martedì 8 marzo 2011

8 marzo, una storia tutta al femminile

tratto da: dazebao 
di Valeria Nevadini

Il classico ramoscello di mimosa, un'uscita con le amiche, gli immancabili cioccolatini.
Foto di Aldo Feroce
Come ogni tradizione che si rispetti, anche quest'anno la giornata dedicata alle donne vedrà calare lo spietato velo del marketing su quello che dovrebbe essere, prima di tutto, un momento di riflessione. A giudicare dai dati diffusi dall'Istat c'è ben poco da festeggiare: le donne continuano a essere discriminate sul lavoro (quando lo trovano) e a percepire, a parità di mansione, uno stipendio mediamente inferiore a quello dei colleghi uomini. Completano il triste quadro i sette milioni di donne, tra i 15 e i 70 anni, che hanno subito violenza sessuale o fisica nel corso della loro vita. Chi sperava nel terzo millennio come un punto di svolta nella condizione femminile, si è dovuto presto ricredere, almeno in questa prima decade. E, a dirla tutta, non serve la statistica per rendersi conto della situazione in cui vivono le donne di oggi.

Non più ancorate a un passato remoto, ma nemmeno pronte a spiccare il volo verso la piena autonomia. A trattenerle a terra sterili proclami di un femminismo demodé, a tratti patetico nel tentativo di applicare al linguaggio odierno slogan intrisi di muffa storica. Quando poi una donna riesce nel suo diritto di autodeterminazione, ecco comparire psicologismi improvvisati, quasi a delineare l'eccezionalità dell'evento.
La condizione femminile trova eco nelle parole del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon che, nel suo messaggio in occasione dell'8 marzo, ha dichiarato: "Sebbene il divario tra i sessi in materia di scolarizzazione si stia riducendo, in alcuni paesi persistono notevoli differenze: a troppe bambine viene ancora negato l'accesso all'istruzione, oppure le si costringe a lasciare la scuola precocemente, con scarse competenze e opportunità. Donne e bambine continuano a subire discriminazioni e violenze inaccettabili, spesso per mano di partner e familiari".

Forse non è esagerato affermare che la vera parità tra uomini e donne si avrà quando non si avvertirà più il bisogno di una festa ad hoc, di un trattamento differenziato, di quote rosa, imprenditoria femminile e quant'altro. Si badi bene: non si vuole rinnegare l'importanza di preservare la memoria storica di quanto successo e degli ostacoli patiti dal genere femminile. L'augurio è che si continui a ricordare, sempre, senza l'ipocrisia di una giornata solo in apparenza dedicata alle donne, ma destinata ad andare in soffitta allo scadere della mezzanotte.

Tutto iniziò il 3 maggio 1908 a Chicago
E' al Garrick Theater che per la prima volta una donna, la socialista Corinne Brown, presiede la consueta conferenza domenicale del partito socialista. Da lì la scelta di chiamare quella conferenza, a cui tutte le donne erano invitate, ''Woman's Day'': il giorno della donna. All'ordine del giorno lo sfruttamento dei datori di lavoro ai danni delle operaie, in termini di basso salario e di orario di lavoro, le discriminazioni sessuali e il diritto di voto. Alla fine dell'anno il Partito socialista americano raccomanda a tutte le sezioni locali ''di riservare l'ultima domenica di febbraio 1909 per l'organizzazione di una manifestazione in favore del diritto di voto femminile''. La prima e ufficiale giornata della donna viene quindi celebrata, negli Stati Uniti, il 28 febbraio 1909. L'anno dopo, alla Seconda conferenza internazionale dei partiti socialisti di Copenhagen, le socialiste americane decidono di proporre in Europa il festeggiamento di questa data riscuotendo grande successo. Le celebrazioni, nel 1911, slittano fino al 19 marzo per ricordare la promessa, fatta dal re di Prussia durante la rivoluzione del 1848, riguardo il voto alle donne. L'8 marzo del 1917, a Pietroburgo, numerose operaie e diversi gruppi di donne e mogli decidono di celebrare la Giornata della donna manifestando per ottenere del pane per i propri figli e il ritorno degli uomini dalla guerra. Nel 1921 le donne comuniste, riunite a Mosca per la seconda conferenza, scelgono l'8 marzo come giornata internazionale dell'operaia, in ricordo di quelle donne che quattro anni prima avevano sfilato contro la tirannia degli zar. In Italia una giornata dedicata alla donna si festeggerà solo a partire dal 1922, su iniziativa del Partito Comunista. Finita la guerra l'8 marzo viene festeggiato in ogni città italiana, mentre il classico fiore giallo, simbolo della giornata, si deve a un'idea di Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei. 

10 commenti:

  1. Letizia quest'anno ha chiesto a tutti di non fare auguri di qualsiasi tipo.
    E' stufa del genere, non sopporta più l'idea che una donna sia un animale da proteggere.
    Vuole solo essere una persona.
    Buongiorno a te.
    Namastè

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  2. Quando ero piccolo (anni '70) e sentivo parlare di femminismo io, anche se maschio, ero pienamente d'accordo soprattutto perchè le donne dicevano che con loro non ci sarebbe più stata la guerra ... invece, dopo tutti questi anni, ho potuto constatare che era iniziata solo un'altra guerra tra maschi e femmine (sacrosanta per le donne) e che alla fine le donne che si impongono nella società adottano lo stesso schema prevaricatore e piramidale del maschio ... o si formano società orizzontali e circolari o continueremo a fare solo feste commerciali per ogni occasione. Alla fine si ritorna sempre a chiederci se sia meglio avere od essere, ma è solo una domanda illusoria dato che l'avidità e la vanità sono i sentimenti che conducono la maggior parte di noi.

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  3. Sono d'accordo con te, il bisogno di una data per voi fa capire che ancora siamo lontani alla vera parità. Non a caso, non esiste la giornata dell'uomo.

    Io davvero non ne posso più di vedere mimose virtuali su Facebook, donne che si sentono superiori sulle cazzate, invece che pensare alle cose serie. Poi non parliamo di persone che oggi esaltano la donna e da domani ricominceranno ad associarla col mestiere più antico del mondo: ipocriti.

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  4. Caro Paolo, come non essere d'accordo con Letizia, anche la festa della donna finisce con l'essere una scusa per vendere di più e meglio...il senso quando nacque, era un altro e la questione femminile non è per nulla risolta, nemmeno nei nostri paesi cosiddetti civili.
    La donna è un universo complesso ed è davvero l'altra metà del cielo.
    Anche io, non gradisco auguri e fiori recisi, mai, figuriamoci oggi :-/

    Felice giorno a te e a Letizia.
    Namastè

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  5. @ Anonimo.
    Sono abbastanza d'accordo con te, anche se la realtà di una cultura maschilista che infetta anche le donne, non può e non deve giustificare un'arretratezza anche sul piano dei diritti.
    E' vero spesso uguaglianza e parità sono state fraintese, sicuramente si pretende che le donne di successo siano una sorta di maschio travestito. Questo però nulla toglie al Principio Femminile, cui fai riferiferimento, che non si è mai affermato, perchè non è mai esistita una cultura che lo sorreggesse. Ancora oggi è ritenuto eretico e combattuto, più o meno palesemente.
    Quindi largo alle donne...consce ed orgogliose della propria diversità...per assurdo non è d'uguglianza che abbiamo bisogno ma di voce, di diritti e di rispetto, di parità d'occasioni!

    Buona giornata :-)
    Namastè

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  6. Vero Paòlo, da molto fastidio anche me la profusione assolutamente inutile di Mimose, e mi piace tu abbia fatto riferimento alla parità piuttosto che all'uguaglianza, che non ha alcun senso.
    In questo momento, più che mai, le donne stanno perdendo terreno...e vengono ricacciate nell'angolo oscuro dell'essere solo il loro corpo.
    Sebbene si sia ormai nel terzo millennio...ancora e sempre...o madri, o mogli, o puttane...

    Un abbraccio e buona giornata :-)
    Namastè

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  7. è singolare Rosa che a parte i tuoi commenti gli altri a questo tuo post siano stati scritti da maschi, almeno finora, sarà forse un velo di senso di colpa che sfiora gli uomini, almeno alcuni...ecco, forse è un senso di colpa che non fa male e mi piacerebbe che fosse contagioso per tutti gli uomini. Un abbraccio

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  8. Ciao Antonio, preferisco pensare ad una maturazione e che ci sia sensibilità e partecipazione vera in questi commenti e non solo un senso di colpa, ma se anche fosse, hai ragione non fa male :-D

    In senso più ampio, meglio sarebbe crescere insieme che separati, perchè anche le donne avrebbero bisogno di guardarsi dentro per decidere di rifiutare il ruolo che viene loro riservato...

    Ricambio l'abbraccio ^_^
    Namastè

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  9. C'è una cosa che non capisco Rosa: senza mamme e papà non ci sarebbe molto da discutere per cui non penso che la donna possa rinunciare al suo ruolo di madre come l'uomo a quello di padre ... perchè hai incluso anche il ruolo di madre fra quelli "negativi"? Per il resto concordo pienamente con i commenti all'articolo.
    Buon lavoro.

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  10. @ Anonimo:
    Si tratta di stereotipi e non necessariamente negativi.
    Sono i ruoli fissi che una donna copre nella società e sono quelli che prima o dopo ognuna di noi si trova ad interpretare. Mi spiace se la frase ha dato luogo ad equivoci. Il significato che si voleva dare era quello che una donna, nel nostro ordinamento sociale sia via via costretta in uno di questi ruoli.
    Il medesimo uomo, maschio che adora sua madre...può la sera cercare amore a pagamento...senza riflettere sull'innegabile realtà che sempre di donna si tratti.
    Sono moglie e madre e sono orgogliosa di essere entrambe le cose, ma sono anche una donna, un'anima ed una mente creativa e posso essere tutte queste cose insieme ed anche altro...lungi da me il giudicare...

    Grazie per il tuo intervento e buona serata :-)
    Namastè.

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