mercoledì 25 agosto 2010

Radere al suolo per ricostruire incubi?



di Marco Zanette

La provocazione del sindaco di Roma Alemanno ("Il quartiere ghetto di Tor Bella Monaca andrebbe raso al suolo") ha, senza dubbio, un suo demagogico fascino (il sindaco in questione è uno specialista di simili esternazioni, come quando minacciò di andare personalmente a distruggere, qualche mese fa, i minacciati caselli sul Grande Raccordo Anulare).

Il problema in sé non è la distruzione di un quartiere ghetto – anche se sarebbe opportuno conoscere preventivamente il parere e la percezione che hanno di sé e di quel luogo le persone che lo abitano – ma l'idea che si ha di un ideale "luogo per vivere".

Diciamolo subito: se il modello ideale di città che questa classe dirigente ha in testa sono le 19 new town realizzate dopo il terremoto nei deserti attorno a L'Aquila, è molto meglio tenersi i ghetti esistenti.
Almeno essi hanno un'anima, una vita propria, un tessuto di relazioni umane, per quanto degradate, che le "new town" negano sin dal loro principio, rappresentando progetto asettico di separazione, di anonimato, di isolamento tra le persone e gli spazi che consento davvero di "creare" una polis: si tratta di piccoli insediamenti senza cuore, che consumano suolo senza creare radici durature con lo stesso.

Una uguale, disperante progettualità negativa la possiamo ritrovare nella crescita disordinata delle periferie urbane italiane, sempre più dilatate nello spazio (e sempre più avide di suolo da consumare), caratterizzate da quel fenomeno che viene sintetizzato con la parola "sprawling": un un fiorire di villette, casette, su spazi sempre più ampi (rubati ad altri usi ed utilizzi) e con bassa densità residenziale.
Nel nome di una migliore qualità della vita (basata su la propria tranquillità, il "proprio" giardino, i propri spazi), questa tendenza porta ad un modo di vivere sempre più isolato dagli altri, sempre più dipendente dall'automobile, sempre più lontano da un "centro" (la piazza, l'agorà, il punto di incontro) che viene ormai sostituito, nelle sue funzioni di scambio sociale, dagli ampi spazi climatizzati e dai negozi dei centri commerciali.

Non solo la televisione, dunque, ma anche la politica urbanistica, operano per la diffusione di un modello sociale profondamente antisolidale ed antiecologico, basato sulla solitudine e sull'isolamento delle persone.
Politiche urbanistiche, peraltro, che spesso sono semplicemente assenti e sostituite da convergenze di interessi economici e politici uniti puramente da una logica del saccheggio (degli spazi e del denaro pubblico),

Ben vengano, dunque, le provocazioni di Alemanno, se queste servono a far risvegliare dal torpore una sinistra spesso sbadata ed adagiata su modelli di vita che non si riesce a distinguere da quelli del "pensiero dominante".

Perché immaginare un paese diverso significa anche iniziare ad immaginare, di nuovo, come vorremmo che fossero i nostri spazi, le nostre città, le nostre periferie ideali, i luoghi in cui la gente dovrebbe vivere meglio: riprendendo quell'immenso sforzo di immaginazione e di progettazione – con l'attenzione alle persone, prima che agli interessi economici – che caratterizzarono, ad esempio, le amministrazioni locali di sinistra negli anni Settanta.

trtto da : www.nuovasocieta.it

3 commenti:

  1. Alemanno... Che personaggio Rosa cara... Promette una cosa e ne fa un'altra, dice "sfonnoni" come dicono a Roma, ogni due e tre... Insomma, un bel personaggio moderno...

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  2. Bentornato rospo, che piacere rileggerti!

    Alemanno? Essì, proprio un gran bel personaggio...come la Carlucci, Barbareschi e compagnia bella, del resto, no?

    Namastè

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  3. Riportata su facebook con il seguente commento:
    Apprezzo la provocazione contenuta in questo articolo, la trovo intelligente. Indignarsi, di fronte alle cazzate, si fa in frettissima , on line poi è addrittura ridicolmente facile ed inutile...lasciatemelo dire. Tor Bella Monaca non è così da un anno e nemmeno da due ed avrebbe bisogno non di indignazione o di sparate , ma di una prospettiva...dell'immaginazione di una Città Futura. Di una proposta complessiva, di una visione che superi la contingenza e diventi progetto. Avrebbe bisogno della POLITICA DEL TERRITORIO, quella vera , quella che ci crede e che parte dal basso e non di fanfaroni, parolai...e poco importa il partito di appartenenza se i comportamenti sono uguali(giandiego)

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