sabato 8 gennaio 2011

Privati di qualità

Federico Del Giudice (Rete della conoscenza)
 
SCUOLA. Il rapporto Ocse-Pisa boccia gli studenti italiani, ma solo quelli delle paritarie. Sono i diplomifici ad abbassare la media. 
 
Due rapporti, uno uscito a settembre e l’altro a dicembre, delineano lo stato dell’istruzione in Italia rispetto ad altri trenta paesi. I dati pubblicati dall’Ocse a inizio anno scolastico ci avevano disegnato una scuola con investimenti bassissimi, che collocavano il nostro paese in penultima posizione seguito solo dalla Slovacchia a causa del magro 4,5% di investimenti rispetto al Prodotto Interno Lordo. La percentuale di spesa per l’istruzione sul totale della spesa pubblica è di 9 punti percentuali contro il 13,3 della media Ocse consegnandoci classi stracolme di studenti (22 studenti per classe contro una media Ocse di 18).
I nostri insegnanti, oltre a dover subire il licenziamento più grande della storia repubblicana, hanno stipendi inferiori di 11 mila dollari all’anno rispetto ai colleghi degli altri paesi presi in considerazione. Fin qua era tutto prevedibile. La sorpresa è arrivata con il secondo studio, quello uscito qualche settimana fa sulla qualità dell’istruzione.
Se guardiamo i dati pubblicati dallo studio Ocse-Pisa vediamo come gli studenti italiani abbiano capacità inferiori alla media degli studenti degli altri paesi in letteratura, matematica e scienze. Andando però nello specifico ci accorgiamo che, secondo i dati Ocse-Pisa, se non fosse per i risultati degli studenti delle private, il punteggio medio conseguito dai quindicenni italiani in “lettura e comprensione dei testi” si classificherebbe di sette posti più in alto.

Anche in “matematiche e scienze” il ranking nella preparazione degli studenti italiani scende di cinque posizioni. Oltre ai tagli alle scuole pubbliche il governo continua a promuovere gli stanziamenti per le scuole private, che negli ultimi dieci anni sono aumentate di numero, svolgendo spesso il ruolo di diplomifici funzionali a fare due o più anni in uno. Questo è l’ennesimo colpo alla qualità di un’istruzione che vedeva nella scuola pubblica il luogo giudicante gli studenti ma anche giudicabile dalla società nel suo ruolo pedagogico, ruolo scalfito dall’aziendalizzazione crescente.

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