sabato 19 marzo 2011

L'APOCALISSE È GIÀ QUI

di Guido Viale

Apocalisse significa rivelazione. Che cosa ci rivela l'apocalisse scatenata dal maremoto che ha colpito la costa nordorientale del Giappone?
Non o non solo - come sostengono più o meno tutti i media ufficiali - che la sicurezza (totale) non è mai raggiungibile e che anche la tecnologia, l'infrastruttura e l'organizzazione di un paese moderno ed efficiente non bastano a contenere i danni provocati dall'infinita potenza di una natura che si risveglia. Il fatto è, invece, che tecnologia, infrastrutture e organizzazione a volte - e per lo più - moltiplicano quei danni, com'è successo in Giappone, dove la cattiva gestione di una, o molte, centrali nucleari si è andata ad aggiungere ai danni dello tsunami.
Non è stato lo tsunami a frustrare anche le migliori intenzioni di governanti, manager, amministratori e comunicatori: l'apocalisse li ha trovati intenti a mentire spudoratamente su tutto, di ora in ora; cercando di nascondere a pezzi e bocconi un disastro che di ora in ora la realtà si incarica di svelare. È un'intera classe dirigente, non solo del nostro paese, ma dell'Europa, del Giappone, del mondo, che l'apocalisse coglie in flagrante mendacio, insegnandoci a non fidarci mai di nessuno di loro. Solo per fare un esempio, e il più "leggero": Angela Merkel corre ai ripari fermando tre, poi sette, poi forse nove centrali nucleari che solo fino a tre giorni fa aveva imposto di mantenere in funzione per altri vent'anni. Ma non erano nelle stesse condizioni di oggi anche tre giorni fa? E dunque: c'era da fidarsi allora? E c'è da fidarsi adesso?

Per chi non ha la possibilità o la voglia di sviluppare un pensiero critico e si lascia educare dai media, sono gli scienziati e i tecnici a poterci e doverci guidare lungo la frontiera dello sviluppo. I risultati di quella guida sono ora lì davanti ai nostri occhi. L'apocalisse ci rivela invece che sono gli artisti, con la loro sensibilità e il loro disinteresse, a instradarci verso la scoperta del futuro. Leggete Terra bruciata di James Ballard o, meglio ancora, La strada di Cormac McCarthy; o andate a vedere il film tratto da questo romanzo. Vi ritroverete immediatamente immersi in panorami che oggi le riprese televisive della costa nordorientale del Giappone ci mettono davanti agli occhi. E con McCarthy potrete rivivere anche il senso di abbandono, di terrore, di sconforto, di inanità che solo una irriducibile voglia di sopravvivere a qualunque costo e il fuoco di un legame affettivo indissolubile riesce a sconfiggere.
L'apocalisse ci rivela che la normalità - quella che ha contraddistinto la vita di molti di noi per molti degli anni passati, ma che non è stata certo vissuta dai miliardi di esseri umani che hanno fatto le spese del nostro "sviluppo" e del nostro finto "benessere" - è finita o sta per finire per sempre. È finita per il Giappone - e non solo per le popolazioni sommerse dallo tsunami - che ora deve fermare le sue fabbriche, sospendere le sue esportazioni, far viaggiare a singhiozzo i suoi treni, chiudere le pompe di benzina, spegnere le luci, bloccare tutti o quasi i suoi reattori nucleari; senza sapere con che cosa sostituirli e senza sapere se e quando potrà riprendersi da un colpo del genere (un destino simile a quello che potrebbe far piombare di colpo la Francia nelle condizioni di un paese "sottosviluppato" se solo le accadesse un incidente analogo). I tanti programmi di «rinascita del nucleare» varati negli ultimi anni - che sono la risposta più irresponsabile e criminale alla crisi economica mondiale - si rivelano una truffa: il tentativo di far credere che con l'atomo consumi, sviluppo ed "emersione" di paesi che annoverano miliardi di abitanti possano riprendere e continuare a crescere come prima. Tant'è che quei programmi stavano andando avanti - e forse verranno mantenuti ancora per un po' - soltanto nei paesi senza nemmeno la parvenza della democrazia (tra cui l'Italia). Ma adesso tutti, o quasi, si dovranno fermare.
Ma non saranno rose e fiori neanche per i paesi che viaggiano a petrolio, metano e carbone, come il nostro. Il Medio Oriente è in fiamme e se - o meglio, quando - crollerà il regno saudita, anche il petrolio arriverà con il contagocce. Soprattutto in Italia; ma anche in Europa. E allora addio sogni di gloria per l'industria automobilistica: non solo quelli di Marchionne (che sono un mero imbroglio), ma anche per quelli di tutta l'Europa. Per non parlare degli Stati Uniti: a giugno dovranno rinnovare una parte del loro debito, che è ben più serio e in bilico di quelli di tutti i paesi dell'Unione europea messi insieme; ma forse nessuno lo vorrà più comprare. Il che significa che un nuovo crack planetario è alle porte.
Insomma, niente sarà più come prima. Era già stato detto all'indomani dell'11 settembre; ma poi ciascuno ha continuato a fare quello che faceva prima. Comprese le guerre; compresa le speculazioni finanziarie e la reiterazione della crisi che essa si porta dietro; e che è stata invece trattata come «un incidente di percorso», da cui riprendere al più presto la strada di prima, discettando sui decimali di Pil che da un momento all'altro potrebbero invece precipitare di un quinto o di un terzo.
Quello che l'apocalisse dello tsunami in Giappone ci rivela è la "normalità" di domani. L'apocalisse è già tra noi, in quello che facciamo tutti i giorni e soprattutto in quello che non facciamo. Dobbiamo imparare ad attraversare e a vivere dentro un panorama devastato, dove niente o quasi funziona più: non solo per il crollo o il degrado delle sue strutture fisiche; o per l'intasamento della loro "capacità di carico"; ma anche e soprattutto per la manomissione delle linee di comando, per la paralisi delle strutture organizzate, per la dissoluzione dello spirito pubblico calpestato dalle menzogne e dall'ipocrisia di chi comanda.
Volenti o nolenti saremo obbligati a cambiare il nostro modo di pensare e dovremo studiare come riorganizzare le nostre vite in termini di una maggiore sobrietà; e in modo che non dipendano più dai grandi impianti, dalle grandi strutture, dalle grandi reti, dai grandi capitali, dalle grandi corporation che li controllano e dalle organizzazioni statali e sovrastatali che ne sono controllate: tutte cose che possono venir meno, o cambiare improvvisamente aspetto dall'oggi al domani.
Dobbiamo adoperarci per mettere a punto strumenti di autogoverno a livello territoriale, in un raggio di azione che sia alla portata di ciascuno, in modo da avvicinare le risorse fisiche alle sedi della loro trasformazione e queste ai mercati del loro consumo e alle vie del loro recupero: perché solo di lì si può partire per costruire delle reti sufficientemente ampie e flessibili che siano in grado di far fronte a una improvvisa crisi energetica, alle molte facce della crisi ambientale, a una nuova crisi finanziaria che è alle porte, al disfacimento del tessuto economico e alla crisi occupazionale che si aggrava di giorno in giorno; e persino a una crisi alimentare che potrebbe farsi improvvisamente sentire anche in un paese del "prospero" Occidente. Le fonti rinnovabili, l'efficienza e il risparmio energetici, il riciclo totale dei nostri scarti, un'agricoltura a chilometri zero, la salvaguardia e il riassetto del nostro territorio, ma soprattutto uno stile di vita più sobrio e restituito alla socievolezza sono i cardini e la base materiale di una svolta del genere. Va bene tutto ciò che va in questa direzione; anche le piccole cose. Va male tutto ciò che vi si oppone: soprattutto la rinuncia a un pensiero radicale.

10 commenti:

  1. Ho finito di leggere da poco l'effetto isaia di Grag Braden ,il libro parla proprio dell'apocalisse e di tutte queste rivelazioni future,ma per fortuna lascia intravedere delle possibilità ,solo che tutti dobbiamo credere che esistano, ma proprio tutti.
    La fine di questo articolo contiene forse in parete la soluzione e non credo sia troppo tardi ,questi eventi stanno spingendo l'umanità verso un nuovo paradigma ,purtroppo sembra un difetto dell'uomo quello di sistemare le cose solo dopo che molti fratelli sono morti a causa di errori prevedibilissimi,una curva pericolosa si sistema sempre dopo vari incidenti vero?.

    Sono convinto che apriremo gli occhi ,solo che ora come ora viene solo voglia di chiuderli per non vedere.

    Namastè

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  2. Purtroppo temo non ci sia più spazio e tempo per rinsavire. La rivoluzione interiore, quella che tu conosci bene, cara Rosa, indispensabile per un cambiamento del mondo, non è mai partita!
    La politica ha rovinato tutto!
    Si è trasformata (o forse è sempre stata) nel miglior sistema per rubare le ricchezze di tutti e farle transitare nei portafogli di pochi.
    Una trasformazione degli individui in esseri consapevoli e responsabili avrebbe sicuramente evitato quello a cui stiamo assistendo. Non le catastrofi, ovviamente, ma i comportamenti umani scellerati (che l'articolo del manifesto descrive bene) che sono i veri responsabili dell'infelicità sulla terra.
    Ciao Rosa

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  3. A questo punto mi chiedo cosa potrà mai accadere qui in Italia, che per noi la tecnologia è un qualcosa di assolutamente astruso e incomprensibile.

    E.

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  4. Ciao MARCo, certo è, che l'apocalisse prossima ventura, sembra essere già cominciata...e la risposta, sta proprio nella solidarietà e nella costruzione di alternative comportamentali...partendo dalle comunità e da gruppi omogenei.
    Temo che la civiltà dei consumi sia giunta in un modo o nell'altro al suo capolinea.
    Quello che verrà dopo l'apocalisse, dipenderà molto dalla qualità del seme odierno...credo :-/

    Ti abbraccio ^_^
    Namastè

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  5. Ciao Gianni, mah, se siamo qui qualche cosa deve essere pur passata, ed è su questo poco che dobbiamo basarci.
    In realtà è sin troppo vero quello che dici, ed è solo su di un risveglio un poco troppo tardivo che potremmo confidare.
    L'essere qui a parlarne fa di noi e dei nostri comportamenti, un embrione, un seme, coltiviamolo questo seme e facciamolo crescere cercando di contagiare il mondo e forse ancora una volta dal fango nascerà un fiore...il che non mi stupirebbe affatto :-))

    Un forte abbraccio ^_^
    Namastè

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  6. Già, me lo chiedo anche io Emanuele!
    Ma per fortuna l'umanità non è solo la nostra classe politica e scientifica e la tecnologia non è l'unica risposta...

    Un abbraccio
    Namastè

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  7. anche io riflettevo...sentendo usare la parola apocalisse ogni giorno...mi sono domandata a quale rivelazione ci porta...sicuramente ora non si possono ignorare le menzogne e le truffe...ma aspetto...ancora qualcosa potrà rivelarsi e spero sia anche buono..
    un abbraccio

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  8. Cara Lo, sono convinta, come te, che questo sia un passaggio triste, doloroso e necessario, ma credo anche che, come spesso accade, in ogni prova sia anche contenuta un'opportunità.
    E' difficile sperare, in questo momento mentre scrivo, i cruise colpiscono Tripoli...ma io spero...e prego...

    Un abbraccio forte ^_^
    Namastè

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  9. "L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio." - Italo Calvino( Le città invisibli)

    bisogna ricordarsene

    ciao francesco

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  10. Ciao Francesco e benvenuto :-)
    Grazie per la citazione, che trovo molto bella e calzante...l'inferno è decisamente quello che noi "accettiamo " sia.
    Concordo pienamente sulla necessità di ricordarsene...sempre!

    Un abbraccio e a presto!
    Namastè

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