mercoledì 9 marzo 2011

Uccise, suicide o stuprate per uno sguardo

tratto da: Giornalettismo
Luca Scialò

La storia di Rehana Yasmin, portata via con l’inganno e poi stuprata in Pakistan

 Rehana Yasmin è una studentessa pakistana di 19 anni che abita nel quartiere centrale di Rajanpur. Lo scorso anno, in un giorno caldo d’estate come tanti, sono giunte a casa sua tre donne che l’hanno invitata a seguirla perché le avrebbero dato cibo e assistenza in occasione dei ripetuti diluvi che hanno flagellato il Paese. E invece
LA BRUTALE SORPRESA – “Ma mi hanno portata in un’altra casa lontano da casa mia, e mi hanno lasciata con due figli di una di loro”, racconta in lacrime Yasmin. Luomo l’ha costretta a firmare documenti di matrimonio sotto minaccia di armi e poi l’ha violentata due volte, dicendole che era una vendetta per il padre, il quale era appena stato nominato membro del Comitato di soccorso del suo paese. Poi le hanno detto: “se non è in grado di proteggere te, figuriamoci il villaggio. In Pakistan, soprattutto nelle zone rurali, le donne sono spesso utilizzate come oggetto di rivalsa nelle dispute tra uomini.


LA SITUAZIONE DELLE DONNE IN PAKISTAN – Quasi un migliaio di donne sono state violentata in Pakistan nel corso del 2010, mentre oltre 2.000 sono state rapite e quasi 1.500 assassinate, secondo la Fondazione Aurat, un’organizzazione che opera per la tutela delle donne nel paese. Altre 500 sono state vittime di “delitti d’onore” o karo-kari, una consuetudine in cui parenti e compagni di altre tribù uccidono una donna se solo sospettano che lei aveva una relazione adultera. In Pakistan, quando qualcuno è accusato di adulterio, anche se la persona è innocente, sa che può essere uccisa. A volte, se una donna sorride a un uomo, lei è dichiarata Kari dai nemici che la denunciano al capo tribù. Spesso accade che una donna viene dichiarata adultera solo perché suo padre si rifiuta di sottostare a certe regole. Inoltre, nel 2010 oltre 600 donne si sono suicidate.


L’ASSENZA DI LEGGI CHE LE TUTELANO – Secondo Rabeea Haadi, coordinatrice nazionale della Fondazione Aurat, ci sono stati 8.000 casi di reati contro le donne l’anno scorso, ma il numero reale potrebbe essere molto più alto. “Il problema principale in Pakistan è la cattiva applicazione del diritto, non vi è nessuna norma di diritto, la gente manipola la legge” dice. “Non possiamo combattere contro tali incidenti fino a che non si costruisce un sistema giudiziario che permetta a tutte le vittime di ottenere giustizia”. Mukhtar Mai è stata violentata da quattro persone su ordine di una jirga nel 2002 ed è ancora in lotta per la giustizia. Gli attivisti sono infelici con gli sforzi del governo per migliorare la situazione per le donne vittime nel paese. “Quasi l’85 per cento delle donne pakistane sono soggette a violenza domestica, almeno una volta nella vita e più volte durante la loro vita”, ha dichiarato Tahira Abdullah, la leader attivista per i diritti femminili. “Le stazioni di polizia sono sul libro paga dei capi feudali e dei capi tribù; dunque se una donna viene rapita e violentata da un figlio di un proprietario terriero feudale e dai suoi amici, quale giustizia potrà mai ottenere?”.

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