso conto che è un rischio non da poco aver “inventato” un popolo padano sempre più radicale e incazzato e poi mettersi a fare giochetti di bassa sopravvivenza politica.

E per me diventa una questione profondamente personale assistere a nove minuti di servizi sulla crisi del settore nautico di lusso sul tg1 di prima serata mentre non si dedica neanche una parola allo sciopero della fame dei lavoratori, truffati da una speculazione finanziaria talmente opaca da aver costretto la magistratura ad aprire un fascicolo, dell’Agile/Eutelia.

E ancora, giovedì prossimo, sarà una questione personale manifestare contro la legge bavaglio. Per me e per miglia di colleghi, amici, cittadini. Una questione talmente personale da diventare politica.

fonte: www.orsatti.info

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