venerdì 20 agosto 2010

Ricostruzione dell'aquila, la verità patinata e quella dei cittadini


Lucia Venturi

GROSSETO. La seconda estate dopo il terremoto che ha distrutto L'Aquila e molti altri paesi abruzzesi è agli sgoccioli e per gran parte della popolazione che ne è stata colpita si preannuncia un nuovo duro inverno: senza casa, senza lavoro e con i soldi da restituire alle banche e allo stato, perché il periodo di sospensione dei mutui e delle tasse è ormai finito.

Ieri il comune dell'Aquila, con una conferenza organizzata dall'assessore Stefania Pezzopane, ha presentato il piano di intervento e ricostruzione sociale.

Tre le direttive principali, che la ristrutturazione degli immobili che prima del sisma svolgevano servizi sociali (casa albergo ex Onpi) la creazione di case per strutture polifunzionali e l'individuazione di edifici, prevalentemente pubblici, da destinare a fini aggregativi; e poi attività per anziani, giovani e diversamente abili. Il piano è stato illustrato alle associazioni che operano nel campo del volontariato e, in generale, degli aiuti alle persone in condizioni di disagio.

Il piano si propone di riorganizzare i servizi sociali, alla luce delle radicali modifiche che ci sono state dopo il terremoto «con l'aumento vertiginoso dei disoccupati, delle persone in cassa integrazione e dei precari in generale» ha detto l'assessore Pezzopane che ha aggiunto che è stato anche contemplato uno stanziamento integrativo del reddito. Per l'attuazione del piano, il comune dell'Aquila utilizzerà 9 dei 12 milioni di euro messi a disposizione dal Governo, attraverso il dipartimento della famiglia (mentre 3 sono già stati utilizzati per l'ex Onpi) cui si aggiungeranno 10 milioni di euro pervenuti alla regione dalle donazioni.

Ma l'assemblea cittadina del presidio permanente di piazza Duomo ha contestato «la spartizione di 35 milioni di euro distribuiti a pioggia, dall'assessore comunale Stefania Pezzopane, senza un piano per le politiche sociali condiviso con la popolazione». In una nota, l'Assemblea denuncia solo finanziamenti di nuove strutture ai soliti noti» mentre «i cittadini vorrebbero sentir parlare di ripristino dell'esistente e di minor consumo possibile di territorio, oltre che di maggior attenzione alle loro necessità».

Nella nota dell'associazione si elencano poi quelle che vengono considerate le cose effettivamente utili da fare e da finanziare: opere e azioni concrete di prevenzione sismica, aree attrezzate per l'emergenza, dato che il fatto che il territorio rimane una zona altamente sismica come le scosse seppur lievi di ieri confermano; spazi fisici per laboratori di partecipazione; interventi per la formazione ed il rilancio culturale; strutture mobili ed iniziative a tutela della salute in una città «in cui il consumo di psicofarmaci aumenta ogni giorno».

Un dato comprensibile dato il fatto che dei circa 67.000 sfollati -solo a L'Aquila- nella fase di prima emergenza ad aprile 2009, oggi solo 22.995 vivono nelle case costruite dopo il terremoto e nei prefabbricati. Gli altri 29.179 vivono in case in affitto, 3.127 ancora negli alberghi sulla costa e 569 sono ospitati in due caserme. E da giugno non ci sono più i fondi, tanto che gli albergatori sulla costa avevano minacciato di sfrattare gli ospiti sfollati da l'Aquila.

La ricostruzione, dopo i primi interventi per tamponare l'emergenza, è ferma, le macerie ancora sulle strade, le aree individuate dove portarle dopo la rimozione non ancora pronte, e soprattutto non ci sono risorse.

E proprio oggi i familiari delle vittime del sisma del 6 aprile 2009 chiedono 22,5 milioni di euro di risarcimento allo Stato. I legali che seguono circa 30 famiglie hanno, infatti, presentato al Tribunale civile dell'Aquila un atto di citazione di responsabilità civile pari a tale somma nei confronti della Presidenza del consiglio dei ministri, cui fa capo la Protezione civile. L'azione legale fa riferimento alle dichiarazioni rassicuranti rese da alcuni componenti della Commissione grandi rischi sullo sciame sismico che ha interessato la città abruzzese prima della forte scossa del 6 aprile. Secondo le accuse, in occasione della riunione della commissione il 31 marzo 2009 sarebbero state fornite informazioni, incomplete, imprecise e contraddittorie su natura, cause, pericolosità dello sciame sismico. E anche per questo ci sarebbero state tante vittime sotto le macerie di quella notte.

fonte: www.greenreport.it

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