venerdì 7 gennaio 2011

Pakistan-India, il braccio di ferro delle cipolle

 
Per il secondo giorno consecutivo trecento camion carichi di cipolle pachistane destinate all'India sono rimasti fermi alla frontiera.
 
Persino un semplice ortaggio, la cipolla, è diventato motivo di tensione tra Pakistan e India. Per il secondo giorno consecutivo, trecento camion carichi di cipolle pachistane destinate all'India sono rimasti fermi alla frontiera nonostante le proteste del governo di New Delhi sempre più preoccupato per l'inflazione che a dicembre è schizzata oltre il 18 per cento per i prodotti alimentari.

Il braccio di ferro sulle cipolle, base della cucina locale, ha inoltre scatenato oggi la vendetta di alcuni grossisti indiani che hanno bloccato alla dogana settanta camion di pomodori, ginger e altri prodotti ortofrutticoli da esportare in Pakistan. "Abbiamo deciso di bloccare gli ortaggi perchè il Pakistan ha vietato le esportazioni" ha spiegato all'agenzia Pti Anil Mehra, uno dei 40 commercianti di Amritsar, città a ridosso del valico di Attari-Wagah (l'unico passaggio stradale tra i due paesi) che hanno deciso la ritorsione.


Il governo indiano oggi ha lanciato un'offensiva diplomatica contro Islamabad per convincerlo a revocare il divieto sulle esportazioni, che, va ricordato, riguarda solo il commercio via terra. "Abbiamo avviato dei colloqui e siamo fiduciosi di arrivare presto a una soluzione" ha detto il ministro degli Esteri S.M. Krishna ai giornalisti. Il ministro ha chiesto a Islamabad di autorizzare la consegna delle derrate ferme alla frontiera con ferrovia o con nave.

Anche i commercianti pachistani hanno contestato la restrizione del proprio governo che crea enormi danni economici, compreso il deperimento delle circa 3 mila tonnellate di bulbi bloccate dai doganieri. Intanto il caro cipolle continua a pesare sulle classi più povere sia in India che in Pakistan.

 http://it.peacereporter.net/articolo/26207/Pakistan-India%2C+il+braccio+di+ferro+delle+cipolle

3 commenti:

  1. Ho paura che sia solo l'inizio, caro Adriano oggi tutti siamo poveri e non cadiamo nel tranello che il pakistan è lontano, è tutto parte del malefico piano chiamato "nuovo ordine mondiale" affamare le popolazioni per creare ribellioni popolari e instaurare una dittaura globale, parole dure e difficili da digerire ma mi sembra sia giunto il momento di tirare fuori la testa dalla sabbia.

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