domenica 9 gennaio 2011

UN'ALTRA STORIA DI VELENI

Vivere, soffrire e morire in silenzio. Sulle pendici della valle del fiume Oliva, vicino alle spiagge della dorata Amantea, nel cuore di quella Calabria che si spinge fiera tra Ionio e Tirreno, c’è ancora qualcuno che paga con la vita il prezzo dei veleni seminati da altri. Il solito prezzo del profitto irriverente che, per gonfiare le tasche di affaristi senza scrupoli, riempie la propria terra di veleni e svuota la vita di chi sulla quella terra ci vive. Sbaglia chi crede che questa tragedia tocchi solo la Campania della Camorra e riguardi solo quanto denunciato con coraggio da Roberto Saviano. Il problema dello smaltimento illecito dei rifiuti riguarda tutto il Meridione, l’Italia vittima di criminali senz’anima capaci di vendere per un pugno di dollari la propria terra, la propria gente e la propria vita.
Un problema, quello delle ecomafie, finito recentemente sotto i riflettori grazie a Saviano ma che esiste da molto tempo, un giro d’affari nel quale la criminalità ha giocato d’anticipo. I rifiuti e il loro smaltimento hanno costituito, e lo sono tuttora, uno dei business più redditizi e sporchi degli ultimi anni, nel quale la criminalità organizzata ha già affondato avida le mani. Ma se alcune realtà gridano, come Napoli, altre tacciono per paura o accettazione, come la Calabria. Il silenzio, imposto o scelto, agevola il degenerare di queste attività criminali, coprendone l’azione e tacendone le conseguenze.

Ecco che nei comuni del distretto sanitario di Amantea (Serra d’Aiello, Amantea, Cleto e Malito) la percentuale di mortalità è vistosamente più elevata che nel resto della regione. Parallelamente, i carotaggi fatti dall’Arpacal (l’Agenzia ambientale regionale) hanno rilevato nel suolo alte percentuali di sostanze tossiche, come metalli pesanti e radionuclidi artificiali, sostanze capaci di causare cancri e tumori. Nessun errore viste le numerose analisi dell’agenzia regionale: qualcuno ha scaricato nel ventre della terra calabrese idrocarburi, arsenico, cromo, cobalto, antimonio e nikel. Materiali che non possono avere altre origini da quelle industriali. Il risultato sono i tumori maligni e le malattie cardiovascolari che da anni mietono vittime tra gli abitanti della zona, vite, talvolta giovanissime, strappate senza pietà. Lontano chissà dove, qualcuno si riempie la pancia, il portafogli pieno, il sorriso beffardo, il cuore di pietra.
Una storia che si ripete regolarmente in Italia, la storia del profitto a tutti i costi, dello stupro del territorio, del calpestare la vita del prossimo. Criminali che, contro tutte le leggi della fisica e della scienza, coprono rifiuti pericolosissimi con un lembo di terra, in un campo, in una grotta, in fondo al mare. Un simile gesto non può essere solo dovuto all’ignoranza delle conseguenze. Ancora una volta imputato è il senso civico, l’umanità, l’amore per la propria terra e il proprio popolo, in una parola il rispetto per quella Madre Italia che ha dato i natali a noi e ai nostri fratelli, che come noi nascono, vivono ed amano.
La politica deve essere protagonista nel contribuire a quel cambio di mentalità che antepone il profitto a tutto il resto, anche sradicando quelle sacche di delinquenza che questo non lo accetteranno mai. Purtroppo la connivenza tra politico e criminale non rende le cose facili nel Meridione, miracolo vivente della Natura che noi, uomini, rischiamo di rovinare.
Della regione di Amantea dovrà adesso occuparsi il Ministero dell’Ambiente. L’invito al suo Ministro è di andare avanti senza guardare in faccia nessuno, senza avere paura di amicizie o interessi particolari, perché quello che conta è la gente e la sua terra. Il Sud ha bisogno di un nuovo corso, dell’amore perduto per le sue vallate e le sue coste, per i suoi monti e i suoi fiumi. Non c’è più spazio per affaristi e mafiosetti. Il Sud è nostro, lo dobbiamo pretendere.

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